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FOTOPOLIMERIZZAZIONE A DUE FOTONI DA ESAME!
Direct Laser Writing:
Esistono in nanotecnologia approcci tradizionali come la fotolitografia che hanno limitazioni che non
permettono di avere un grado di riproduzione soddisfacente. Uno dei problemi fondamentali è la
realizzazione di strutture 3D. Utilizziamo materiali in grado di solidificare o solubilizzare se stimolati da una
sorgente radiante come la radiazione ultravioletta che è molto energetica ma soffre dell’incapacità di
penetrazione in strutture abbastanza spesse. Inoltre siamo limitati dal fatto di dover utilizzare delle
maschere.
La direct laser writing supera questi limiti. Il punto fondamentale è la sorgente radiante che usiamo per
ottenere le strutture, non usiamo UV ma radiazione nel vicino infrarosso.
Fotopolimerizzazione a due fotoni:
invece di usare un fotone nell’intervallo UV usiamo due fotoni a una lunghezza d’onda doppia, vicino
infrarosso ma con medesimo contenuto energetico (legge di plank). Col vicino infrarosso abbiamo delle
capacità di penetrazione molto più elevata rispetto all’UV e riusciamo a realizzare strutture 3D. invece di
lavorare solo la superficie riusciamo a lavorare volumi, passiamo dai pixel ai voxel. Viene utilizzato un laser
come un pennello in grado di scrivere direttamente in 3D la struttura che vogliamo realizzare, non abbiamo
bisogno della maschera. Il laser è guidato da un software seguendo il disegno della struttura che vogliamo
riprodurre. Due fotoni perché l’intervallo con cui il resist viene colpito dai fotoni è talmente ravvicinato che
ne vede arrivare due contemporaneamente. Due fotoni si riferisce all’intervallo di raggiungimento dei
fotoni alla struttura che stiamo lavorando. I fotoni sulla superficie vengono percepiti come se arrivassero in
contemporanea, il materiale vede l’energia come se arrivasse da un singolo fotone nell’ultravioletto.
L’energia dei due fotoni del vicino infrarosso si somma arrivando a una energia analoga a un singolo fotone
UV. Focalizziamo lo spot del laser in una zona ridimensionale ben precisa che è il voxel di realizzazione. tutti
gli altri piani focali sopra e sotto non ricevono abbastanza energia da indurre la transizione chimica, la
resina non polimerizza perché i fotoni non arrivano sufficientemente in contemporanea. Solo nella zona di
lavorazione il materiale percepisce i due fotoni come contemporanei, nelle altre zoni giungono uno alla
volta e l’energia percepita non è sufficiente da indurre la variazione di conformazione chimica del
materiale. I materiali devono essere trasparenti nel vicino infrarosso e devono essere polimerizzabili
nell’ultravioletto (lunghezza d’onda che corrisponde al contenuto energetico che stanno arrivando nel
vicino infrarosso). Siamo in un regime ottico non lineare perché stiamo usando due fotoni e non vale il
limite classico della diffrazione, riusciamo ad ottenere strutture con una risoluzione minore rispetto a
quella della lunghezza d’onda; questo nella litografia standard non è possibile, siamo sempre limitati in
risoluzione dalla lunghezza d’onda del fotone. 23
Lavorazione:
Si parte da n vetrino trasparente posizionato sopra il vetrino che va a focalizzare il laser. Sopra al vetrino
viene posizionata una goccia della resina viscosa con cui vogliamo produrre la struttura. Comandiamo il
laser che disegna tridimensionalmente la struttura. Con il processo di sviluppo laviamo via tuto il resist che
non è stato polimerizzato ed alla fine abbiamo la struttura desiderata. Si ottiene una struttura con grado di
risoluzione e fedeltà altissimi.
Svantaggi: prezzo: questa macchina costa fino a 800mila €; velocità di fabbricazione: tempi molto lunghi,
lentezza di realizzazione di forme complesse. Nei lunghi tempi possono esserci variazioni dell’ambiente
(temperatura, umidità) che possono corrompere la lavorazione ad esempio causando uno spostamento del
fuoco o del vetrino. Con specchi galvanometrici si possono velocizzare i tempi di lavorazione.
Parallelamente è seguito uno studio dei materiali per la polimerizzazione a due fotoni:
Si è partiti dai classici materiali della fotopolimerizzazione tradizionali. Si vogliono materiali in gradi di
superare i limiti dei materiali tradizionali. Sono stati realizzati materiali di origine naturali come collagene e
elastina modificati con gruppi acrilici che li rendono sensibili alla radiazione UV e sono stati realizzati
scaffold. Si cerca ora di utilizzare dei materiali che sono metamateriali, in gradi di cambiare le proprietà
proprietà chimico fisiche per realizzare una fotopolimerizzazione 4D, strutture 3D in grado di cambiare nel
tempo le proprie proprietà.
