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JOINT VENTURE

Caratteri generali

In generale è un accordo di collaborazione tra imprese. Comprende varie forme di

cooperazione tra imprese, che possono mirare a risultati diversi.

Risponde all’esigenza delle imprese di cooperare tra loro, spesso anche tra imprese potenzialmente

concorrenti. Consente di realizzare benefici finanziari a industriali: realizzazione di economie di

scala o di scopo, la messa in comune di know how. È quindi una alleanza tra imprese per il

perseguimento di uno specifico affare o di un interesse comune in un dato periodo di tempo,

condividendo costi e rischi connessi.

È necessario tener conto delle imposizioni del legislatore nazionale di riferimento, sia per quel che

riguarda le imposizioni di forma e struttura dell’ente, sia per le norme di applicazione necessaria del

diritto nazionale di riferimento. Alcuni stati impongono la forma della joint venture con imprese

locali alle imprese straniere che desiderino operare sul proprio territorio.

In Italia si configura come un contratto atipico, non essendo dettata una disciplina specifica.

Si possono distinguere due tipi di joint venture:

- Unincorporated joint venture (contractual joint venture): il rapporto tra le imprese rimane

solo sul piano contrattuale. Frequente soprattutto nelle forme di collaborazione che non

devono durare a lungo nel tempo, ma si riferiscono a un’opera specifica o alla fornitura di

un servizio temporaneo. È una associazione temporanea di imprese fondata su un contratto

con comunione di scopo. Le imprese mettono in comune le proprie conoscenze tecniche e

capacità operativa e suddividendosi i compiti.

Il contenuto caratteristico di questo contratto prevede l’indicazione della finalità della joint

venture, l’organizzazione delle attività di ciascuna impresa, la ripartizione delle eventuali

responsabilità, la costituzione di un fondo comune per lo svolgimento del progetto, la

partecipazione ai risultati, e generalmente una clausola arbitrale.

Nel caso di joint venture transnazionale si applicano le norme dettate dalla convenzione di

Roma del 1980 e dal regolamento Roma I in materia di scelta del diritto applicabile. In

mancanza della scelta si farà riferimento al diritto dell’ordinamento con cui il contratto ha la

connessione più stretta.

- Incorporated joint venture (joint venture corporation): porta alla creazione di una nuova

entità giuridica, con oggetto sociale delimitato e spesso a tempo determinato. Di norma

viene costituita in un paese terzo, il che impone di tenere presente la legge del luogo in cui si

situerà la società non solo dal punto di vista del diritto societario ma anche di quello degli

investimenti esteri.

Spesso la cooperazione rimane solo a livello contrattuale, ma non è infrequente che questa

cooperazione sia affiancata da una dimensione societaria creata per affrontare le esigenze

specifiche.

Spesso le imprese madri rinunciano definitivamente ad una parte della loro attività per affidarla

all’impresa comune così creata. Le imprese madri si coordineranno circa la gestione dell’impresa

comune figlia e alle direttive da impartirle; questo può avvenire tramite accordi sia orizzontali (tra

le imprese madri e l’impresa comune figlia), che possono avere

le imprese madri) sia verticali (fra

ad oggetto i vari aspetti da disciplinare: finanziamento dell’impresa comune, delimitazione del

campo di attività per evitare sovrapposizioni con l’attività delle imprese madri, determinazione

delle future attività, scambio delle informazioni sensibili.

È quindi frequente che al contratto principale se ne affianchino altri, interdipendenti a questo e si

pongono come contratti accessori del contratto principale. Sembra logico che la scelta di lingua,

legge e foro per il contratto principale si estenda anche ai contratti secondari.

Altra possibile distinzione, pratica, è tra:

volta alla realizzazione di un’opera determinata

- Joint venture strumentale:

- Joint venture operativa: persegue uno scopo non limitato nel tempo.

Il rapporto tra i soci

Fondamentale all’interno della joint venture è la fiducia reciproca, in particolare perché le parti si

impegnano verso un obiettivo comune, mettendo a disposizione reciproca risorse e competenze, che

concorrenzialità se l’accordo non andasse a buon fine.

potrebbero anche diminuire la loro

All’interno della joint venture con struttura societaria si ha una gesione comune, la

deteriminazione dell’utilizzo dei risultati ottenuti dalla cooperazione, la ripartizione delle

responsabilità verso i terzi.

