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Sono presenti i menischi. Tutto è inglobato in una capsula articolare non rigida, ma
lassa e ampia. La parte della rigidità è infatti suddivisa tra legamenti e muscoli, ma
il ginocchio ha bisogno di un grande movimento. La capsula possiede diversi
recessi pieni di liquido sinoviale. I recessi sono utilizzati per le iniezioni nel
ginocchio (soprattutto nel sovrapatellare): quando si devono inserire acido glicoli o
farmaci per le infezioni del ginocchio. La linea di riflessione della sinoviale sul
femore è molto alta mentre nella tibia è vicina al margine dell’articolazione. Ci sono
poi a livello dei recessi anche delle borse comunicanti e non. Le borse sono
sacchetti fatti di sinoviale pieni di liquido che serve ad evitare attrito tra il ventre
muscolare e l’osso e il tendine e l’osso. Qui ce ne sono diverse per tutti i tendini e
muscoli della coscia.
I legamenti crociati stanno nella capsula fibrosa ma non nella sinoviale: sono
intracapsulari ma extrarticolari. Per stare nell’articolazione bisogna essere
circondati dalla sinoviale e dalla
fibrosa: ciò non accade per i
crociati.
Il sovrapatellare è il più sfruttato per le iniezioni nella cavità articolare. La cartilagine
del ginocchio è soggetta ad uno stress meccanico notevolissimo e variabile anche da
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persona a persona (stile di vita, patologie come l’artrosi , età). La borsa prepatellare e
la infrapatellare profonda non comunicano con la cavità articolare.
I legamenti sono il legamento patellare, legamento collaterale mediale (largo) e
laterale (sottile). I collaterali mediali e laterali vanno dal condilo del femore al condilo
3 Degenerazione della cartilagine articolare. Si cerca di curarla il più possibile con
antiinfiammatori locali, acido ialuronico – che occupa lo spazio e lubrifica lo scorrimento, e
quando diventa troppo grave c’è la protesi del ginocchio mono o bi compartimentale,
sostituendo con superfici metalliche e si recupera movimento e funzionalità.
della tibia. Il collaterale tibiale (mediale) è più largo ed è composto di tre gruppi di
fibre orientati in maniera diversa per distribuire ancora meglio il carico
dell’articolazione. Abbiamo funzione statica in posizione eretta, sopportando il peso:
tutti i legamenti mettono dei vincoli in modo che l’unico movimento consentito sia la
flessoestensione. Se c’è un problema di appoggio del piede che non viene risolto e
curato diventa spesso un problema del ginocchio: il cattivo appoggio plantare porta ad
un cattivo appoggio del ginocchio e ad un anomalo consumo della cartilagine
articolare che va verso l’anca con slivellamento del bacino e scoliosi della colonna. Il
collaterale fibulare (laterale) è più piccolo, forma di cordone e non è collegato né a
capsula articolare né a menisco laterale, mentre l’altro è strettamente collegato al
menisco mediale. Il legamento patellare va dalla patella alla tuberosità tibiale
(continuazione del tendine del quadricipite femorale). Dietro abbiamo il legamento
popliteo obliquo (parte ricorrente del tendine del semimembranoso). Abbiamo poi una
serie di retinacoli che si sovrappongono alla capsula, disposti in maniera longitudinale
e trasversale.
Tagliando il tendine del quadricipite femorale e ribaltando la rotula si vede molto bene
anteriormente il legamento crociato anteriore. Decorre dalla parte laterale a quella
mediale, dall’indietro in avanti e il posteriore è esattamente opposto (si vede molto
meglio in proiezione posteriore, ovviamente). Tengono collegata la tibia al femore.
Assicurano la continuità.
I menischi sono dispositivi articolari che fanno parte delle parti accessorie delle
articolazioni, ma sono molto importanti da un punto di vista strutturale: aumentano di
tanto la concordanza tra condili tibiali e femorali. La sua presenza impedisce di
scappare il femore in avanti e indietro (è come un gommino che lo tiene in sede). La
loro presenza più quella dell’eminenza intercondiloidea evita lo slittamento laterale coi
legamenti collaterali. Il popliteo obliquo, l’attacco dei gastrocnemi, il patellare
anteriore anch’essi evitano il movimento in avanti o indietro.
I menischi non hanno la stessa forma; quello laterale è più chiuso, il corno anteriore è
più spostato internamente ma lo spessore è omogeneo. Il menisco laterale ha una
forma quasi di una o e spessore omogeneo. Quello mediale ha un corno anteriore più
sottile, la parte mediale collegata col collaterale mediale e il corno posteriore è più
largo. Il menisco laterale non ha rapporti con il collaterale laterale: questa differenza
strutturale è importante perché quando c’è la flessione del ginocchio i menischi si
spostano e quello con più capacità di movimento è il laterale. Il menisco mediale non
cambia di forma, quello laterale si sposta. Il menisco mediale poiché non si sposta si
traumatizza più facilmente. Possiamo parlare di traumi come la fissurazione a manico
di secchio, la frattura del corno posteriore o anteriore, fattori a carico soprattutto del
menisco mediale che non riesce a scaricare bene un eccessivo stress poiché non si
muove. La struttura del menisco è a sezione
triangolare perché si infila sotto ai condili, è ricco di
recettori dolorifici, la superficie superiore è
concava, quella inferiore è piana e le fibre di
collagene sono orientate in tante maniere
diverse per distribuire in maniera migliore tutto lo
stress meccanico con il quale il menisco viene
sollecitato. Tutte lamine sovrapposte che
lavorano meglio. Gamba e piede
Nella gamba abbiamo tibia e fibula, 2 ossa (rispettando il piano organizzativo
dell’avambraccio) mentre nel piede abbiamo lo stesso schema della mano: tante ossa
irregolari (il tarso), il metatarso e le falangi (in contrapposizione a carpo-metacarpo-
falangi).
