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Quello che si desume dalle migliaia di veline

è che in genere i funzionari del ministero si dimostrassero molto consapevoli dell'importanza della suggestione e del coinvolgimento emotivo a fine di fabbricazione del consenso, sapevano anche molto bene che in genere questo coinvolgimento emotivo era raggiunto in occasione delle uscite pubbliche del Duce (i discorsi pubblici del Duce dal balcone di palazzo Venezia erano spesso in grado di coinvolgere emotivamente i cittadini), i funzionari del ministero tentarono in tutti i modi di creare anche nelle pagine dei giornali quel coinvolgimento emotivo di cui era capace il Duce durante i suoi discorsi (se si guardano i richiami che spesso c'erano in queste veline si capisce come si tentasse spesso di evocare quel simbolismo e quella enfasi dosata che Mussolini spesso adottava nei suoi discorsi, c'erano dei veri e propri prontuari che permettevano di risalire a quello che era normalmente il linguaggio utilizzato da Mussolini).

Questi funzionari ministeriali erano anche ben consapevoli di quanto fosse difficile mantenere nel tempo quel livello di tensione emotiva, anche perché si resero presto conto che l'esagerazione (questa enfasi spinta all'eccesso e riprodotta nel tempo) poteva finire per produrre un'accettazione poi passiva dei messaggi mentre il fascismo mirava a creare un clima di mobilitazione permanente (non è facile mantenere alto il tono e il contenuto nel tempo), nel contempo certi scenari magniloquenti finivano per rendere difficile ai lettori l'accettazione poi della routine del quotidiano (se tutto era eccezionale e straordinario sempre alla fine diventava difficile per l'italiano medio che si confrontava con le miserie di ogni giorno accettare quello stato di cose) -> nei quotidiani dell'epoca i titoli sono spesso a effetto, spesso le frasi sono brevi e memorabili, quasi sempre in un articolo soprattutto nell'editoriale comparivano delle citazioni

del Duce -> dall'altro lato però c'è anche la preoccupazione di non spingere all'eccesso questi toni, qual era il metro di misura per stabilire i toni? Erano gli informatori del regime che davano il polso degli umori tra la popolazione di ciò che veniva scritto sui giornali, c'è grande attenzione per l'attività di informatore durante il ventennio. Quindi da un lato mobilitazione, da un lato ascoltare sempre Mussolini, dall'altro non eccedere (rif. lettere di Mussolini ad Amicucci in cui dice che esagerando e promettendo troppo finisce per fare un danno al regime) -> qual è il grosso problema? Nella loro attività quotidiana molti dei funzionari dell'Ufficio Stampa e poi del Ministero che si occupavano di redigere le veline si fidavano del loro buon senso (non avevano gli strumenti teorici e formativi - nessuno di loro era studioso di sociologia della comunicazione, nessuno di loro conosceva in maniera

approfondita la psicologia delle masse, qualità di cui invece Goebbels ed i suoi collaboratori erano dotati-) 20/11

Erano soprattutto gli informatori del regime a fornire agli operatori del Ministero il polso degli umori della popolazione in modo tale da intervenire con i dovuti aggiustamenti

Es. rapporto proveniente dalla polizia politica/dalla prefettura di Milano al Capo Ufficio Stampa dell’agosto del 1936 in cui si dice “è certo che anche questa facilità di continuare a parlar male del prossimo stampando fatti inesatti o addirittura menzogneri non contribuisce a rischiarare l’orizzonte politico a nostro vantaggio e quel che è male è che chi vi va di mezzo sono anche tutti gli italiani che si trovano all’estero”, tutte le volte in cui pareva agli informatori che determinati messaggi fossero spinti all’eccesso immediatamente c’era un feedback e allora i funzionari cercavano di riorientare la propria azione

Interventi del Ministero potevano riguardare qualsiasi argomento, persino le fotografie da pubblicare furono oggetto di pressanti indicazioni (sintomo di quanto il regime tenesse molto anche agli aspetti monografici al fine di plasmare al meglio i costumi degli italiani).

Ricordare sempre che erano ordini inviati ai giornali in cui si imponeva di dire della falsità agli italiani o comunque di nascondere delle cose. Ad esempio, una velina imponeva che non venissero pubblicate foto in cui le persone si stringevano la mano (atto poco fascista), un'altra imponeva che non si pubblicassero foto di tosature di pecore. Inoltre, in genere si vietavano foto che potevano dare l'impressione che qualcosa nel Paese non funzionasse bene (come la sconfitta di un campione sportivo, calamità naturali/temporali/maltempo). Nelle cronache di partite di calcio si impose di non sfottere gli arbitri. Le veline potevano arrivare a livelli di pignoleria assurdi. Ad esempio, la velina del maggio 1942 (piena...

guerra): “Il giornale Autarchia e Commercio (organoConfederazione fascista dei commercianti) molto inopportunamente ha pubblicato unastatistica di quanto gli italiani siano dimagriti in seguito alle restrizioni”

