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ORGANI DEL FALLIMENTO
La procedura fallimentare si compie attraverso il concorso di quattro uffici:
Tribunale;
Giudice delegato;
Curatore;
Comitato dei creditori.
Tribunale
Il tribunale è il protagonista, apre la procedura dichiarando il fallimento. Il
tribunale nomina il giudice delegato e il curatore, può revocarli e sostituirli
per giustificati motivi.
Il tribunale vigila sull’operato degli altri organi, si parla di un rapporto di
sovraordinazione. Tale sovraordinazione si esprime nel suo potere di
decidere su tutte le controversie relative alla procedura che non siano di
competenza del giudice delegato.
Art. 23 Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito
dell'intera procedura fallimentare; provvede alla nomina ed alla
revoca o sostituzione, per giustificati motivi, degli organi della
procedura, quando non è prevista la competenza del giudice
delegato; può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore,
il fallito e il comitato dei creditori; decide le controversie relative alla
procedura stessa che non sono di competenza del giudice delegato,
nonché i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato.
I provvedimenti del tribunale nelle materie previste da questo articolo
sono pronunciati con decreto, salvo che non sia diversamente
disposto.
Le competenze individuate dall’art. 23 sono indicate come competenze
interne, che riguardano la gestione della procedura.
Art. 24 Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a
conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il
valore.
L’art.24 individua invece le competenze esterne, ovvero tutte quelle
azioni o competenze che derivano dal fallimento. Si tratta di cause
assimilabili ad un giudizio ordinario, ma che trovandosi in un procedimento
fallimentare vengono trattate dal tribunale fallimentare.
La questione dell’individuazione delle cause non sussiste nel momento in cui
è la legge stessa a rimettere determinate competenze al tribunale. Il
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problema sorge nel momento in cui non abbiamo una previsione normativa,
devono considerarsi cause derivanti dal fallimento, anche quelle che non
potrebbero esistere a livello giuridico se non in presenza del
fallimento come l’azione revocatoria fallimentare.
L’azione revocatoria art. 2901 c.c. è quella attraverso la quale un
creditore può far dichiarare l’inefficacia di un atto a lui pregiudizievole.
Sfondo dell’art. 2740 c.c. responsabilità patrimoniale. Un atto attraverso il
quale il debitore si spoglia di determinati diritti sui bene diminuisce la
possibilità di trovare soddisfacimento di un debito. Il creditore quindi può
reagire attraverso diverse azioni, tra cui l’azione revocatoria.
Nella legge fallimentare art. 67 c’è un’azione revocatoria fallimentare,
il curatore può esperire un’azione revocatoria fallimentare. I presupposti di
tale azioni sono diversi rispetto al codice civile e sono più rigorosi nel caso di
fallimento.
Il curatore deve chiamare in giudizio il debitore, ovvero il fallito, e un terzo.
Attraverso questa azione si fa perdere efficacia giuridica ad un atto
compiuto dal debitore volto a minare la par condicio creditorum. La finalità è
quella di ricostruire l’attivo in modo tale che possa essere soddisfatto un
numero maggiore di creditori.
L’azione revocatoria fallimentare ai sensi dell’art. 67 è un’azione che
deriva dal fallimento e quindi va sottoposta al tribunale ai sensi
dell’art.24. Il curatore potrebbe anche invocare l’art. 2901 c.c. per rendere
inefficaci determinati atti.
Art. 66 Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli
atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le
norme del codice civile.
L'azione si propone dinanzi al tribunale fallimentare, sia in
confronto del contraente immediato, sia in confronto dei suoi aventi
causa nei casi in cui sia proponibile contro costoro.
L’art. 66 co.2 chiarisce l’utilizzo affermando che l’azione deve essere fatta
dinanzi al tribunale fallimentare, di conseguenza l’art. 2901 c.c. non è
applicabile.
Giudice delegato
Il giudice delegato viene nominato dal tribunale, art. 25 – 26 come
giudice singolo del tribunale fallimentare ha fondamentalmente funzioni
interne alla procedura divisibili in azioni di amministrazione della procedura
e attività di decisione rispetto ad una determinata competenza. Nei
confronti del curatore ha ampi poteri autorizzatori, inoltre si occupa di
andare ad accertare i crediti vantati da terzi insinuati nel passivo ed
emana provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio.
L’art. 26 è l’art. che come riformato nel 2006 e 2007 disciplina tutta una
serie di controlli interni. Propone tutta una serie di controlli, una norma sulle
impugnazioni. 19
Art. 26 co.1 contro i decreti del giudice delegato può essere
proposto reclamo al tribunale, contro i decreti del tribunale può
essere proposto reclamo alla corte d’appello.
Il reclamo è proposto dal curatore, dal fallito, dal comitato dei
creditori e da chiunque vi abbia interesse.
La procedura può toccare potenzialmente qualsiasi tipo di rapporto. Per
chiedere ricorso è essenziale che vi sia un interesse.
L’art. 26 è similare all’art. 15, si tratta di un modellino processuale ibrido, a
metà strada tra i procedimenti camerali (737 s.s.) e quello a cognizione
piena (163 c.p.c. ss.).