Esempio di struttura realizzata con fotopolimerizzazione a due fotoni:
Nanomateriali piezoelettrici. Un materiale piezoelettrico è un materiale che sottoposto a sollecitazione
meccanica è in grado di generale campi elettrici sulla sua superficie. Vogliamo realizzare nanotrasduttori in
grado di generare stimolazione elettrica alle cellule. Il materiale usato è il titanato di bario, peroschite con
un reticolo cristallino che può essere tetragonale o cubico. Il tetragonale presenza piezoelettricità, quello
cubico no a causa della simmetria che bilancia le cariche e non genera dipoli. Stimoliamo le nanoparticelle
con una sorgente meccanica come vibrazioni o ultrasuoni, queste si polarizzano, generano campo elettrico
e stimolano le componenti biologiche adiacenti. Possiamo usarle come vettori inglobati nelle cellule oppure
possono essere usate come stimolatori esterni. Le particelle di titanato di bario sono altamente
biocompatibili, sono facilmente sintetizzabili e sono a basso costo, hanno proprietà ottiche per cui
possiamo visualizzarle usando laser senza utilizzare fluorofori. L’idea è stata di utilizzare le nanoparticelle di
titanato di bario per andare a modificare le proprietà fisiche del resist che stiamo utilizzando in
fotopolimerizzazione a due fotoni e quindi impartire proprietà piezoelettriche allo scaffold. Otteniamo uno
scaffold attivo che oltre alla stimolazione topografica è in grado di dare anche una stimolazione fisica. Le
cellule sono sensibili ai campi elettrici. Sono state mescolate le particelle di titanato di bario col resist della
fotopolimerizzazione a due fotoni e si sono realizzate delle strutture. Il grado di finitura delle strutture è
alterato dalla presenza delle nanoparticelle ma la fotopolimerizzazione avviene ugualmente e otteniamo
strutture tridimensionali. Applicando un campo elettrico si è studiata la deformazione del materiale
attraverso al cantilever dell’AFM. È stato realizzato l’Osteoprint dopato con le nanoparticelle di titanato di
bario per avere stimolazione topografica data dalla geometria e stimolazione fisica conferita dalla presenza
di titanato di bario piezoelettrico. Sfruttando le proprietà piezoelettriche dello scaffold si è sottoposta la
coltura cellulare a stimolazione tramite ultrasuoni. Le cellule cresciute sugli Osteoprint e stimolati da
ultrasuoni hanno dimostrato un fenotipo migliore rispetto alle altre colture cellulare in termini di
espressione genica e di deposizione di Idrossipatite. 24
Studio riproduzione barriera ematoencefalica:
Sistema fluidico per riprodurre il sistema vascolare cerebrale con riproduzione in scala 1:1. I vasi riprodotti
presentano delle fenestrature come i vasi naturali. Sono stati ricoperti i sistemi di tubi con le cellule
endoteliali così da riprodurre in scala 1:1 la barriera encefalica. Le cellule coltivate impediscono il passaggio
di sostanze dall’interno all’esterno del microtubo. Sistemi Biomimetici Ciofani 03.05.17
Sistemi bioispirati al mondo vegetale:
Andando ad osservare come le piante crescono, come alcuni dispositivi biologici sviluppati dalle piante si
sono sviluppati ei dispositivi biologici ispirati a questi meccanismi di attuazione. Sono dispositivi con alcune
caratteristiche limitate ma utili in numerose applicazioni biomedicali.
Studiando i sistemi di movimentazione delle piante si vede che si ha una classificazione dei movimenti
generati nel mondo vegetale:
Movimenti passivi: dei semi, frutti che cambiano la conformazione sulla base dell’umidità ambientale,
inducono movimento ma non controllato in modo attivo dall’organismo vegetale.
Movimenti attivi: controllati dall’organismo, possono essere reversibili o irreversibili.
La crescita della pianta è una movimentazione attiva e irreversibile, stessa cosa a livello delle radici che
riescono a individuare un ostacolo e ad aggirarlo tramite un sistema si sensing; è un sistema meccatronico. I
movimenti reversibili invece sono ad esempio i fiori che di notte si richiudono e di giorno si riaprono,
oppure il girasole, i movimenti rapidi delle piante carnivore. Esiste anche una serie di sottosuddivisioni.
Il meccanismo di movimentazione della pianta carnivora rappresenta un modello robotico. Vengono
studiate le componenti energetiche del sistema elastico, sistema molto efficiente. Le forze sono basse ma
le velocità sono notevoli.
La mimosa pudica richiude le foglie con l’umidità ambientale, basta l’umidità di un dito per farle richiudere.
Hanno una lunghezza tipica dell’attuatore di qualche mm, lunghezza della foglia. I tempi di attuazione sono
veloci.
Alla base di ognuno di queste tipologie di movimento attivo c’è la pressione osmotica, sono generati
attraverso attuatori osmotici. La differenza di pressione osmotica fuori e all’interno della cellula genera la
pressione di rigonfiamento grazie alla quale la pianta riesce a generare una forza attiva verso l’ambiente
esterno. La forza di resistenza che viene fornita dall’ambiente esterno è legato alla pressione di crescita
data dalla pressione di Tugor e la pressione dell’ambiente esterno. La pressione di Turgor consente alla
radice di crescere e di potersi muovere nel terreno. La pressione osmotica è definita dalla legge di Van
f’Hoff: P=ΔC*R*T
Un sistema può essere rielaborato in modo artificiale attraverso camere di pressioni osmotiche. Le
pressioni osmotiche sono generate da acqua in movimento dove abbiamo due comparti, uno con maggiore
concentrazione di specie ionica e uno con minore concentrazione. L’acqua si muove da una camera all’altra.
Nel dispositivo abbiamo due camere con specie ioniche separate da una membrana semipermeabile che
consente il passaggio solo dell’acqua. Dovendo arrivare all’equilibrio di concentrazione abbiamo un
passaggio di acqua dalla camera più diluita a quella meno diluita. La membrana deve essere impermeabile
al soluto di cui calcoliamo la pressione osmotica.
Il dispositivo prevede due celle che contengono acqua e sale a diverse concentrazioni separate da
membrana permeabile all’acqua e impermeabile al sale. Per raggiungere un equilibrio di concentrazione si
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