Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
BLOTTING
Es. ho preso la proteina, che ho trattato in un certo modo e voglio sapere se ho ancora
l’allergene.
Un sistema è quello di separare le proteine in un gel e guardo se reagiscono con gli
anticorpi e cosi vedo qual è quella allergenica. Solo che ha il problema che l’anticorpo
ha una massa molec. molto grande (180.000 dalton) e non riesce a penetrare in un gel
elettroforetico. 20
Un’altra procedura è invece chiamata BLOTTING, si prende la proteina che è dentro ad
un gel elettroforetico e si fa trasferisce sulla superficie (se è su una superficie
l’anticorpo può aderire) di una pellicola idrofobica (per far aderire la proteina).
Quindi uso il mio gel elettroforetico, usando la corrente, proteine migreranno
imbattendosi nella superficie altamente idrofobica (teflon, acetato di cellulosa). La
proteina si attacca.
Altro modo è quello di deporre direttamente la proteina sulla superficie.
Quello che si fa dopo, per entrambe le modalità, è quello di mettere l’anticorpo; dove
c’è la mia proteina, l’anticorpo si vede; dove non c’e, non si vede.
ELISA
Si prende una superficie e si va a immobilizzare qualcosa, per vedere se una certa
molecola è presente o meno.
Ci sono diverse metodologie.
- ELISA DIRETTO: la proteina che mi interessa viene fatta adsorbire su una superficie
idrofobica (una vaschettina di polistirene); aggiungo il mio anticorpo, se la proteina
che sto cercando c’è, l’anticorpo si attacca, se non c’è non si attacca. Per fare in
modo che l’anticorpo si attacchi alla superficie, la superficie va bloccata mettendo
una proteina inerte come la gelatina, albumina, caseina (che quindi impedisca
l’adesione di altre proteine). Metto un substrato per l’enzima che è attaccato
all’anticorpo, il substrato si convertirà in prodotto e vedrò un colore. PIU’ ANTIGENE
C’E’, PIU’ COLORE C’E’.
L’intensità del colore è funzione diretta di quanto antigene è legato.
Questo metodo però non funziona con tutte le molecole, ne serve una che sia in grado di
attaccarsi alla superficie (quelle più piccole, come le tossine, non riescono).
- ELISA SANDWICH. Altro metodo è quello di immobilizzare sulla superficie l’anticorpo
invece della proteina. aggiungo la soluzione, se è presente l’antigene, l’anticorpo lo
catturerà. Metto un secondo anticorpo che riconosce lo stesso antigene. Si è creato un
sandwich. Per riuscire a sapere se questo anticorpo si è attaccato, o quest’ultimo è
marcato di suo, o lo faccio reagire con un anticorpo secondario in soluzione. PIU’
COLORE C’E’, PIU’ ANTIGENE C’E’.
Unica limitazione è che l’antigene deve essere sufficientemente grosso per permettere
di essere riconosciuto da entrambi gli anticorpi.
- ELISA COMPETITIVO. Premiscielo antigene e anticorpo. Se l’antigene si lega
all’anticorpo, prima di essere messo dentro pozzetto, non si legherà ad altro.
Sfrutto quindi la competizione tra antigene e anticorpi presenti in soluzione e
l’antigene e gli anticorpi presenti nel pozzetto. 21
PIU’ C’E’ N’E’ NELLA SOLUZIONE, MENO SE NE LEGA. (in questo caso, al crescere della
concentrazione dell’analita, decresce la risposta del sistema analitico).
Nei grafici riportati la scala è logaritmica, non lineare. L’intervallo in cui questi dosaggi
sono efficaci è tra 1 e 0.1 in questo caso (in questa regione il dosaggio è quantitativo,
al di fuori non è quantitativo), intervallo comunque limitata.
Sistemi più raffinati per dire quale proteina c’è e per vedere se è stata modificata in
qualche modo (in quale forma sono presenti). I principali metodi sono due nel campo
alimentare:
- 2DE Elettroforesi
- (Altro metodo) si prende il gel bidimensionale, si prende una di queste macchioline;
la taglio, rimuovo il colorante e la faccio in tanti piccoli pezzi (tramite tripsina); per
ciascuno di questi pezzetti vado a vedere quanto sono grossi (quanti AA sono fatti e
in che ordine sono).
Per differenziare i vari pezzettini, lo strumento da usare è spettrometria di massa (il
campione viene messo in una macchina che lo trasforma in uno ione, una specie
carica positivamente solitamente; gli ioni si fanno passare in un tragitto che li separa
in base al loro rapporto massa/carica, detto m/z; gli ioni quindi migreranno finche
arrivano su una fotocellula posizionata alla fine del tragitto, traducendo questa
informazione in quello che viene chiamato uno spettro di massa)
Per generare gli ioni, i sistemi che si usano sono due.
- Il primo è la IONIZZAZIONE ELETTROSPRAY, un sottile getto (nanolitro/min) di
campione entra in un nebulizzatore e si trasforma in spray (viene atomizzato).
Queste goccioline contengono degli ioni, se non li contengono vengono generati dal
fatto che il capillare presente è rivestito d’oro mantenuto ad una elevata tensione,
le goccioline escono e il solvente (acqua, aceto nitrile) viene evaporato e le
goccioline esplodono (in quanto viene raggiunto il limite di relay, respingimento).
Infine le goccioline vengono aspirate in un sistema sottovuoto e da li migrano in un
campo elettrico in funzione del loro rapporto massa/carica.
