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Estratto del documento

AB

VA +VA : somma delle due aziende.

A B

N.B.: perché il valore attuale di AB dovrebbe presumibilmente valere di più delle due aziende separate? Perché si spera che

l’aggregazione generi delle sinergie o generi un miglioramento per il controllo. Ho un beneficio economico se ho un valore

aggiunto.

In questa logica il libro dice, ma quali sono i costi di un’acquisizione?

Giustamente non è banale dire che il costo è quanto pago, il vero costo di un’operazione è data dalla differenza di quanto pago

una cosa (l’azienda in questo caso), rispetto a quello che vale; cioè, se compro un’azienda pagandola 10milioni di € il mio vero

costo non è 10milioni di €, ma è 10milioni meno quello che vale.

Quindi il costo è uguale a:

A ha comprato B, il vero costo a comprare B è stato quanto ha pagato agli azionisti di B meno quello che trova come valore.

Allora se devo determinare il Valore Attuale Netto (VAN) di un’operazione, altro non è che la somma algebrica dei benefici e i

costi: 70

Qual è il valore di questa formula? È che mi aiuta a capire quali sono le leve del valore, cioè quali sono i modi in cui puoi

guadagnare facendo acquisizioni; i bravi investitori, che fanno acquisizioni in aziende, sanno benissimo questa formula, perché le

migliori acquisizioni sono quelle che generano maggiori sinergie, quanto più io le aziende insieme vanno molto meglio, rendo di

più delle aziende separate quanto più ho scelto l’acquisizione giusta. Ma cosa determina il VA ? E cosa determina il VA e il VA

AB A B

secondo il metodo analitico più conosciuto? I flussi di cassa! Come faccio ad aumentare il valore di un’azienda misurata coi flussi

di cassa? Quali leve principali ho? O aumento i flussi di cassa o diminuisco il rischio! Allora per fare un VA più alto del VA +VA ,

AB A B

posso agire sulle sinergie che mi creano più ricavi-costi, ma anche sulla diminuzione di rischio; se sono Luxottica e mi accorgo che

sono il leader mondiale negli occhiali da vista, ma sempre di più le lenti a contatto, e altri elementi diminuiscono l’utilizzo, oppure

gli occhiali da vista sono a marchio di terzi, come faccio a crescere? Devo entrare di più in settori meno rischiosi; gli occhiali da

sole non hai intenzione probabilmente di sostituirli con le lenti a contatto da sole, in più compero dei marchi che diventano miei

e quindi non dipendo dagli altri. Ma c’è un secondo modo di guadagnare valore, cioè non strapagare le aziende; pagare il valore il

più vicino possibile al valore autonomo.

Bisogna evitare di dire, “siamo all’asta io ho più soldi di te allora posso”, ma non si sta facendo una gara a chi possiede più

denaro, ma si sta facendo una logica di pagare il prezzo più giusto vicino a quello che è l’obiettivo; si potrebbe dire “basta pagare

il valore attuale”, si certo pago il valore attuale, ma se ho molte sinergie posso darne un pezzo di queste sinergie a favore di quelli

che vendono, perché poi avrò un costo dell’acquisizione. Esempio, l’azienda di B vale 10, io la pago 11 o 12, ma di là ho 7 di

sinergie, cerco di pagarla 10 ma se ho una gara sono anche disposto a pagarla 11-12; allora due cose molto pratiche, abbiamo da

vendere un’azienda, cerchiamo gli acquirenti che abbiano le maggiori sinergie, ma se siamo compratori cerchiamo quelle aziende

che o hanno le maggiori sinergie o hanno un management non tanto buono che possa migliorare.

Attenzione però noi abbiamo ipotizzato di pagare in contanti, ma cosa succede se invece di dare ai venditori dell’azienda B azioni

invece di contanti?

Vuol dire che A compera B, ma i venditori di B non vogliono solo denaro ma accettano azioni che derivano dalla fusione tra A e B,

in poche parole una fusione con concambio.

La domanda è, se io compero un’azienda e pago i venditori con azioni invece di denaro, costa di più o di meno, il mio costo netto

dell’acquisizione è inferiore o superiore?

Se faccio una buona operazione, il costo a pagare in azioni può salire rispetto ai contanti, perché? In termini concettuali, io sto

dando un pezzo delle sinergie, cioè i benefici netti, a loro; ma normalmente quando si fondono due aziende, il concambio non si

fa sui benefici futuri, ma si dice “A quanto vale? 100! B quanto vale? 50! A vuole comprare B, gli darà 1/3 delle azioni future

dell’azienda da 150”. Ma se A pensa che fondendosi non varranno più 150, ma 180 allora converrebbe dare 50 che non il 30% di

180, perché altrimenti si darebbe 60.

Cosa dice il libro?

Se le aziende assieme valgono 180, il 33% di 180 è il vero valore dell’azione AB, quindi non il 33% di 150, ma di 180.

Ma da cosa è determinato il VA ?

AB

NOTA: manca il pedice al primo VA, nella realtà sarebbe VA B.

Quindi il vero costo per chi paga in azioni il venditore è dato da:

71

Cosa vuol dire? Che se gli ho dato 60mila sottraggo i 50mila, mi è costata 10mila.

Se io convincevo a dare 55mila in contanti, mi costa di meno; perché lo faccio? Perché se credo molto in un’acquisizione potrei

dire che pago sempre in contanti i venditori, ma perché lo posso fare e mi conviene farlo?

