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ODULI RADICALI E FISSAZIONE DELL AZOTO
Le piante mancano di un sistema enzimatico per utilizzare l’azoto, per questo la sua presenza nel
suolo rappresenta un grosso fattore limitante per la loro sopravvivenza.
Solo pochi procarioti sono in grado di utilizzarlo, incorporandolo nella loro cellula come
amminoacidi o nucleotidi. Questo processo di conversione dell’azoto atmosferico in azoto
utilizzabile è detto fissazione dell’azoto.
In particolare, si osserva spesso un rapporto simbiontico volto a questo scopo tra le piante
leguminose e Rhizobium, un batterio azotofissatore (vetrino). Questi batteri liberi nel suolo
secernono una sostanza che fa incurvare i peli radicali, in modo da creare una fessura chiamata
filamento di infezione, che ne permette l’ingresso nella pianta. Le cellule adiacenti a questo
filamento si moltiplicano per mitosi creando dei noduli radicali. Da questi noduli, i batteri di
Rhizobium si diffondono all’interno delle cellule dell’ospite riempiendole di cellule batteriche
(batteroidi), che convertono l’azoto in composti azotati liberandoli nella pianta. Questa, da parte
sua, dona ai batteri gli zuccheri necessari per la trasformazione.
Il nodulo può restare semplice oppure evolversi in un nodulo complesso che comprende una regione
meristematica, un tessuto vascolare ed un endoderma.
Proprio in virtù di queste associazioni ormai sviluppatesi da milioni di anni, i batteri e la pianta si
sono modificati in modo da aiutarsi a vicenda anche in un altro modo: i batterti azotofissatori sono
sensibili all’ossigeno, che li avvelena. Per fare in modo che restino nelle sue radici, la pianta gli
fornisce una particolare sostanza proteica detta leghemoglobina, che si lega all’eme prodotto dal
batterio: questo complesso si lega all’ossigeno e protegge i batteri.
A ,
USTORI RADICI PARASSITE
Gli austori sono delle radici modificate tipiche delle Angiosperme parassite.
È difficile descriverli con una generalizzazione, perché visto che devono penetrare nel fusto delle
altre piante, hanno evoluto col tempo meccanismi specifici per ciascuna di esse. Comunque, in ogni
caso devono aderire strettamente all’ospite e quindi secernono tutte sostanze adesive.
La penetrazione avviene con l’inserimento di un filamento di cellule nella corteccia dell’ospite, in
modo che queste entrino in contatto con lo xilema. In genere, a questo punto sia le cellule
dell’austorio che quelle dell’ospite si dividono, e si crea un sistema di conduzione che collega la
pianta principale direttamente con il parassita.
Alcuni austori entrano in contatto solo con lo xilema e realizzano da soli la fotosintesi, altri sia con
lo xilema che con il floema e quindi non fanno fotosintesi.
S PINE E GERMOGLI
Le radici del Salice o di altre piante, a sviluppo orizzontale, producono esse stesse dei germogli che
fuoriescono dal terreno. Questa è una riproduzione vegetativa simile a quella delle piante stolonifere
o rizomatose, ma in questo caso interessa la radice e non i fusti.
In certe Palme, le radici fuoriescono dal fusto e formano delle grosse spine. Nell’Edera e in molte
rampicanti le radici si sono modificate a formare degli appigli. 53
STRUTTURA DELLE PIANTE LEGNOSE
Abbiamo appena studiato i meccanismi di crescita dei meristemi primari, dai quali derivano
l’epidermide, la corteccia, i fasci vascolari, il parenchima midollare e le foglie, ossia tutto il corpo
primario di una pianta. Nelle piante erbacee non si parla di corpo primario, ma definitivo, proprio
perché oltre questo non c’è evoluzione.
Nelle forme arboree, invece, altri tessuti derivano dai meristemi secondari: il cambio cribro-
vascolare e il cambio subero-fellodermico. I tessuti secondari che ne derivano sono il legno
secondario, il libro secondario, il sughero e il felloderma.
Lo sviluppo di strutture secondarie ha dato alle piante la possibilità di accrescersi in larghezza ed in
altezza. In una pianta erbacea, infatti, dopo il raggiungimento della maturità, tutte le cellule
procambiali si sono evolute nel rispettivo xilema o floema. Per permettere un ulteriore
accrescimento della pianta, sarebbe necessario produrre un maggior numero di foglie, che però non
verrebbero nutrite per le ridotte dimensioni delle radici, oppure bisognerebbe aumentare
l’estensione del sistema radicale, ma non si avrebbero abbastanza zuccheri dalle foglie. La
possibilità di queste piante di vivere per oltre un anno dipende dalla crescita di radici avventizie che
non nutrono più la parte vecchia della pianta, così da poterne creare una nuova (ma sempre
limitata). Oppure, la pianta si limita a perdere le foglie in inverno e a riprodurne l’esatto numero in
estate. Una pianta erbacea, infine, non cresce molto in altezza, proprio perché le radici avventizie
non riuscirebbero altrimenti a raggiungere il terreno.
Nelle piante ad accrescimento secondario (o piante perenni), invece, la continua deposizione di
strati di legno e libro, che contengono i tessuti conduttori, permette una maggiore capacità di
traslocazione delle sostanze, nonché una crescita in altezza dovuta alla presenza dei meristemi
apicali: quindi essa può aumentare il numero di foglie e radici. Il vantaggio dell’accrescersi sta in
una maggiore produzione di semi e di sostanze difensive.
