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Infine non da sottovalutare il fatto che la pornografia, assumendo un ruolo sempre più rilevante, ha
dato luogo a forme di vera e propria dipendenza.
Tema3: illusorie evidenze. Sui mezzi e sui messaggi
È dominante la convinzione secondo la quale il cambiamento dei media è causa, se non la causa
principale, di trasformazioni di tutti i generi: nel gusto, nei generi prediletti e nella vita stessa delle
persone. Per la grande maggioranza degli osservatori sono media solo i mezzi di comunicazione di
massa come i giornali, la televisione e Internet, per altri l'elenco si allarga fino ad includere mezzi
detti interpersonali coma la posta, la telefonia e la messaggeria, altri ancora hanno data un
significato più ampio alla parola media, includendo tutti gli strumenti utili a porre gli esseri umani
in relazione tra loro come il denaro le armi e i mezzi di trasporto. Possiamo dunque arrivare a dire
che ogni medium rappresenta una complessa stratificazione di tante realtà. Possiamo inoltre parlare
dei media come istituzioni informali che si presentano meno vincolanti dalle istituzioni classiche,
ma non meno regolatrici se non altro per le prescrizioni implicite nelle loro stesso tecnologie.
Secondo Hannah Arendt però il concetto di comunicazione contiene di per sé un paradosso: la
comunicazione tra gli esseri umani presuppone la loro diversità altrimenti non ci sarebbe nulla da
comunicare, ma anche l'uguaglianza altrimenti non ci sarebbe né un universo condiviso, né un
linguaggio comune senza il quale lo scambio sarebbe impossibile e impensabile. Da tenere molto
presente anche il fatto che l'azione di ogni singolo mezzo non è comprensibile se non si tiene conto
del sistema in cui esso è inserito, e viceversa il sistema non esisterebbe se non come insieme di
diversi media attivi nella società. Sempre per quanto riguarda il sistema dei media si può fare una
gerarchia, ma è una gerarchia che in parte deriva dal livello di istruzione, in parte da variabili come
il sesso e l'età, in parte si basa su fattori strettamente personali.
Non è il bisogno di ricevere notizia a essere in discussione, semmai il modo di soddisfarlo, che
passa sempre meno attraverso la stampa d'informazione che ha accompagnato la vita dell'Occidente
da quasi quattro secoli. Le prime gazzette sono infatti nate nel Seicento e sono state soprattutto il
frutto dell'incontro tra la tecnica della stampa e una domanda di notizie sempre più elevata. Prima di
tutto si trattava di informazioni internazionali, poi notizie strettamente economiche. D'innanzi a
questo la notizia politica si impose come realtà di interesse generale, e non era più soltanto un
genere di consumo ormai abituale, ma un vero bisogno. Inoltre il pubblico delle informazioni
giornalistiche si è ampliato oltrepassando i limiti legati al numero degli alfabetizzati, al costo del
quotidiano, alla difficoltà di accedervi per gli abitanti di villaggi lontani dalla città. Altro dato da
non sottovalutare è che tra un quotidiano del tardo Ottocento e uno della fine del secolo successivo
cambia solamente, oltre che alla presenza dell'immagine, la foliazione, ma gli elementi di fondo
restano gli stessi: la struttura a mosaico delle pagine, la prima pagina destinata agli annunzi e alla
promozione dei contenuti all'interno del giornale, e la divisione per settori. È anche cambiato poco
il sistema dei generi. Possiamo dunque affermare che non è cambiata per nulla, anzi è stata esaltata
ulteriormente la centralità della notizia, la quale è iniziata ad essere consumata da miliardi di
persone anche disposte a pagare per averla, prima di tutto perché nel corso del Novecento ci sono
stati momenti in cui la raccolta di informazioni si è presentata come necessità addirittura vitale
(durante le guerre per esempio).
I media e le tecnologie di comunicazione sono legati anche al sistema degli sport. La presenza dello
sport nella vita quotidiana, o nei riti settimanali, di milioni e perfino di miliardi di persone è un
fenomeno tipicamente Novecentesco; è infatti nel periodo tra il 1889 e il 1900 che i principali
giochi collettivi si danno delle regole, che nascono istituzioni come i club calcistici e le Olimpiadi e
che incomincia il tifo sportivo e quindi quel processo di identificazione tra una persone e una
squadra o un atleta. Gli sport nascono appunto come giochi e secondo il sociologo francese Caillos
possiamo chiamare gioco una attività libera, separata (nel senso che si svolge entro confini di uno
spazio distinto e in tempi propri), incerta nei risultati, improduttiva, soggetta a regole chiare e
condivise, e connessa ad un proprio universo immaginario. Un professionista deve aspirare alla
vittoria e le sue emozioni sono solamente (o quasi) legate alla soddisfazione di aver fatto bene il
proprio lavoro. È dunque solamente per i tifosi una attività improduttiva, anche se richiede in ogni
caso spostamenti, spese e impegni. Il piacere di tutto ciò si pensa che derivi dal fatto che sia in atto
una forma di rappresentazione simbolica per cui lo spettatore si sente vincitore in quanto hanno
vinto coloro che giocano al suo posto; non è infatti esagerato parlare di transfert. La scelta della
squadra per cui tifare deve essere libera, improduttiva, carica di valori e significati immaginari,
disponibile a tutti i risultati, pronta ad accettare e rispettare delle regole, prima di tutte quella della
fedeltà. Sono state la stampa, la radio e la televisione a rendere possibile la trasformazione degli
sport-spettacolo in sport di massa. La loro mediazione però non è stata neutrale, anzi ha
condizionato gli sport stessi promuovendone alcuni a discapito di altri, influenza lo sta system, ed
arrivando a imporre, in qualche caso, un cambiamento delle regole. A partire dagli anni trenta la
radio ha introdotto nel sistema dell'informazione sportiva due fondamentali elementi di novità, la
simultaneità e l'oralità, mentre la novità della televisione stava nel fatto che non si limitava a dare
informazione, ma mostrava. Vengono anche aggiunti degli effetti speciali la cui funzione è quella di
dare un'impressione di prossimità fisica, per esempio il rumore del piede del calciatore che incontra
il cuoio del pallone.