1) Non ho degli esborsi finanziari importanti, diminuisco il rischio futuro, perché do azioni e condivido il mio rischio e il mio

rating non peggiora, perché non ho tutto esborso.

2) A che è proprietaria di B, le strategie che possono fare assieme fusi, sono molto più significative e sicuramente meno

rischiose.

Però per convincere B ho due ipotesi:

1) So che valgo 6milioni ma tu guadagnerai tantissimo con me, perché venderai da tutte le parti, voglio un premio di 2milioni,

valgo 6 e ti chiedo 8 per ipotesi;

2) Se ti chiedo 2milioni vuol dire che tu mi pagherai 8 anche se valgo 6 da solo; quindi avrò un costo di 2milioni (8milioni-

6milioni).

Ma se non B non può accettare nessun soldo e chiede un concambio in azioni, allora il prezzo di AB è dato da:

72

Altro tema.

Io sono azionista di una società quotata in borsa e vengo a sapere che qualcuno vuole comprarla, cosa succede? Succede che

qualcuno corre e che quando c’è un’OPA si dà un premio sul valore dell’azione, per convincere a comprare si dà un premio

rispetto al prezzo. Il premio è dare un po' di più di ciò che sarebbe il valore attuale se la borsa esprime il giusto, quindi ti do un

po' di quelle sinergie che penso e ti do le azioni.

Stiamo attenti perché quando facciamo un’OPA, anche la norma mi dice che io devo dire che premio do rispetto al prezzo di

borsa dell’ultimo giorno, dell’ultimo periodo, prima del lancio dell’offerta; se però il mercato già si aspettava un’acquisizione,

quel prezzo di borsa è già salito, ma non perché l’azienda vale di più ma perché le voci l’hanno portata a valere di più. Allora

attenzione, perché si crede che la differenza sia quanto bisogna pagare delle azioni rispetto a quanto valevano, ma non è così

l’azienda era già stata sopravvalutata perché si aspettava un’acquisizione.

Il vero costo allora è dato da:

Valore di mercato di B (VMB): Io ti do 10€ per azione anche se il giorno che ho annunciato l’OPA era 8€ per azione.

Ma quello non è l’8€ se già prima si sapeva che c’era qualcuno che voleva acquisire il vero valore dell’azione, il vero valore

dell’azione era meno di 8€, quindi questo è il valore apparente (10-8), ma se era cresciuta di 1€ devo aggiungerci (8-7), perché se

si fosse saputo l’azienda valeva 7€. Il differenziale è 3€.

Cosa dice questa semplice formula aritmetica?

Mi dice che se faccio uscire delle notizie sull’acquisizione prima del tempo, rischio di pagare molto di più l’azienda, perché il

premio che offro non è sul valore effettivo ma sul valore che è già salito per effetto di un’anticipazione dell’acquisizione.

73

Se il valore attuale di B è veramente 9 il suo costo sarà 12-9, cioè 3milioni.

Ma se il prezzo ha già inglobato 2$ di crescita per azione, perché si è diffusa la notizia, perché ci si aspettava un’acquisizione,

nella realtà vuol dire che l’azienda non valeva 9milioin, ma valeva 9milioni meno l’effetto che ha gonfiato l’azione quindi:

Il vero valore è 7,8milioni.

Ma se ormai lancio l’offerta a 12milioni il mio vero costo è 4,2milioni

74 13/10/17

Ghiglione

Il mondo era un mondo in cui non c’erano i bancomat, non c’erano i computer, non c’erano i telefonini e la

banca era un’istituzione, che non veniva messa in discussione, non veniva percepita come impresa ma

appunto come istituzione, ed era difficile che un cliente si permettesse di mettere in discussione quello che

il direttore della banca diceva; il mondo era un mondo apparentemente facile, facile perché innanzitutto i 3

rischi che accompagnano gli investimenti non erano percepiti: rischio tasso, cambio, emittente. Il rischio

emittente non era percepito, perché investire nel debito pubblico era visto come qualcosa di sicuro, non si

pensava che uno stato, Italia compresa, potesse andare in default; il rischio valuta non esisteva per il semplice

motivo che in quegli anni si poteva solo investir in lire. Il rischio tasso effettivamente era presente, ma con i

tassi a due cifre, quindi chi aveva la fortuna di avere qualche soldino in tasca in 3 anni capitalizzando

raddoppiava il capitale senza nessuna percezione del rischio. Era un mondo apparentemente semplice, si

investiva sul debito pubblico e si investiva sui certificati bancari; per i pochi che investivano in borsa, la borsa

era già un qualcosa di visto particolarmente voluto, la conoscenza in realtà di coloro che avevano i contenuti

delle azioni, un po' per i scarni processi di trasparenza che anche sulle società private, quotate erano in essere

in quei tempi e un po' perché la borsa era percepita come u8na bisca era un po' andare a giocare

effettivamente; era un mercato dove la trasparenza e la cosiddetta compliance erano molto sfumate. Era un

mondo quindi che per chi aveva la possibilità di muoversi in un contesto del genere era un mondo che si

poteva interpretare bene e avere dei guadagni anche decorosi, ma anche dei rischi molto importanti. Il conto

economico delle banche era molto semplice, facile da costruire perché si basava sul pilastro del margine

finanziario (differenza tra tasso debitore e tasso creditore), cioè raccoglievo dalla clientela ad un certo tasso,

prestavo questi

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Smong di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Business Financial Strategy e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Schiesari Roberto.