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A
la zona vuota di fluido), con a destra uno stelo meccanico che esce, sottoposto ad una forza resistente che si
contrappone al fluido all’interno del martinetto. Nella figura a destra, invece, abbiamo una collocazione
totalmente invertita.
Nel caso a spinta, quindi il fluido entra e ciò fa azionare il pistone, che si muove in direzione opposta al carico
resistente; per cui si ha che:
Nel caso a trazione, invece, abbiamo un carico resistente in direzione opposta rispetto al caso precedente,
per cui sostanzialmente il pistone rientra:
Analizziamo adesso i martinetti a doppio effetto: sono
riportate due linee di impianto (Q e Q ), per cui le condizioni
A a
operative sono doppie, e corrispondono a F per il caso a
out
spinta precedente ed F per il caso a trazione, sempre
in
entrambe resistenti.
Il bilancio delle forze terrà conto quindi di due livelli di
pressione: in spinta, si ha l’uscita dello stelo con p imposto allo
a
scarico, mentre, in trazione, si ha il rientro dello stelo con p A
imposta allo scarico.
In una tipologia di moto, con carichi resistenti, il rendimento dell’attuatore sarà data dal rapporto della
potenza prodotta e la potenza ideale, ovvero pari al prodotto tra il rendimento volumetrico ed il
rendimento idromeccanico:
Possiamo considerare il rendimento volumetrico pari a 1 perché ci sono una o più guarnizioni (fughe
trascurabili) e l’effetto della comprimibilità è trascurabile non essendoci un passaggio diretto di fluido dalla
alimentazione allo scarico, mentre il rendimento idromeccanico è funzione del salto di pressione e della
velocità con cui il martinetto si sposta:
La perdita di spinta F è data dalla relazione:
per cui, in definitiva si ha che il rendimento idromeccanico è dato dalla relazione seguente:
Tenendo costanti prima la velocità e poi la variazione di pressione, possiamo ottenere l’andamento grafico
del rendimento idromeccanico. Nel primo caso, si azzera, quando p non è zero, perché occorre comunque
una minima spinta di pressione. Nel secondo caso, il primo tratto è tratteggiato perché si
perde il funzionamento standard del martinetto (a
velocità bassissima), muovendosi in maniera non-
stazionaria, cioè l’olio entra ma il martinetto inizialmente
non si muove ma lo fa in ritardo e la pressione in tutto ciò
decresce a questa repentina accelerazione del martinetto.
In generale, quindi, a basse velocità sorge il problema dello stick-slip (incolla e salta) per cui lo stantuffo si
muove a scatti.
La prestazione del componente è riportata su un piano F-v: in funzione del p di
lavoro sono riportate le curve iso-pressioni e iso-rendimenti, dove le prime sono
decrescenti al crescere della velocità, mentre le seconde (tratteggiate) sono
crescenti.
Passiamo adesso al caso dei carichi trascinanti; per i martinetti a semplice effetto
osserviamo che, nel caso a spinta, il
moto del martinetto è entrante e
coerente con la direzione del carico
trascinante, ed il flusso Q è uscente.
A
Viceversa, per il caso a trazione.
Le relazioni analitiche sono le stesse di prima.
Per i martinetti a doppio effetto ho un’inversione rispetto al carico precedente: F per v e F per v , cioè
out out in in
sono equiverse. I bilanci sono pertanto differenti:
Anche nel caso di carichi trascinanti, possiamo andare a definire il rendimento per l’attuatore:
Nella figura è riportato un martinetto: esso è costituito dalla
testa (è posizionata dalla parte dello stelo), dal mantello, dal
pistone (che separa due camere), dal fondello. Vi è un
accoppiamento tra pistone e stelo con elementi bussole di
guida e di ammortizzamento. Il tutto deve essere accorpato,
per cui vi è un avvitamento per rendere sicuro
l’accoppiamento stelo-pistone-testa. Infine, vi sono delle
guarnizioni.
Lezione 6 aprile 2022
Esistono altre tipologie di martinetti:
-pistone tuffante: il pistone e la corrispondente asta formano un pezzo unico e di uguale diametro. I costi di
produzione sono contenuti ma può essere solo di tipo a semplice effetto. Il ritorno avviene per mezzo di forze
esterne; non tollera forze radiali.
-pistone telescopico: si possono avere corse elevate con lunghezze di ingombro limitate. Occorrono molte
tenute dinamiche e la costruzione è piuttosto complessa (anche il costo è elevato). Può essere a semplice
effetto ed a doppio effetto; non tollera forze radiali.
-servocilindri con trasduttore potenziometrico: sono attuatori lineari a doppio effetto, con incorporato un
trasduttore di posizione dello stelo, che fornisce, in uscita, un segnale analogico proporzionale alla posizione
dello stelo.
