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Olivetti commissionerà il proprio negozio a Scarpa. Il negozio è
collocato a d’angolo. La sua scelta sarà quella di sfondare le
pareti ed aprirle con una verina con lo scopo di mostrare gli
oggetti sistemati su espositori di una leggerezza straordinaria che
poggiano su esili gambe che sembrano quasi ondeggiare. Grandi
vetrine per poter godere della meravigliosa vista su Piazza San
l’architettura moderna per dialogare con la città. La
Marco. Usare
stessa cosa per quanto riguarda l’ingresso. Un’inferriata che
sembra portare luce ed aria all’interno dell’edificio. Non un
perimetro che chiude e separa ma come un perimetro come soglia
e quindi passaggio fra interno ed esterno. La luce è una delle
chiavi principali, che cambia nel corso della giornata e nelle varie
stagioni. La vasca che mette insieme la metafora veneziana, e sembra fluttuare. Scarpa decide di sistemare la
d’Istria. Su questa pietra non finita emerge la scritta, un valore molto caro a
scritta su una lastra di pietra
Scarpa quello della scrittura, prima forma d’espressione.
Anche la pavimentazione è una sorta di mosaico. Un tappeto rosso
realizzato con questi tasselli. Giocando su questi tasselli in vetro
che vengono affogati in un letto di calce e si presentano con forme
irregolari e posati in modo irregolare in modo da restituire una
superficie in elevazione, che caratterizza Venezia. Lavoro intorno
al rivestimento.
Lo spazio del negozio è molto piccolo ed è caratterizzato da una
scala costituita da una serie di vassoi che sembrano galleggiare.
Pilastri rivestiti da lastre di pietra, e Scarpa ci sta mostrando che si tratta di un rivestimento, essendo non
rifinita su un lato mostrandoci il giunto, tema centrale riconosciuto anche da Kahn. Ci sta mostrando il gesto
del rivestimento, il giunto. Si sale poi giungendo a piccoli soppalchi appesi. L’uso dei legni, del vetro e sul
fondo le finestre con un’apertura a mandorla, non visibili dall’esterno. All’interno aggiunge una parete con
apertura a mandorla, una vera propria evocazione del Giappone.
Nel 1969 potrà fare il primo viaggio in Giappone, dove morirà. Un viaggio sulle tracce di Wright.
Gipsoteca di Possagno, Asolo, 1955-1957
Museo dei gessi del Canova. Si chiede un intervento di ristrutturazione degli interni e anche l’aggiunta di
una piccola parte. L’intervento è molto semplice e scarpa interviene ampliando con una sorta di cerniera, ala
separa ed unisce la preesistenza con il nuovo intervento. L’incontro e la
di separazione e congiunzione che
separazione. La luce è materiale prezioso, economico ed è lo strumento di cui Scarpa si avvale per dare
forma agli spazi; quindi qui il rivestimento non serve. Usare l’architettura come artificio per percepire lo
spazio che ci circonda. Soltanto attraverso la responsabilità della scelta riusciamo ad instaurare un dialogo.
Castelvecchio, Verona, 1956
E’ un vero e proprio progetto quello di Scarpa. La scelta è quella di mostrare il lavoro del tempo, portato dal
tempo e presentarci il castello come una sorta di città. Bisogna mostrare lo stratificarsi del tempo.
L’intervento di Scarpa è fatto di tagli, di scavi che mostrano le fondazioni, il punto in cui lui è intervenuto.
Una scelta che comincia dall’ingresso del museo che
prevedo un percorso lungo le mura, chiuso da un’alta
siepe. Tutto un susseguirsi di invenzioni. Un percorso per
mostrarci la facciata nella sua interezza e che ci permetta
di comprendere l’intervento. L’ingresso è spostato tutto
su di un lato per lasciare intatta la facciata. Questo
intervento è contemporaneo all’intervento dalla
fondazione Querini a Venezia. Scarpa fa fuoriuscire da un
arco questo corpo per collocarci all’interno le opere più
riveste poi con un sistema definito “quarto
preziose. Lo
eccentrico”.
(Sverre Fehn)
Scarpa spiega che una particolare statua ha come particolare la treccia. E quindi la colloca di spalle in modo
che sia direttamente visibile al visitatore che entra. Un altro particolare molto importante è il basamento che
costruisce per la statua di Cangrande. Ruotata sul piedistallo e visibile da una molteplicità di punti.
Querini Stampalia, Venezia, 1961-1963 l’ingresso. L’entrata avviene attraverso una finestra. Esattamente
Sotto la targa che ci accoglie alla Querini,
lo stesso gesto che compie a Castelvecchio per estremo rispetto verso la facciata che viene mostrata nella
sua interezza. Pavimentazione a “quarto eccentrico” ed un percorso che conduce ad il grande salone che ci
conduce al giardino.
Cimitero Brion 1970 - 1978
variazioni, arrivando all’esasperazione.
Scarpa propone più di 160 Carlo Scarpa e la tomba monumentale
Brion a San Vito di Altivole
Il complesso funebre monumentale 'Brion', a San Vito di Altivole, fu commissionato all'architetto-designer
Carlo Scarpa da Onorina Brion Tomasin in memoria dell'amato
coniuge Giuseppe Brion, prematuramente scomparso. Il complesso
funebre è strutturato a forma di "L
ribaltata" ed è composto dai propilei, da
un arcosolio, da una cappella, da un
"padiglione della meditazione" posto su
uno specchio d'acqua e da un'edicola
che ospita le tombe dei parenti. I
propilei si presentano con una facciata
asimmetrica, chiusa a destra da un setto
fortemente modellato (simboleggia la