Le specie piccole sono quelle che arrivano per prime, quelle grosse con poche
cariche sono le ultime. Tiponvoluzione dello spettro di massa.
- La seconda modalità è il MALDI. Le molecole vengono poste su una superficie di un
piastra d’acciaio insieme a acidi in grado di assorbire radiazioni UV (acidi fenolici,
come il cinnamico, ciannaminico, etc) e su questa miscela di molecole che ci
interessano e questo assorbitore di radiazione UV, si spara un laser.
Ne segue che l’acido organico si decompone e protona la mia molecola (facendola
diventare carica positivamente. Questa molecola viene poi attirata da una griglia
22
carica negativamente. Talmente tanto carica positivamente che passa senza
problemi e viene misurata la sua massa/carica. Abbiamo generato il nostro ione.
Una sorgente di questo tipo funziona molto bene per generare ioni con una sola
carica e quindi va bene quando bisogna analizzare miscele.
Come si fa a sapere la massa della proteina (nel rappoto m/z)?
Dopo aver generato gli ioni, si utilizza un TOF (time of flight) e gli si fa fare un percorso e si
va a misurare dopo quanto tempo arrivano al detector che sta in fondo al tubo.
Le quattro bacchette presenti in figura sono un quadropolo (fanno un campo magnetico
facendo passare corrente). Le particelle passandoci avranno una traiettoria modificata
dalle quattro barrette, invece di andare dritte si mettono a fare un percorso a spirale (che
sarà diverso in base al tipo di corrente che ci passa e alle dimensioni delle molecole; quelle
più piccole ne risentono di più). Grazie a questo quadropolo, siamo in grado di separare un
certo tipo di molecole.
Con l’utilizzo di questo quadropolo possiamo selezionare e tenere ferma una certa
molecola (un peptide per es.) e spariamo su di essa degli atomi di argon, che romperanno
in pezzettini.
Ora quindi analizzerò i frammenti e sono in grado di ricostruire la sequenza del mio
peptide in base alla grandezza dei frammenti (massa/massa o fab massa). 23
LEZIONE 6
La modificazione più importante è il taglio proteolitico, l’azione di proteasi sul materiale
proteico presente nell’alimento.
Possono essere modificazioni intrinseche nell’alimento, che non esisterebbe
probabilmente se non sono avvenuti questi tagli.
Un esempio è il formaggio che non nascerebbe senza una miscela di enzimi, la più
importante è la chimosina che si occupa di tagliare il legame peptidico tra fenilalanina e il
cloro della caseina, innescando così la coagulazione presamica. Nei formaggi, soprattutto
quelli a lunga maturazione, questa non è l’unica attività proteolitica.
Ci sono altri settori alimentari che coinvolgono l’uso di proteasi, come l’industria delle
semiconserve (la carne e il suo processo di frollatura, in cui con gli enzimi presenti nel
muscolo stesso, avviano un processo di degradazione controllata delle proteine mio
fibrillari, che impartiscono requisiti sensoriali apprezzati, come la tenerezza).
Esiste un grande varietà di interventi enzimatici finalizzati a tagliare le proteine, in cui gli
enzimi sono usati come coadiuvanti.
La loro presenza cambia le virtù del prodotto.
Un esempio sono i prodotti cerealicoli, come le farine. Per i prodotti da forno, le farine le
cui proteine hanno diverse proprietà colligative (capacità di formare interazioni covalenti
stabilendo un reticolo tridimensionale). Le farine forti sono quelle con una buona capacità
di creare questo legame, usati per prodotti che devono essere tenaci, come la pasta.
All’opposto, il wafer, molto friabile, il reticolo deve essere il più blando possibile (ma anche
le farine con minor contenuto in proteine sono sufficientemente deboli da consentire la
formazione di quella struttura spugnosa e friabile del wafer e si rendono quindi queste
proteine meno rigide, tagliandole con delle proteasi).
Un altro utilizzo delle attività proteolitiche come coadiuvanti è rappresentato dalla
industria della birra. Le proteine nella birra fanno la schiuma e la rendono torbida se viene
raffreddata (ciò è dovuto al fatto che le proteine presenti a freddo flocculano). Per evitare
ciò, devo tagliare le proteine in modo controllato, senza esagerare per evitare che non
faccia più la schiuma, con opportuni enzimi, che vengono inattivati nel corso del processo
di produzione (trattamento termico).
Altro esempio sono le industrie estrattive (si recupera da un vegetale qualcosa, nel caso
dell’oliva, l’olio; per l’arancia il succo o oli essenziali).
Questi composti, le goccioline d’olio per esempio, sono intrappolate in una matrice
complessa fatta da polisaccaridi e proteine. Quindi strizzando o pressando l’oliva e
lasciandolo a sedimentare per poi centrifugarlo, otteniamo tre fasi diverse: l’olio, una
componente acquosa e una fase intermedia che sono le morchie (polisaccaride e proteine
che intrappolano le goccioline d’olio). Per poter recuperare anche queste goccioline senza
usare a solventi chimici, bisogna rompere la struttura di questi polimeri con degli enzimi
idrolitici (anche proteasi). 24
La produzione degli idrolizzati proteici.
Nella tradizione dei paesi orientali, si sono fatti crescere su substrati vegetali dei m.o. che
degradano le proteine presenti e si ottengono dei prodotti ricchi di acido glutammico e
piccoli peptidi caratterizzati da un’intensa attività UMAMI (esaltare il sapore