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FONTI DI PRODUZIONE
Quando parliamo di fonti di produzione rispondiamo alla domanda “chi può porre norme in materia
ecclesiastica ?” e cioè cerchiamo di capire chi è il soggetto che ha il potere di disciplinare la
dimensione religiosa dei singoli e dei gruppi.
Allo stesso tempo quando parliamo di fonti di produzione concentriamo la nostra attenzione sulla
correttezza del procedimento che viene utilizzato per produrre norme in maniera conforme
all’ordinamento giuridico italiano.
Il tema delle fonti di produzione in materia ecclesiastica si basa su un principio fondamentale, che è
sancito dall’art. 117 secondo comma lettera c) della Costituzione.
Questo articolo stabilisce che i rapporto tra la Repubblica italiana e le confessioni religiose sono
riservati in via esclusiva alla legge del Parlamento italiano e quindi alla funzione legislativa dello
Stato. Questo significa che le regioni non hanno competenza per ciò che riguarda i rapporti con le
confessioni religiose anche quando rappresentanti di queste confessioni si trovano nel territorio
della regione. Tutto ciò che riguarda l’azione delle confessioni religiose in Italia è determinato in
via esclusiva dal Parlamento italiano con una legge. In questo modo la fonte individuata ( la legge )
offre maggiori garanzie di tutela per l’autonomia delle confessioni stesse. Anche in questo caso però
questo principio costituzionale è parzialmente messo in crisi dalle confessioni religiosi non
tradizionali. Come abbiamo già sottolineato lo stato italiano riesce ad instaurare un dialogo efficace
con le confessioni religiose fortemente strutture-organizzate in modo gerarchico che esprimono un
rappresentante certo. In questo caso lo stato riesce ad interloquire e la legge del Parlamento
garantisce il rispetto di questo dialogo. Nel caso invece di confessioni religiose che non hanno una
struttura gerarchica e che non sono in grado di esprimere un unico interlocutore il fatto di attribuire
solo allo stato il potere di disciplinare i rapporti con queste confessioni religiose è spesso un fatto
più negativo che positivo; ciò in quanto lo stato non riesce a trovare un interlocutore unico e quindi
non riesce a legiferare, mentre le regioni ( che sono più vicine alle realtà locali e più in grado di
cogliere le specificità dei gruppi religiosi non organizzati ) non possono legiferare. Il risultato è che
queste confessioni religiose sono prive di una normativa specifica.
Pur tuttavia anche con la Riforma, in senso federalista, della nostra Costituzione ( attuata dalla
Legge n. 3 del 2001 ) la competenza sui rapporti con le confessioni religiose è rimasta in via
esclusiva allo stato, perché si è ribadito il principio secondo cui solo lo stato ( e quindi non le
regioni ) è in grado di entrare in trattativa con le confessioni religiose e soprattutto solo lo stato ha
un potere legislativo veramente funzionale alla tutela della libertà religiosa dei singoli e
dell’indipendenza delle confessioni religiose.
Stabilito questo principio vediamo come viene prodotto il diritto in materia ecclesiastica.
Il primo elemento è: fenomeno dell’alternanza fra leggi ordinarie e leggi costituzionali. Ciò in
quanto nell’ambito delle norme che riguardano il fenomeno religioso esistono delle materie che
possono essere disciplinare sia da una legge ordinaria ( legge prodotta dal nostro Parlamento
secondo procedimento ordinario ) sia da una legge costituzionale ( prodotta dal nostro Parlamento
seguendo però il procedimento aggravato ossia procedimento di revisione costituzionale ).
Questa alternanza si verifica per tutte quelle materia che sono disciplinate dalle leggi di esecuzione
dei Patti Lateranensi o dalle leggi di esecuzione delle intese con le confessioni religiose diverse
dalla cattolica.
Questa alternanza perché si realizza e come avviene?
La legge di esecuzione dei Patti Lateranensi è una legge ordinaria protetta dall’art. 7 secondo
comma della Costituzione e quindi una legge ordinaria che non può essere modificata da un’altra
legge ordinaria. Lo stessi meccanismo si ha con le leggi di esecuzione delle intese con le
confessioni religiose diverse dalla cattolica. Si tratta di leggi ordinaria costituzionalmente coperte,
quindi non possono essere modificate da leggi ordinarie. Queste leggi possono essere modificate in
due modi:
1. Lo stato e la chiesa cattolica o lo stato e le altre confessioni religiose decidono di modificare
i loro precedenti accordi, modificano l’accordo e l’accordo modificato è eseguito con una
legge ordinaria. Quindi una legge ordinaria va a modificare una legge costituzionalmente
protetta. In questo caso si parla di: decostituzionalizzazione delle norme garantite.
2. Una modifica unilaterale della legge di esecuzione dell’accordo attraverso una nuova legge
che però deve essere emanata seguendo il procedimento di revisione costituzionale.
Questa seconda ipotesi non si è mai verificata.
Nel primo caso abbiamo una legge ordinaria costituzionalmente protetta, perché lo stato italiano per
dimostrare la sua serietà alle confessioni religiose prevede che questa legge non possa essere
modificata dal parlamento italiano se non con un procedimento di revisione costituzionale
( procedimento molto complesso ).