In ogni caso con la digitalizzazione, tutti gli strumenti di comunicazione si sono conformati o si
stanno conformando a un unico modello, quello del computer. Per concludere possiamo anche dire
che non si è mai parlato di media quanto lo si fa adesso, e al tempo stesso non è mai stato così poco
chiaro che cosa questo termine significhi realmente.
Tema4: i Media come “Metafore Attive”
Prendiamo in esame una citazione tratta dal libro di Marshall McLuhan “Gli strumenti del
comunicare”: “tutti i media sono metafore attive in quanto hanno il potere di tradurre l'esperienza in
forme nuove”. Partendo dal fatto che la parola metafora derivante dal greco (“metaphèrein)
significa trasportare, possiamo dire che ogni forma di trasporto non soltanto porta, ma traduce e
trasforma il mittente, il ricevente e il messaggio. I media dunque traducono l'esperienza in quanto
tale e non questo o quel determinato messaggio come si è soliti pensare. L'obiettivo di McLuhan è
risvegliare l'umanità contemporanea dal “torpore narcisistico”, ovvero da una sorta di
addormentamento tecnologico che ci rende inconsapevoli di quanto siamo direttamente coinvolti
nelle attività di comunicazione di cui crediamo invece di fruire come semplici spettatori. Alla base
del pensiero dello scrittore canadese troviamo inoltre una distinzione fondamentale proposta più e
più volte all'interno del suo volume; quella che separa i media “caldi”, propri dell'alfabetismo e
dell'età della stampa poi, ai media “freddi”, che nascono con la stessa umanità e ritrovano una
centralità oggi, come per esempio la parola. È una distinzione che nasce a sua volta dall'opposizione
(propria degli anni Cinquanta) tra il jazz “hot” e quello “cool”; il primo tipo di jazz è costituito da
variazioni sincopate su una linea melodica che rimane sostanzialmente stabile, mentre il secondo
tipo di jazz, quello “cool”, mette al centro l'improvvisazione, attraverso la quale la musica nasce
dallo scambio dei musicisti tra loro, con il pubblico e con le sue reazioni. Nel linguaggio di
McLuhan per “hot” si intende infatti un qualcosa di sostanzialmente chiuso, un messaggio che è
quindi completo in sé, mentre per “cool” si intende un qualcosa che è aperto, un messaggio dunque
incompleto che deve essere chiuso e quindi completato. Per quanto riguarda i media caldi c'è un
emittente che agisce ed un destinatario che reagisce, mentre per quanto riguarda quelli freddi c'è un
gioco continuo di reazioni reciproche. Come ci sono media caldi e freddi, esistono anche epoche
calde e fredde. Le prime sono le epoche che si rifanno al libro e alla scuola per esempio, ovvero
epoche che richiedono poca partecipazione da parte del pubblico e si concentrano su un organo
sensoriale alla volta. In questo caso non viene richiesto alcun tipo di interpretazione perché vengono
fornite tutte le informazioni necessarie per comprendere ciò che si vuole comunicare. Le epoche
fredde invece sono frammentarie ed interattive, in quanto chi riceve il messaggio ha il compito di
completarlo. Queste ultime sono epoche molto antiche (pensiamo all'oralità), ma allo stesso tempo
sono anche molto moderne in quanto giungono dopo la stampa, e inoltre, a differenza delle prime,
prevedono una partecipazione multi-sensoriale. La stampa quindi introduce la forma più calda della
storia umana, che si rovescia però con l'elettrificazione, la quale rappresenta la nuova epoca fredda.
Quello che McLuhan aveva in mente, per quanto riguarda la costruzione della sua opera, era un
libro non “hot”, bensì “cool”, ovvero un libro che esistesse attraverso una sorta di dialogo continuo
con le menti del pubblico e quindi del lettore.
Concentriamoci ora interamente sui media, lasciando momentaneamente da parte l'opera del
sociologo canadese. Nella teoria della comunicazione la parola media designa ogni strumento
utilizzato per elaborare, trasmettere, ricevere e conservare messaggi. Ciò che ricaviamo da questa
definizione è che sono media non solo gli apparecchi tecnici come il telefono e la televisione, ma
anche tutte quelle pratiche strettamente umane e basate sull'uso di funzioni corporee, come per
esempio il gesto. Sono inoltre numerose le proposte di classificazione. Pensiamo come prima cosa a
ciò che distingue i mass media di massa ai mass media interp