È costituita generalmente da un ristretto numero di soci, spesso solo due, e posti su un piano

paritetico. Questo pone la necessità di regolare contrattualmente i vari aspetti della collaborazione.

La joint venture deve rispettare i limiti e le norme di applicazione necessaria posti

dall’ordinamento.

Molti ordinamenti pongono un limite temporale (italia: 5 anni, 2341bis cc). Che può però essere

superato per i patti strumentali ad accordi di cooperazione nella produzione o scambio di beni o

per le società interamente possedute dai partecipanti all’accordo (2341bis 3°comma)

servizi Per risolvere i problemi gestionali e di organizzazione di una joint venture con

partecipazione paritetica si pongono diverse possibili soluzioni:

- La co-gestione può adottare le forme

Delibere del consiglio di amministrazione adottate all’unanimità

o Ad una parte spetti la nomina dell’Amministratore delegato mentre all’altra il

o Presidente del Consiglio di Amministrazione, anche con possibile alternanza nel

tempo circa le nomine

o Consiglio di amministrazione con un numero di membri uguale nominato dalle parti

e un presidente nominato tra estranei alle parti

In situazione paritetica la regola dell’unanimità può portare allo stallo dell’impresa e

- all’impossibilità di prendere decisioni. Si adottano quindi dei meccanismi: deadlock

breaking devices.

o Cooling off period: le parti si prendono un periodo di tempo per meditare e per

riconsiderare il problema oggetto del dissenso

o Innalzamento del livello decisionale: la questione viene portata davanti al top

management per cercare una soluzione al massimo livello decisionale

o Casting vote: si da prevalenza al voto di una delle due parti, spesso con alternanza.

o Intervento di un terzo: ci si può rivolgere ad un terzo che risolva la questione e adotti

la decisione. Il terzo può essere interno, da parte dell’assemblea o del CDA, o

esterno, e quindi con funzioni di arbitratore.

Nell’ipotesi in cui le partecipazioni non fossero paritetiche o i

- joint venturers siano più di

due, si pone la necessità di tutelare la parte in minoranza. Si può quindi deviare dalle

normali regole di diritto societario che prevedono le decisioni a maggioranza, stabilendo le

decisioni all’unanimità o il potere di veto in capo al socio di minoranza. A questa tutela

possono concorrere i patti parasociali, che possono prevedere obblighi di preventiva

consultazione per l’esercizio del diritto di voto, pongono limiti al trasferimento delle quote,

prevedono l’acquisto o l’esercizio di un’influenza dominante su un’altra società. La validità

dei patti parasociali deve essere relazionata alla legge applicabile alla joint venture.

- I frutti della joint venture possono essere destinati esclusivamente alle parti o anche a terzi.

Sotto questo profilo la società figlia potrebbe avere degli obblighi di trasferimento alle

società madri o anche ad una sola di esse, con possibili obblighi corrispettivi delle società

madri di fornire alla joint venture materie prime o prodotti semilavorati.

- Limiti al trasferimento delle quote di partecipazione. La joint venture nasce dal rapporto

personale tra le parti, da ciò deriva l’impossibilità di cedere le proprie partecipazioni senza il

consenso dell’altro partner. Si inseriscono quindi clausole che mirano a stabilizzare gli

assetti proprietari:

di prelazione, dettagliate anche sotto l’aspetto procedurale

o Clausole

Clausole c.d. “inglesi”, che paiono una variante della prelazione. Sono le

o meet or

release clause, con la ulteriore variante della Savoy clause: se la parte A desidera

vendere la propria partecipazione deve prima di tutto offrirla al proprio partner B;

questi è libero di accettare l’offerta acquistando la partecipazione, o rifiutare, ma in

caso di rifiuto è obbligato a vendere la propria partecipazione ad A allo stesso

prezzo.

o Si possono introdurre delle clausole di gradimento, moderate in quanto se troppo

stringenti potrebbero portare di fatto alla inalienabilità della partecipazione violando

delle norme imperative.

o Tag along right: per vendere la propria partecipazione si è obbligati a vendere, alle

stesse condizioni, anche la partecipazione dell’altro.

- La cessazione della joint venture di comune accordo non pone particolari problemi. Quando

invece a voler terminare la joint venture sia una sola delle parti si pone la necessità di

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
5 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher g.albrile di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Calliano Oreste.