Ma la longevità porta anche degli svantaggi: maggior tempo passato a proteggersi (e quindi
maggiori probabilità di non farcela); maggiori dimensioni e quindi più facile bersaglio per i parassiti
o simili; molte energie spese per svernare (le piante annuali invece muoiono) o per costruire legno e
sughero. Spesso, proprio perché si tratta di un processo molto dispendioso, le piante perenni che si
stanno ancora accrescendo non partecipano ai meccanismi riproduttivi perché non ce la fanno.
Le piante ad accrescimento secondario sono comparse circa 370 milioni di anni fa, ed oggi
comprendono molte Angiosperme e tutte le Gimnosperme. Una volta le Angiosperme erano tutte
legnose, ma poi si sono evolute anche le specie erbacee, che oggi prosperano rispetto alle altre.
Attualmente, quindi, l’accrescimento secondario avviene in tutte le Gimnosperme e molte
Dicotiledoni, ma non nelle Felci e nelle Monocotiledoni (anche se alcune mostrano accrescimento
secondario anomalo).
C -
AMBIO CRIBRO VASCOLARE
O RGANIZZAZIONE
Il cambio cribro-vascolare è uno dei meristemi che produce il corpo secondario di una pianta
(vetrino).
Mentre in una specie erbacea le cellule situate tra metaxilema e metafloema cessano ad un certo
punto di dividersi e si differenziano in tessuti di conduzione, nelle piante arboree le cellule disposte
in questa zona non maturano mai e costituiscono il cambio intrafasciale. Assieme a queste, altre
cellule parenchimatiche mature, situate tra i fasci vascolari, riprendono a dividersi e formano il
cambio interfasciale. Questi due diversi cambi continuano ad esistere come entità separate pur
essendo connesse, ma dopo qualche anno, quando diventano indistinguibili, si parla solo dI cambio
cribro-vascolare. 54
Il cambio cribro-vascolare non si forma immediatamente, ma la pianta segue prima un
accrescimento primario e poi, quando è pronta, inizia quello secondario (in coesistenza con quello
primario). Durante la stagione di crescita, il meristema apicale si allunga per organizzare la sua
nuova struttura secondaria, mentre la zona antecedente sviluppa un cambio cribro-vascolare.
Molto raramente si genera un cambio cribro-vascolare anche nelle foglie che restano attaccate
all’albero per molti anni, per cui compare del floema secondario (ma non xilema secondario) nella
nervatura principale. L’accrescimento secondario non avviene mai nei fiori, nei frutti (con alcune
eccezioni) o nei semi.
Come meristema, il cambio cribro-vascolare è molto semplice, perché contiene sono due tipi di
cellule: le iniziali fusiformi e le iniziali dei raggi.
I NIZIALI FUSIFORMI
Le iniziali fusiformi sono cellule allungate e affusolate, molto più lunghe nelle Gimnosperme che
nelle Angiosperme.
La divisione di una di queste cellule avviene secondo un piano tangenziale, che la divide cioè a
metà secondo la sua lunghezza e forma una cellula interna ed una esterna, e non destra e sinistra
(setto periclinale): delle due cellule che si formano, una resta iniziale fusiforme, e l’altra si
differenzia in una cellula dello xilema secondario o del floema secondario, a seconda della
posizione occupata dalla iniziale fusiforme: se resta cambiale la cellula più interna, quella esterna
diverrà floema secondario, viceversa se resta cambiale quella esterna (il che accade molto più
frequentemente, per cui si forma più xilema che floema ogni anno). In questo modo, il legno si
forma sempre all’interno del cambio cribro-vascolare e il libro sempre all’esterno.
Quindi abbiamo due cellule generate a partire da una cellula del cambio: una iniziale fusiforme ed
una nuova cellula dello xilema secondario. L’iniziale fusiforme si divide con un setto periclinale e
forma una cellula del floema secondario ed una di cambio più interna. Queste cellule sono grandi la
metà di quelle dello xilema e provvedono ad accrescersi.
La formazione dello xilema all’interno spinge ogni anno il cambio sempre più all’esterno, e dunque
aumenta la circonferenza. La nuova cellula del cambio asseconda questo ampliamento dividendosi
secondo un setto anticlinale, che la taglia in larghezza. Se non lo facesse, lo stiramento la
spezzerebbe.
Sebbene si tratti di cellule meristematiche, le iniziali fusiformi hanno cicli di divisione della durata
di qualche giorno, al contrario delle cellule del meristema apicale il cui ciclo dura alcune ore.
I NIZIALI DEI RAGGI
Le iniziali dei raggi sono cellule corte e cubiche. Vanno incontro a divisioni sempre periclinali, con
formazione di due cellule di cui una resta cambiale e l’altra si differenzia in un elemento
parenchimatico dello xilema se è interna, oppure in un elemento parenchimatico del floema se è
esterna.
La maggiore differenza tra i due tipi cellulari sta nel fatto che le iniziali fusiformi sono allungate e
producono cellule allungate del legno (tracheidi, trachee, fibre) e del libro (cellule cribrose, cellule
compagne, altre fibre), mentre le iniziali dei raggi sono isodiametriche e producono cellule
parenchimatiche di riserva e, nelle Gimnosperme, cellule albuminose.
D ISPOSIZIONE DELLE CELLULE CAMBIALI
Le iniziali radiali sono organizzate in brevi file che, in sezione trasversale (pag. 262), sono larghe
quanto una singola cellula (raggio uniseriato), come due cellule (raggio biseriato) o come tante
cellule(raggio pluriseriato). 55
Le iniziali fusiformi si dispongono invece in file perpendicolari alle precedenti ordinate (cambio
stratificato, chi si riscontra solo nelle Dicotiledoni più evolute) o disordinate (cam