Tassative e minuziose erano in genere le indicazioni su Mussolini e la suafamiglia: una velina recitava “come è noto, il Duce non gradisce in alcun modo che laStampa si occupi del suo compleanno”, un’altra “non si dica che la disgrazia al figlio diAgnelli avvenne allo Scalo Mussolini (zona di mare in cui morì uno dei rampolli diAgnelli) si dica che avvenne nel mare di Genova (più generico)”, un’altra “rivederetutte le corrispondenze dalla Sicilia (dove Mussolini era andato in visita ufficiale)perché non si deve pubblicare che il Duce ha ballato”, un’altra “il discorso del Ducepuò essere commentato. Il commento ve lo inviamo noi” (quest’ultima èemblema

del fatto che il lavoro del giornalista diventò soprattutto nella seconda metà del ventennio un mero esercizio burocratico, alla faccia del dinamismo di Amicucci)
I rapporti di polizia segnalano soprattutto dal 1936 un aumento esponenziale dell’insofferenza dei giornalisti stessi e dei direttori, un direttore che si vedeva recuperare veline come “tra i presenti alla prima del film Bengasi, dare anche il ministro Pavolini, anche se non ci sarà” si trovava in difficoltà e in imbarazzo (con il crollo del fascismo, i giornalisti avranno difficoltà a riprendere a scrivere “di testa loro” dopo un ventennio di scrittura sotto dettatura con evidenti risvolti dal punto di vista morale e psicologico, molto imbarazzo nel dover poi giustificare di aver scritto sotto dettatura delle menzogne enormi) -> nella primavera del 1936 Alfieri fa un bel discorso in Parlamento “il Ministero (della Stampa e Propaganda) non dà ordiniseguito queste direttive) il lavoro giornalistico durante il regime fascista era molto limitato. I giornalisti erano costretti a seguire le direttive del governo e a scrivere articoli che promuovevano l'ideologia fascista e denigravano gli ebrei. La stampa era controllata dal regime e la verità veniva distorta per adattarsi alla narrazione fascista. I giornalisti che non si conformavano alle direttive rischiavano sanzioni e perdita del lavoro. Questo controllo sulla stampa era uno strumento di propaganda utilizzato dal regime per manipolare l'opinione pubblica e mantenere il controllo sul paese.grandi carriere nella seconda metà del '900) sarà difficile rielaborare quel ventennio trascorso a fare un lavoro di presa di ordini ed esecuzione senza poter pensare che poco aveva a che fare con il lavoro di giornalista. Quando si parla di stampa del ventennio bisogna sempre ricordarsi che pochissime professioni durante il regime godranno di così tanti privilegi come quelli goduti dai giornalisti, ecco perché in molti accettarono queste forme anche particolarmente dolorose di compromesso. Se si guardano le veline, dunque, si ha l'impressione di un intervento vasto e meticoloso ma anche poco razionale e coerente e questo perché i funzionari del Ministero, per quanto si sforzassero di essere all'altezza, in gran parte navigavano a vista o si limitavano ad appendere le indicazioni del Duce o del Ministro. Quasi tutti i funzionari erano privi di formazioni/basi teoriche specifiche: erano quasi tutti giornalisti o scrittori di secondo piano che nonerano riusciti a fare una grande carriera nel mondo del giornalismo e che spesso erano stati chiamati per meriti politici al ministero, erano dei prefetti di carriera, erano degli ufficiali o ex-ufficiali della milizia/dell'esercito/della marina, era gente che si fidava in gran parte del buon senso tarato sulle esigenze del fascismo -> i risultati furono veline banali, incomprensibili, idiote, figlie di tentativi di interpretare le contingenze politiche sulla base dei probabili desideri del Duce, l'impressione è che si tenesse molto di più al fatto che quelle veline piacessero di più al Duce che non al fatto che perseguissero un obiettivo chiaro e preciso, spesso i funzionari tedeschi criticheranno i colleghi italiani dicendogli di essere troppo generici nelle indicazioni e questi si giustificheranno affermando che al contrario della Germania il regime dopo quasi vent'anni di esperienza poteva anche permettersi di lasciare più

libertà all'espressione della sensibilità dei singoli direttori o giornalisti (in questo modo in realtà ammettevano la loro parziale impotenza, non avevano idee molto chiare sulladirezione da intraprendere)

Es. rapporto di Dino Alfieri al Ministro Ciano del 9 dicembre del 1935 in cui si constata senza mezzi termini i limiti di preparazione del personale del ministero "essendosi verificati alcuni inconvenienti di carattere interno dovuti soprattutto al fatto che mancavano un'infinità di rapporti di carattere personale (con i principali giornali il buon Felice -uno dei funzionari del Ministero- non ce la faceva e come tu sai tutti gli altri funzionari sono quasi tutti dei burocratici (Alfieri dice burocratici al posto di burocrati), ottima gente ma che non ha nessuna speciale sensibilità realistica)"

Anche l'auspicato controllo molecolare sull'informazione si scontrerà sempre con limiti oggettivi

Es. rapporto riservato

della polizia politica dell'ottobre 1935 in cui ad essere criticato è Dino Alfieri, la polizia politica informa il Ministero ch
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
86 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher saby.comba di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del giornalismo e della comunicazione politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Forno Mauro.