Da un punto di vista puramente meccanico, vi sono valutazioni di carico meccanico, secondo la resistenza al
mantello, la cui classica relazione è la “prima formula di Bach”:
Poi si esegue una valutazione sulla resistenza del fondello
saldato, la cui relazione è data da:
Oltre a questi criteri legati alla resistenza, occorre eseguire una valutazione di stabilità a carico di punta in
compressione dello stelo, cioè se per un qualunque motivo si flettesse lo stelo, nascerebbe una coppia che
potrebbe comportare ad una rottura dello stelo stesso. Vi è una correlazione che rapporta le grandezze
geometriche e strutturali dello stelo: dove
Se occorre verificare il carico di punta, dove E=modulo di Young varia a seconda del
materiale, =tensione limite di proporzionalità elastica, n=fattore di sicurezza (4-6). In genere, quando >40,
p
> 10,
allora da cui deriva la formula di Eulero:
La condizione di verifica per carico di punta ≥ deriva dal fatto che lo stelo è sollecitato da una forza F
lim
assiale, tale che occorre verificare due condizioni di resistenza:
- Condizione di resistenza a compressione:
- Condizione di resistenza a carico punta:
Nel grafico viene riportata la correlazione tra la lunghezza libera di
flessione e la spinta sull’asta del carico di compressione. Inoltre, vi sono
delle curve, di diametro d, al fine di valutare, noto un punto, che affinché
sia resistente alla flessione, il diametro d debba essere superiore al
punto indicato.
Inoltre, si fa riferimento a delle dimensioni dei cilindri normate; il diametro
d =D corrisponde al diametro interno del cilindro, mentre d =d è il diametro
1 2
dello stelo.
Il cilindro a tiranti è il più comune e corrisponde all’esecuzione più economica; è dimensionato per pressione
nominale pari a 160 bar, e comprende 10 alesaggi (d ) da 25 a 200mm, a ciascuno dei quali sono associati
1
due diametri di stelo d , come sotto indicato:
2
Il cilindro saldato, con mantello a sezione tonda, è adatto a condizioni d’impiego severe e può essere
facilmente pulito; è dimensionato per pressione nominale pari a 160 bar e comprende 18 alesaggi (d ). Ai
1
primi 10 alesaggi (da 25 a 200 mm) è associato un solo diametro d come sotto indicato:
2
A ciascuno degli 8 alesaggi maggiori, corrispondono tre diametri di stelo:
La scelta del martinetto prevede la valutazione di diverse grandezze, come il carico nominale di lavoro F ,
n
la lunghezza libera di inflessione L , la pressione nominale di lavoro p e la tensione limite di proporzionalità
k n
elastica , al fine di andare a definire il diametro dell’alesaggio D ed il diametro dello stelo d.
p
In definitiva, scelto dalla norma il tipo di cilindro (a tiranti o saldato) e l’alesaggio d prossimo superiore al
1
valore D (d ≥D), si vede se il corrispondente diametro di stelo d sia d ≥d: se non è verificato si aumenta
1 2 2
l’alesaggio d della norma, mentre se è verificato definisco il d ed il d scelti inizialmente.
1 1 2
6. ACCUMULATORI IDRAULICI
Gli accumulatori idraulici sono delle capacità che vengono riempite o svuotate per determinate esigenze,
per essere inserite nei circuiti idraulici. Le tipologie di questi accumulatori sono molteplici:
-accumulatore a gravità: c’è un serbatoio, riempito di olio del fluido, e alla sua estremità c’è una superficie
che può muoversi per effetto della forza di gravità. Il fluido di lavoro interno assume una
pressione costante, in funzione del volume, che è pari a F/A, per cui si immagazzina una
quantità di energia (E=PV) pari a:
Ha il vantaggio di avere una pressione costante ma ha il vincolo della disposizione verticale.
-accumulatore a molla: in questo caso, a differenza del caso precedente, la parte mobile è movimentata da
una molla di contrasto e quindi decade il vincolo del posizionamento verticale. La pressione
interna non è costante ma va da un valore minimo ad un valore massimo perché quando la faccia
di pistone scende, la molla si allunga e viceversa quando sale, la molla si comprime.
-accumulatore a gas compresso: sono i più utilizzati, poiché non vi sono elementi meccanici ma un gas
compresso, cioè l’azoto. Con la tipologia a pistone si incontrano problemi di tenuta e contaminazioni; la scelta
è quindi orientata verso accumulatori a secco o membrane. Quelli a secco sono i più impiegati, quelli a
membrana vengono utilizzati nel caso di piccoli volumi di liquido.
Esistono vari scopi nell’utilizzo di questi accumulatori:
-riserva di liquido ed accumulo di energia: Quando si richiedono per brevi intervalli di tempo elevate portate
di fluido, la pompa non viene scelta per la massima portata. Durante il ciclo quando la portata richiesta è
inferiore alla portata della pompa il fluido eccedente carica un accumulatore da cui viene prelevato quando
è richiesta una portata superiore;
-reintegro dei trafilamenti: le perdite di liquido vengono compensate consentendo di mantenere le utenze
nella posizione raggiunta;
-mantenimento in pressione: si conserva la forza di chiusura dei dispositivi di serraggio;
-apparecchio di emergenza: in caso di disfunzione del gruppo pompa;
-recupero energetico: l’accumulatore può recuperare energia, nei sistemi caratterizzati da fasi di frenatura;
-compensazione delle dilatazioni: affinché variazioni di temperatura dell’olio non provochino variazioni di
pressione;
-smorzatore: per ridurre le pulsazioni di pressione ed assorbire le punte generate da brusche regolazioni di
valvole (colpo d’ariete).
Il dimensionamento degli accumulatori a sacca prevede alcuni dati caratteristici come V =volume di fluido
u
utilizzabile erogato/assorbito, V =volume totale (massimo volume), p0=pressione di precarica (pressione
0
assoluta del gas azoto entro la sacca ad accumulatore vuota), p =pressione di precarica