N.B. Se ho il provvedimento del giudice posso impugnare dinanzi al
tribunale, l’opinione prevalente dice che non c’è un ulteriore step, ma dalla
parte della legge non c’è un’esclusione perché si potrebbe ricorrere alla
corte d’appello. Posso poi ricorrere in cassazione art. 111 co.7 c.p.c.
Abbiamo due organi giurisdizionali nel quadro degli organi ovvero:
Tribunale:
che internamente ha competenze amministrative e
o giurisdizionali;
che risponde a determinate cause esterne, giudizi ordinari
o proponibili nel fallimento che possono dipendere o meno dal
fallimento;
Giudice delegato che internamente ha compiti amministrativi o
giurisdizionali.
Curatore
Dall’art. 27 a 39 si parla del curatore. Il curatore è un organo unipersonale
ausiliario del giudice, viene nominato nella sentenza dichiarativa di
fallimento e quindi dal tribunale. È una persona fisica o uno studio
professionale con determinati requisiti di professionalità, esperienza ed
indipendenza. Quando svolge le sue funzioni le svolge in qualità di pubblico
ufficiale.
Siccome prende tutte le attività, tutti i diritti di proprietà e di credito è
indispensabile questo soggetto, sia per un aspetto amministrativo sia per la
dimensione dinamica dell’attivo.
Il curatore mette la firma per la procedura fallimento Alfa, è il
rappresentante di questo soggetto ed è l’amministratore di questo
patrimonio. Non è il proprietario dei beni del fallimento perché il
proprietario è il fallito.
Il curatore è l’amministratore del patrimonio fallimentare.
Il curatore assume differenti posizioni. Il curatore svolge attività gestorie
(amministrative), informative (deve depositare in tribunale una serie di
relazioni) e infine svolge attività processuali.
Troviamo una serie di contrappesi a questo potere:
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Art. 36 reclamo;
Art. 37 su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato
dei creditori o d'ufficio, il tribunale può revocare il curatore, è un
potere di revoca assoluto quello del tribunale. Contro il decreto di
revoca o di rigetto dell'istanza di revoca, è ammesso reclamo alla
corte di appello ai sensi dell'articolo 26. Il reclamo non sospende
l’efficacia. Un esempio di applicazione dell’art. 26;
Art. 37 bis sostituzione;
Art. 38 il curatore è responsabile. La responsabilità è contrattuale,
con una diligenza specifica prevista dalla natura dell’incarico. Co.2 se
pende il fallimento l'azione di responsabilità contro il curatore
revocato è proposta dal nuovo curatore. Ciò vuol dire che non posso
in pendenza di fallimento fare un’azione di responsabilità. L’art. 38 si
riferisce all’azione di responsabilità fatta dalla procedura stessa,
dovrebbe farla il curatore stesso allora la legge dice che prima viene
revocato e successivamente il nuovo curatore si occuperà del vecchio
curatore. Il fallito può intentare una causa contro il curatore ai
sensi dell’art. 2043 c.c.
Art. 36 Contro gli atti di amministrazione del curatore, contro le
autorizzazioni o i dinieghi del comitato dei creditori e i relativi
comportamenti omissivi, il fallito e ogni altro interessato possono
proporre reclamo al giudice delegato per violazione di legge… Il
giudice delegato, sentite le parti, decide con decreto motivato,
omessa ogni formalità non indispensabile al contraddittorio.
Il curatore nello svolgimento dei suoi atti è autonomo, ciò vuol dire che i
suoi atti non possono essere oggetto di reclamo se non nel diritto.
Questo è un esempio di camerale puro. Non ho altre forme di garanzia. È
una norma speciale rispetto all’art. 26, qua definisce come si impugna
l’atto del curatore, è un camerale puro. Impugna il giudice delegato e
contro il decreto c’è l’impugnazione dinanzi al tribunale. La misura non è più
impugnabile dinanzi alla corte d’appello. Non è ammesso il ricorso in
Cassazione perché non ci sono i presupposti di cui all’art. 111 co.7. I due
presupposti sono definitività e decisorietà, sicuramente c’è natura definitiva,
ma non c’è natura decisoria in quanto non risolve una controversia su diritti
soggettivi, ma rientra nel controllo dei poteri amministrativi. Si tratta di
interessi pubblici. Prima del 2006 non c’era il reclamo alla corte d’appello.
L’art. 36 è una norma di difficile applicazione perché
il reclamante deve indicare la violazione della legge, violazione di
diritto, non possono esserci violazioni di fatto;
è molto utile nelle omissioni;
potrebbe portare alla revoca del curatore.
Modelli processuali
1^ 163 c.p.c. ss. Procedimento a cognizione piena
2^ 15 L.F. e 36 L.F. modello processuale ibrido
3^ 36 L.F. modello puro
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Comitato dei creditori
Il comitato è chiamato a condividere le iniziative del curatore, talvolta
autorizzandole e talvolta esprimendo un mero parere