Ora…
• Se stato e chiesa sono d’accordo a cambiare questa legge ordinaria costituzionalmente
protetta è sufficiente anche una legge ordinaria, che in teoria non ha il potere di modificare
una legge costituzionalmente protetta. In questo caso è possibile perché l’impegno che lo
stato ha assunto con la confessione religiosa non è venuto meno. Si tratta di una peculiarità
del diritto ecclesiastico.
• Se stato e chiesa non sono d’accordo a cambiare questa legge ordinaria costituzionalmente
protetta allora è necessario seguire il procedimento di revisione costituzionale. Però ad oggi
una legge esecutiva di una accordo dello stato con una confessione religiosa non è stata mai
modificata unilateralmente dal parlamento italiano ( ossia in assenza di accordo con la
chiesa )
Rapporto fra: legislatore italiano e legislatore europeo
Il diritto dell’UE disciplina a pieno titolo il fenomeno religioso. Questo diritto entra a far parte delle
fonti di produzione del diritto ecclesiastico italiano in 2 forme:
• il Trattato di Lisbona del 2007 ( in vigore dal 2009 )
• la Carta di Nizza del 2000 ( sancisce i diritti e le libertà fondamentali di ogni cittadini
dell’UE )
Le norme sul fenomeno religioso del Trattato di Lisbona e della Carta di Nizza sono parte integrante
del diritto ecclesiastico italiano. Ciò in ragione soprattutto dell’art. 11 primo comma della
Costituzione con il quale lo stato italiano si impegna a limitare la propria sovranità e quindi il
proprio potere legislativo quando si tratta di garantire la pace e la sicurezza tra le nazioni. Il diritto
dell’UE in materia religiosa rientra nella logica dell’art. 11 e anzi questo diritto prevale sul diritto
nazionale come riconosciuto dalla Corte Costituzionale. Tale criterio di prevalenza però incontra 3
limiti:
1. Principio di attribuzione → La norma europea deve rientrare in quelle materie per le quali lo
stato italiano ha riconosciuto competenza all’UE.
2. Principio della maggiore tutela dei diritti inalienabili della persona
3. Rispetto del nostro assetto costituzionale
Come operano questi limiti?
Se la norma europea tutela la persona meno della norma italiana → prevale la norma italiana.
Se la norma europea nega un principio fondamentale per il nostro ordinamento → prevale la norma
italiana.
Dopo il diritto dell’UE il terzo soggetto competente ossia la terza fonte di produzione del diritto
ecclesiastico italiano è data dagli accordi internazionali di natura bilaterale o multilaterale che lo
stato italiano ha stipulato. Questi accordi riguardano nella stragrande maggioranza dei casi il tema
della libertà religiosa. A questi accordi specifici si affiancano poi le norme di diritto internazionale
generale. Si tratta di norme vincolanti sempre in ragione dell’art. 10 primo comma della
Costituzione.
Come stabilito dall’art. 117 primo comma della Costituzione → il legislatore italiano ( statale e
regionale ), quando emana delle leggi, deve rispettare: la nostra Costituzione, il diritto europeo e il
diritto internazionale. Ciò vale anche quando il legislatore italiano deve emanare norme in materia
religiosa. La Corte Costituzionale ha qualificato le norme di diritto europeo e di diritto
internazionale come norme interposte o sub-costituzionali. Questo significa che nella gerarchia
delle fonti del diritto queste norme vengono subito dopo la nostra Costituzione.
Nel caso di contrasto tra: una legge ordinaria italiana e una norma europea immediatamente
applicativa ( es: regolamento ), va a prevalere la norma europea. Se invece la norma europea non è
immediatamente applicativa, allora va a prevalere la norma italiana però il giudice italiano deve
sollevare questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale facendo valere il contrasto tra la
norma interna e la norma europea.
Quando il fenomeno religioso non è oggetto di disciplina costituzionale, di normativa pattizia, di
normativa europea o di normativa internazionale viene disciplinato dal legislatore italiano e in
questo caso non ci sono particolari problemi. Le problematiche sorgono però quando la legge
emanata dal legislatore italiano serva ad applicare quanto stabilito dalla legge che ha eseguito un
accordo tra stato e confessioni religiose. In questo caso si pone il problema del margine di libertà
del legislatore ordinario.
Questa applicativa, prodotta dal legislatore italiano, deve essere conforme alla legge di
esecuzione dell’accordo o se ne può discostare ?
Il problema si è posto dopo il Concordato del 1929, quando la Costituzione vigente era lo Statuto
Albertino ( norma flessibile ) e soprattutto il problema si è posto per 2 leggi:
• Legge n. 847 del 1929
• Legge n. 848 del 1929
La prima dettava norme applicative sul matrimonio.
La seconda dettava norme applicative sugli enti ecclesiastici.
Queste leggi applicative non riprodussero interamente ciò che era stato concordato con la chiesa
cattolica, pur tuttavia erano due leggi valide sia perché erano successive alla Legge n. 810 del 1929
sia perché erano leggi speciali che prevalevano sulla Legge n. 810 del 1929.
Il fenomeno religioso può essere disciplinato:
• dal legislatore costituente
• dal legislatore europeo
• dal diritto internazionale generale
• dal diritto internazionale convenzionale
• dal diritto ordinario
• dalla Pubblica Amministrazione