Abbiamo le articolazioni:
1. Tibia e perone (prossimale e distale) – come nell’avambraccio
2. Tibiotarsica (tibia e tarso)
3. Numerose articolazioni fra le varie ossa del piede
I muscoli che risiedono sulla gamba (come quelli dell’avambraccio) servono a muovere
il piede (l’avambraccio la mano).
Le diafisi di tibia e perone sono
prismi a sezione triangolare con
una cresta rivolta lateralmente e
medialmente. Tra le due creste è
tesa una robusta membrana
interossea. Questa fortissima
membrana interossea tiene unite
le due ossa. Sull’estremità distale
l’accostamento delle due epifisi
porta alla formazione della
cosiddetta “pinza malleolare”, che
andrà ad ingranarsi con il primo
osso del piede. Lì avremo l’articolazione mobile della caviglia, anche detta “collo
piede”.
L’estremità distale di tibia e perone possiedono i malleoli: mediale per la tibia laterale
per la fibula. Sono rilievi agevolmente percepibili e visibili sulla cute (in questa zona è
molto sottile). In visione posteriore osserviamo il solco malleolare, dove passa il
tendine del tibiale posteriore. Le superfici articolari dei malleoli (laterale e mediale)
hanno forma triangolare, mentre la superficie articolare inferiore, essendo una troclea,
va ad inserirsi nella troclea del primo osso del piede. Per tener serrate le due ossa
abbiamo un legamento interosseo insieme all’ultima parte della membrana fibrosa.
Questo legamento dà origine ad altri due legamenti, ovvero il legamento anteriore e
posteriore del malleolo laterale. Abbiamo molta componente legamentosa per
assicurare il movimento della caviglia, che è prettamente di flesso-estensione. I
movimenti di lateralità sono di eversione ed inversione del piede, la forma dei capi
articolari obbliga il movimento. Per consentire un ampio grado di motilità è per questo
più ricca la parte legamentosa rispetto alla parte ossea.
L’articolazione si chiama tibiotarsica perché la prima parte del piede è il tarso. In
realtà l’osso con il quale c’è
l’articolazione è l’astragalo (o
talo). La tibia è posizionata
superiormente, la fibula invece
scende poco di più e prende
rapporto lateralmente. Le
ossa del piede formano un arco
con una concavità in senso
anteroposteriore ma anche in
senso mediolaterale
(longitudinale e trasversale) – fa
una volta. Questa volta non può
tenersi in piedi da sola. Avremo
quindi una componente
passiva (tendini e legamenti), e una
attiva (i muscoli). L’arco plantare è
di fondamentale importanza per la
postura: un problema alla
colonna deriva da un problema
all’appoggio del piede. Non può
curarsi la colonna se non si cura
prima il piede. Dall’appoggio del
piede si risale al bacino e alla
colonna (le moderne tecniche
di fisioterapia tengono conto delle catene muscolari: nessuna parte del corpo sta da
sola, ma lavora insieme a tante altre; si innesca una correzione dalla valle verso il
centro automatica dei movimenti). I bambini, che tendono ad avere il piede piatto,
sono sottoposti ad esercizi quali raccogliere con le dita del piede penne e matite e
oggetti: ciò aiuta lo sviluppo dell’arco plantare. Camminare a piedi scalzi fa anche
bene, perché il piede non è costretto in una posizione innaturale. L’appoggio del piede
ha anche un’altra funzione: il sistema venoso infatti non ha una propria pompa,
quando il sangue arriva agli arti inferiori e deve risalire va contro la forza di gravità; la
pompa è fatta dal piede ed ogni volta che schiacciamo il piede contro il pavimento la
pressione dà un impulso al sangue per risalire con conseguente movimento di tutti i
muscoli dell’arto inferiore che contraendosi spingono il sangue verso l’alto perché
nelle vene sono presenti delle valvole a coda di rondine che consentono il passaggio di
sangue sempre verso l’alto e mai verso il basso. Ciò è fondamentale per la risalita del
sangue. Chi sta tanto seduto (anziani ad esempio) ha le gambe gonfie perché il
sangue non riesce a risalire, si accumula e si provoca edema.
Il piede è una struttura molto importante. Lo scheletro è simile a quello della mano:
abbiamo il tarso, in cui le ossa però sono più grandi rispetto al carpo ma sempre
disposte in due file. Abbiamo poi il metatarso, simile al
metacarpo e poi le falangi, più corte. Il piede viene diviso in 3
parti: 1. Avampiede (falangi)
2. Mesopiede (metatarso + seconda fila del tarso)
3. Retropiede (talo e calcagno) Sono presenti, spesso, alcune ossa sesamoidi.
È necessario conoscere le ossa sesam