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Un concetto molto importante espresso dal professore è che la medicina deve “aggiungere vita

agli anni, e non anni alla vita”. Investendo nella sanità, nella scienza e nella medicina sarà possibile

rendere produttive le persone e aggiungere “vita agli anni”.

Al giorno d’oggi si punta sempre più alla medicina personalizzata ed alla medicina della longevità.

L’idea centrale è che esistono dei geni fondamentali, sensibili allo stile di vita, che se stimolati

possono fare la differenza in termini di quantità di vita, chiamati vitageni dal professore, che

rappresentano una classe di geni redox sensibili (cioè sensibili alle condizioni di stress ossidativo

della cellula).

Studiare l’anti-aging medicine è una priorità ai nostri tempi. Tuttavia per poter compiere degli

studi abbiamo bisogno di modelli da studiare (perché non possiamo affermare niente se non

misuriamo). Un ottimo modello di studio dell’anti-aging medicine sono i centenari: vivono 30 anni

di più rispetto ai non centenari, si ammalano molto di meno e muoiono in pochi giorni.

In Tanzania sono stati trovati ratti che vivono intorno ai 37-38 anni (chiamati mole rats) , dieci

volte in più rispetto alla media delle cavie normali da laboratorio (2-3 anni). Un ratto di 28 mesi

corrisponde ad un uomo di 90 anni, dunque un ratto di 37 anni corrisponde ad un uomo di 800

anni.

Questi ratti particolari non sviluppano quasi mai cancro e non sviluppano β-amiloide, causa di

Alzheimer (quindi sono in grado di resistere sia a malattie neurodegenertive che a malattie

tumorali). Si è scoperto che la longevità di questi animali è dovuta alla presenza di un sistema di

stabilità del proteoma molto efficiente. Questi ratti possono essere usati come modello di studio

della longevità.

Gli Elefanti, l’uomo, i pappagalli, i pipistrelli e le tartarughe sono esempi di animali estremamente

longevi rispetto alla loro taglia, vivono molto di più rispetto alle altre specie. Sarebbe interessante

capire a cosa è dovuta questa longevità.

E’ molto importante sottolineare il concetto di fedeltà molecolare in biologia. L’invecchiamento è

inteso oggi come la perdita della fedeltà molecolare, ed è causato dalla perdita dei i meccanismi di

riparazione e gli enzimi riparativi per la formazione delle proteine. Più fedele è la proteina al

progetto originale, più sarà efficiente nel suo lavoro. E’ come fare la fotocopia della fotocopia in

eterno, ad un certo punto l’informazione della copia non è più fedele all’originale, e non si

comprende più.

Il destino finale di una cellula che presenta molecole che hanno perso la fedeltà molecolare è

ovviamente l’apoptosi. Se quest’ultima avviene nella sostanza nera del S.N. avremo la comparsa

del morbo di Parkinson, se avviene nelle aree colinergiche si presenterà l’Alzheimer, sul talamo

causa l’Huntington, se avviene nelle corna anteriori del midollo spinale si presenterà la sclerosi

laterale amiotrofica (SLA). Se sfavorissimo l’apoptosi cureremmo queste malattie, ma se la

favorissimo cureremmo il cancro, perché nel cancro vengono a mancare proprio i meccanismi di

morte cellulare.

La diagnosi di Alzheimer e di molte altre malattie neuro-degenerative viene effettuata quando

sono già presenti dei sintomi, ovvero quando la degenerazione neuronale è ad uno stadio già

abbastanza avanzato. Con gli studi sul proteoma invece è possibile andare a diagnosticare la

malattia precocemente, andando ad analizzare quelle che sono le proteine che causano la

malattia. Se dall’analisi proteomica il soggetto risulta sensibile ad una malattia neuro-degenerativa

il medico può consigliare uno stile di vita idoneo a far comparire i sintomi della patologia nel

periodo più tardivo possibile.

Aging

Grazie allo studio del proteoma è possibile diagnosticare molte malattie precocemente,

analizzando quelle che sono le proteine mutate. E’ addirittura possibile creare dei farmaci

personalizzati in base alla struttura proteica che risulta mal funzionante.

Il diabete è caratterizzato dalla microangiopatia, cioè sofferenza e la distruzione dei vasi del

microcicolo. La microangiopatia è dovuta alla morte delle cellule endoteliali dei vasi, perché a

causa della mancanza dell’insulina esse non sono in grado di internalizzare il glucosio e vanno in

carenza di nutrienti. I vasi che soffrono di più sono quelle che si trovano alla periferia corporea, in

particolare all’estremità degli arti. Il glucosio che rimane in circolo si ossida, producendo delle

aldeidi. La gran parte delle aldeidi sono caratterizzate da una forte instabilità chimica, e reagendo

all’interno del nostro organismo creano dei prodotti tossici.

La reazione più caratteristica delle aldeidi avviene con i gruppi amminici,e porta alla formazione di

una base di Schiff:

Quindi un’aldeide può reagire con una base amminica come quelle del DNA o delle proteine. Nel

primo caso la reazione causa mutazioni che sfociano in diversi tipi di patologie. Se il danno al DNA

si verifica in cellule della linea germinale la malattia può essere trasmessa alla progenie.

