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SISTEMI DI PRODUZIONE LOCALE
Un’altra tipologia di STL si chiama .
Quando si pensa alle strategie di sviluppo industriali e produttive di un territorio si deve pensare a
quei territori con una forte vocazione produttivo industriale e che hanno una forte
specializzazione in determinate attività in quanto caratterizzati da una massiccia presenza di
imprese specializzate in quell’attività. Sono basati su tre dimensioni:
➢ sotto il profilo economico includono un’aggregazione di PMI specializzate su particolari
lavorazioni di fase e in varie forme collegate,
➢ sotto il profilo spaziale si collocano in un’area geografica circoscritta che spesso è
caratterizzata da una propria specificità.
➢ sotto il profilo sociale sono caratterizzate da un sistema omogeneo di valori.
Becattini (1991) è uno dei massimi studiosi al mondo dei sistemi industriali.
SISTEMI PRODUTTIVI LOCALI
I sistemi di produzione locale sono un’etichetta generica e i
sono una declinazione.
Affinchè questi ci siano è sufficiente che ci sia un aggregato di imprese legate da continuità fisica,
da elementi di natura economica e sociale ma non è necessario che ci sia una SPECIALIZZAZIONE
di tutte le imprese nella produzione di un unico prodotto (nelle zone industriali le imprese non
producono lo stesso prodotto: c’è chi produce scarpe, chi produce caffè).
Ci possono essere imprese specializzate nella produzione di componenti, nell’assemblaggio e nella
fornitura di servizi di consulenza e tutte ruotano interno a quel prodotto. La zona industriale è
un’intera area metropolitana.
DISTRETTO INDUSTRIALE
Un’altra declinazione è il . È un modello che nasce in Italia.
È un’aggregazione di PMI in un contesto territoriale limitato (alcuni Comuni vicini o una parte di
una Regione). A livello locale nel Salento c’era il distretto calzaturiero, in Toscana c’è il distretto
delle pelli e il nome rappresenta il prodotto su cui questi aggregati di imprese sono specializzate.
Ciò che rende unico il distretto è il fatto che queste imprese vivono all’interno di un sistema.
Infatti gli imprenditori sono legati da vincoli di parentela e di amicizia e si crea una situazione tale
per cui si condivide conoscenza e si cerca di collaborare.
L’ECCELLENZA del Made in Italy e il successo dei distretti italiani nasce sicuramente dalla qualità
delle materie prima ma anche dall’affiatamento che c’è tra le persone.
È come se fosse un SISTEMA PRODUTTIVO con grandi elementi di umanità, di relazioni sociali che
sono informali. È una realtà italiana e gli altri paesi cercano di imitarci ma non ci riescono perchè
sono abituati a vincoli formali, cioè ai contratti.
I distretti industriali in Italia possono essere pensati come se fossero dei piccoli pianeti, cioè STL a
tutti gli effetti.
Pensando ad una strategia per lo sviluppo industriale di un territorio in cui è presente un
distretto, bisogna considerare questo distretto come un’entità a se stante e non come la somma
di imprese perché il tutto supera la somma.
AREE SISTEMA
Le sono un concetto un po’ ambiguo perché sono un aggregato di imprese non
necessariamente specializzate nella produzione di un unico prodotto ma sono concentrate spesso
in un’area geografica un po’ troppo limitata.
Ad esempio, nelle aree portuali, ci crea un sistema perché si concentrano tante imprese: c’è chi
produce servizi, chi gestisce i magazzini, chi si occupa del trasporto e della movimentazione delle
merci). Tutte sono concentrate nell’area portuale.
Pensare ad una strategia di MT per un’area un po’ troppo limitata come può essere il porto, fa
venire meno il concetto di STL a meno che non si tratti di una zona sufficientemente grande: il
porto di Bari è molto più piccolo del porto di Rotterdam.
Bisogna contestualizzare le situazioni e vedere se la dimensione geografica del sistema giustifica
l’esistenza di una strategia di MT.
Le aree sistema sono state introdotte nel dibattito scientifico come modello di organizzazione
produttiva ma non tutti gli autori sono concordi nell’attribuirgli la natura di STL.
I SISTEMI TERRITORIALI LOCALI
IN UN’OTTICA DINAMICA
Esiste una duplice criterio di classificazione dei STL i quali possono essere studiati in un’ottica
STATICA e in un’ottica DINAMICA.
I legami tra i comuni di un STL possono essere relazioni di natura geografica (due Comuni sono
adiacenti), di natura sociale (perché legate a culture condivise, tradizioni) e di natura economica
(le imprese hanno la filiale in entrambi i comuni, rapporti commerciali).
Classificare i STL in un’ottica statica vuol dire focalizzare l’attenzione unicamente sui nodi e
classificare i STL in un’ottica dinamica vuol dire concentrarsi non solo sui nodi ma anche sulle
relazioni, studiandone il tipo.
Sono due le declinazioni che devono essere prese in considerazione e che sono un po’ legate al
MILIEUS INNOVATEURS RETI DI IMPRESE
concetto di network (rete): e .
Il primo è un concetto francese ed è stato visto come la configurazione di una rete di imprese
possa facilitare o meno la diffusione delle innovazioni.