Nel secondo caso invece si può avere l’accumulo patologico di proteine non funzionali che porta la

cellula all’apoptosi. La microangiopatia diabetica è causata anche da queste proteine che anno

reagito con le aldeidi, e causa numerosi sintomi quali impotenza, “piede del diabetico”, ecc. Oggi si

pensa che vi sia una relazione tra Alzheimer e Parkinson, tanto che si parla di diabete di tipo 3.

Lo studio della proteomica del diabete permette di prevedere l’insorgenza della malattia molto

tempo prima della sua comparsa, grazie all’individuazione di proteine anomale caratteristiche

della malattia. Stesso discorso vale per Alzheimer e Parkinson.

Nota:

Il classico odore di putrefazione è dato dalla malon-aldeide: un prodotto che si forma dalla

degradazione della componente lipidica. Più grasso è il cibo, più puzza sviluppa.

La proteomica non viene usata solo in ambito patologico, ma può servire anche a comprendere

quali siano i meccanismi e le molecole della longevità.

Molti studi oggi si concentrano sul definire l’età biologica (della serie “non contano gli anni che

hai, ma quelli che ti senti). Ma cosa significa età biologica? La legge di Hayflick dice che le cellule si

possono moltiplicare un numero limitato di volte, perché intervengono fenomeni che bloccano la

crescita in coltura. L’età biologica può essere usata come parametro per definire lo stato di salute

di un organismo: un anziano perfettamente in salute avrà un’età biologica minore rispetto a quella

anagrafica, mentre un giovane con un fegato suscettibile avrà un’età biologica maggiore di quella

anagrafica.

Nella scorsa lezione abbiamo visto come la durata media della vita sia aumentata di circa 30 anni

semplicemente eliminando le cause passive della malattia. Questo ci fa supporre che la durata

della vita può essere ulteriormente aumentata stimolando quelle che sono le cause attive della

longevità, ossia i vitageni. In questo modo tralaltro andremmo ad aggiungere “vita agli anni”.

I mitocondri assumono un aspetto molto importante per la comparsa dell’invecchiamento. Essi

sono la fonte di energia della cellula, tanto che si parla di “mitocondria as chi”, dove il “chi” è la

concezione orientale di energia vitale che scorre in tutti gli esseri viventi. Come sappiamo

all’interno del mitocondrio è presente la catena respiratoria, che permette il traporto degli

elettroni e la produzione di ATP. Ricordiamo che la catena respiratoria è formata dai complessi I, II,

III, IV e dall’ATP sintasi. Se il trasporto degli elettroni all’interno della catena respiratoria è

disturbato cominceranno a comparire delle disfunzioni. Se ad esempio avessimo un

malfunzionamento del complesso I gli elettroni non verrebbero trasportati in maniera corretta

sull’ossigeno, ed invece di formarsi H O si formerebbero radicali liberi (questo appena descritto è il

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meccanismo patogenetico del Parkinson).

I pomodoro coltivati nelle serre in periodi non ideali (non stagionali) sono poveri di antiossidanti,

rispetto a quelli coltivati nel periodo stagionale. Essi quindi sono nettamente più predisposti

all’attacco di patogeni, e quindi devono essere trattati con più pesticidi ed antifungini.

Molti pesticidi sono in grado di attuare il meccanismo patogenetico dei mitocondri appena

descritto. Gli spermatozoi, che nel corpo presentano delle vere e proprie batterie di mitocondri,

sono cellule a rischio in caso di assunzione di pesticidi. Anche le cellule del S.N. sono molto a

rischio in quanto ricche di mitocondri.

Se i pesticidi colpiscono i complessi I, II e III aumenta di molto il rischio di contrarre la corea di

Hutington, mentre se colpiscono il complesso IV aumenta di molto il rischio di contrarre

l’Alzheimer.

Una dimostrazione dell’effetto dei radicali liberi sull’invecchiamento è dato dai giocatori di calcio:

essi sembrano invecchiare molto più rapidamente del normale. Questo è dovuto al fatto che

durante l’attività agonistica i muscoli vengono stressati troppo, e diventano una fonte di

produzione di radicali liberi. Ricordiamo che questi ultimi non inducono solo l’invecchiamento e le

malattie neurodegenerative, ma inducono anche il cancro, perché i radicali, reagendo con il DNA

possono attivare proto-oncogeni e disattivare oncosoppressori. Quindi cancro e neuro-

degenerazione non sono de concetti così distinti, ma aspetti diversi forse di uno stesso volere

patogenetico. Questo ci dirige verso una “uniformità patogenetica” (cioè molte patologie possono

avere una causa comune), per cui eliminando la causa comune di malattia possiamo guarire diversi

tipi di patologie, dal cancro alle malattie neurodegenerative.

La scorsa lezione abbiamo parlato di antiossidanti e polifenoli. A proposito di questi è

fondamentale definire il concetto di ormesi. Essa fu scoperta da un professore di Harward, Edward

Calabrese. L’ormesi rappresenta il fenomeno per cui una molecola ad una dose bassa crea un

certo tipo di effetto, mentre ad alte dosi crea l’effetto opposto. I polifenoli infatti a basse dosi

hanno effetti benefici, mentre ad alte dosi hanno effetti tossici. Stesso principio vale per i farmaci,

che se somministrati a dosi troppo elevati danno forti effetti collaterali. Anche gli ormoni seguono

il principio dell’ormesi: ad alte dosi sono tossici.

Per la maggior parte delle

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze mediche MED/09 Medicina interna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Rityanel di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Medicina di laboratorio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Calabrese Vittorio.