Se abbiamo due distretti, se le imprese sono localizzate in più distretti, quindi in più STL, si
studiano non solo le relazioni all’interno dei STL ma anche quelle che esistono tra i diversi STL:
un’impresa Veneta acquista materiali da un’impresa che si trova in Toscana.
Secondo la teoria delle reti, i legami tra le imprese all’interno di ciascun STL si chiamano FORTI
perché intensi e frequenti data la vicinanza geografica mentre i legami tra le imprese che si
trovano in diversi STL si chiamano DEBOLI.
Nella diffusione delle innovazioni su un ampio territorio, ciò che fa la differenza sono i legami tra i
due STL, cioè non la forza dei legami tra i nodi una rete ma la presenza di legami anche deboli fra
nodi di reti diverse.
Per esempio in un istituto c’è una classe di studenti bravi in inglese e una classe di studenti bravi in
matematica e l’obiettivo dell’istituto è scrivere un libro di matematica in inglese che può uscire se
e solo se c’è uno bravissimo in matematica e sa un po’ di inglese e uno bravissimo in inglese e sa
un po’ di matematica perché solo così questi possono collaborare.
Quando si vuole far crescere un territorio, la collaborazione tra entità apparentemente distanti è
fondamentale.
RETI IN DIMPRESE
Le sono una declinazione pratica e possono nascere in diverso modo.
Possono essere:
• informali, quando si verifica il fenomeno della sub fornitura: c’è una casa madre-
un’impresa principale come Fiat produce e vende assemblando componenti prodotte dalle
imprese satelliti;
• preordinate, che nascono con il processo spin off: una grande impresa produce all’interno
macchinari o componenti da poi assemblare e allo stesso tempo le squadre di operai e
manager specializzate in quell’attività si distaccando e si mettono in proprio diventando
un’impresa a se stante;
• pianificate e nascono a tavolino (le imprese scelgono di collaborare allo stesso livello
gerarchico, non necessariamente a livelli gerarchici diversi per portare avanti un progetto
JOINT VENTURE
comune e si chiamano ).
L’ultimo è un fenomeno molto frequente nelle imprese specializzate in prodotti tecnologici e
imprese automobilistiche perché possono collaborare allo sviluppo di un nuovo motore o sistema
di freni. Non c’è necessariamente un rapporto di gerarchia ma un rapporto di collaborazione a
pari livello.
Le joint venture possono avere natura anche transnazionale (con un’impresa giapponese) e viene
meno l’elemento della territorialità ma se fatte a livello locale (un’impresa di Casarano collabora
con un’impresa di Taviano) c’è il requisito della territorialità e della località.
I SISTEMI TERRITORIALI LOCALI
SALENTINI
CLUSTER ANALYSIS
La è un’analisi statistica che nel marketing aziendale corrisponde alla
segmentazione (si prende il portfolio clienti e li segmenta: donne, uomini, giovani, anziani).
Ha raggruppato i 97 comuni della Provincia di Lecce in 4 CLUSTER, cioè 4 STL, sulla base di 968
variabili, di cui 155 sociali, 540 economiche e 273 geografiche (numero di strade, hotel, musei,
ristoranti, imprese, srl, sas, spa, attrazioni turistiche, centri storici importanti, parchi, numero
disoccupati, donne, uomini).
Quindi le variabili sono utilizzate come criterio di clusterizzazione.
STL COSTIERO
Lo stato ottimale è la coincidenza tra vocazione e immagine e il è un esempio
tra ciò che è (vocazione turistica) e il modo in cui è percepito (immagine turistica). Comprende 10
Comuni che godono di una posizione geografica privilegiata sul mare e da sempre hanno una
spiccata dotazione di risorse di natura turistica.
GALLIPOLI non fa parte di questo STL perché, sebbene sia la destinazione turistica per eccellenza
per il turismo balneare, rispetto agli altri comuni lungo la costa somiglia più ad una cittadina che
non ad una località balneare: c’è un tribunale, c’è un ospedale e ci sono delle attività economiche
che non sono presenti come intensità nelle altre destinazioni come Otranto, Porto Cesareo e
Ugento. STL OCCIDENTALE
Appartiene al , che comprende 30 Comuni e ha una vocazione industriale
produttiva, incongruente all’immagine turistica.
Bisogna muoversi nella direzione di far coincidere le due situazioni: o si cambia l’immagine per
renderla aderente alla vocazione o si cambia la vocazione per renderla aderente all’immagine. È
uno dei problemi più importanti e difficili da risolvere in tutto il MT.
➢ È difficile CAMBIARE LA VOCAZIONE di un territorio perché significa riconvertire tutte le
risorse già presenti (nel nostro caso da industriali a turistiche); qualora questo non fosse
possibile perché non tutte si possono riconvertire, creare infrastrutture turistiche ex novo
attraverso ingenti investimenti.
Per esempio, gli hotel abituati ad ospitare manager e lavatori che si muovono per trasferte,
devono spostare il proprio target verso i turisti oppure si deve cercare di trasformare un
porto commerciale o petrolifero in porto per crociere. BRINDISI è il primo punto di arrivo
per i turisti stranieri sia per il porto sia per l’aeroporto e dovrebbe collaborare con Lecce
per creare delle sinergie.
➢ Si può lavorare SULL’IMMAGINE, cioè sulla percezione della gente. È