Anteprima
Vedrai una selezione di 9 pagine su 39
Appunti Etica ed economia Pag. 1 Appunti Etica ed economia Pag. 2
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Etica ed economia Pag. 6
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Etica ed economia Pag. 11
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Etica ed economia Pag. 16
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Etica ed economia Pag. 21
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Etica ed economia Pag. 26
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Etica ed economia Pag. 31
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Etica ed economia Pag. 36
1 su 39
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

L’AMBIENTE

Problematiche come effetto serra, buco dell’ozono e riscaldamento globale hanno

sicuramente una dimensione globale. Pertanto è bene che i singoli stati cooperino in

questo senso nel sensibilizzare verso campagne contro l’inquinamento atmosferico delle

aree urbane e industriali, o comunque di limitarlo il più possibile.

L’evento più rilevante ci fu alla Conferenza di Parigi l’11 Dicembre 2015 quando si

affrontarono temi come:

- riscaldamento globale, si stabilì per l’articolo 2 di restare ben al di sotto dei 2 gradi

rispetto ai livelli pre-industriali con l’impegno di portare avanit sforzi per limitare

l’aumento della temperatura a 1,5gradi.

- Obiettivi a lungo termine sulle emissioni. L’articolo 3 prevede che i paesi puntino

a raggiungere il picco delle emissioni di gas serra il più presto possibile e che

perseguano rapide riduzioni dopo quel momento per arrivare ad un equilibrio tra le

emissioni di attività umane e le rimozioni di gas serrra nella seconda metà di questo

secolo.

- Impegni nazionali di revisioni. In base all’articolo 4 un controllo per il quale si

dovranno preparare, comunicare e mantenere determinate regole definite a livello

nazionale. I paesi che hanno presentato impegni al 2025 dovranno essere

sollecitati a comunicare entro il 2020 un nuovo impegno e farlo regolarmente ogni 5

anni. La prima verifica sarà ne 2023

- Loss and damage. L’art. n8 che è dedicato ai fondi destinati ai paesi vulnerabili per

permettere loro di affrontare cambiamenti irreversibili a cui non è possibile adattarsi.

Il testo riconosce l’importanza di interventi volti a incrementare la comprensione,

l’azione e il supporto.

- Finanziamenti. L’art. 9 vuole da parte dei paesi sviluppati il rifornimento di risorse

finanziarie per assistere quelli in via di sviluppo.

- Trasparenza. L’articolo 13 dispone di creare un clima di totale fiducia reciproca e

trasparenza.

Questo accordo è su base volontaria e dovrà entrare in vigore entro il 2020.

Ovviamente garantire tutto ciò non è facile, anche perché prevede quello che è un

dispendio economico.

Il sistema delle sanzioni previsto negli accordi commerciali gestito dall’Organizzazione

mondiale del commercio (WTO) presenta sicuramente luci così come ombre.

LINEE GUIDA: la strada più realistica da seguire è quella dell’accordo su alcune global

rules, la cui attuazione è affidata ad accordi regionali. Non sembra realistico

l’insediamento di un piano di istituzione e di un’autorità superiore, nonché sarebbe del

tutto impraticabile il ricordo ad un governo mondiale dalle complesse questioni ambientali.

Irrealistico sarebbe anche pensare di continuare con la stipula di accordi complessivi e

globali, ma sempre e comunque non vincolanti. Sarebbe più opportuno, una volta

constatate le difficoltà oggettive di un accordo globale, procedere con intese che

riguardano ambiti più ristretti e che siano più vincolanti almeno a livello regionale.

LA FINANZA INTERNAZIONALE

L’attuale crisi economica e finanziaria iniziata nel 2007 è stata definitiva come la Grande

Recessione per distinguerla dalla Grande Depressione. Non si distinguono solo di nome,

ma anche per contesto in cui nasce: nel 2007 si è ancora ben lontani da quelli che furono i

conflitti mondiali e in più da circa trent’anni è già in atto una progressiva globalizzazione.

La crisi si è originata in modo particolare nel momento in cui la liberalizzazione del

movimento dei capitali ha reso i possessori di capitale liberi di spostarli rapidamente (“in

tempo reale”), tutto ciò grazie anche al fatto che dagli anni ’70 in poi del Novecento c’è

stata un’impennata del progresso a livello tecnologico (informatica / telecomunicazioni…)

La premessa tecnica di questa crisi risale in modo particolare nel 1999 dagli Stati Uniti nel

momento in cui il presidente Bill Clinton con l’abrogazione della separazione nel sistema

bancario tra attività di investimento e attività bancaria commerciale, si legittimò la nascita

di grandi conglomerati finanziari e dall’altra si favorì negli anni successivi la

deregolamentazione del trading dei derivati e dei Credit Default Swap (CDS). Nel 2000 fu

deregolamentato il mercato degli strumenti derivati over the counter, non facendoli più

rientrare nella vigilanza della Sec, autorità di vigilanza bancaria statunitense.

Le banche centrali furono sollevate dall’obbligo di finanziari i debiti pubblici e rese

indipendenti dal potere esecutivo. Allo stesso tempo le banche, fondi finanziari e fondi di

pensioni furono liberalizzati venendo acquisti da soggetti privati. Sarà la loro

liberalizzazione a far divenire i flussi sempre più massicci e ad avviare rimozioni di vincoli

come quello dei massimali di credito (divieto di erogare credito oltre certe soglie).

Il valore complessivo del Cds raggiunse tra il 2007 e il 2008 la cifra di 60 miliardi di dollari,

pari al PIL mondiale. Era fortemente cresciuta l’esposizione al credito delle banche, delle

imprese e delle famiglie, favorita da tassi di interesse ridotti e dalla facilità nella

concessione di prestiti.

La bolla immobiliare esplose e fece precipitare il prezzo delle case innescando un’ondata

di vendite che mandarono in rovina molti risparmiatori. L’esplosione della bolla dei mutui fu

amplificata dal fatto che le banche statunitensi vendevano a terzi i mutui attraverso diversi

strumenti finanziari, parcellizzandoli e riassemblandoli con altri prodotti. In questo modo le

banche scaricavano su altri soggetti (inizialmente investitori istituzionali, ma poi anche

banche e risparmiatori) i rischi corsi concedendo tali finanziamenti e creando i cosiddetti

“titoli tossici” sparpagliati in tutto il mondo. Lo scopo di tale operazione era di ottenere dalle

agenzie di rating un più elevato livello di giudizio sull’affidabilità.

Al precipitare della crisi finanziaria in crisi economica le banche reagirono con un

massiccio intervento da parte degli Stati e delle banche centrali nel tagliare i tassi

d’interesse e nell’immettere liquidità nel sistema economico per incentivare gli investimenti

e far riprendere l’economia.

Due per esempio delle misure adottate ci furono: sospensione delle contrattazioni nelle

piazze azionarie e il divieto posto dalle commissioni di vigilanza delle vendite allo scoperto

su titoli finanziari e assicurativi.

Gli effetti di questa crisi si iniziarono a sentire nel 2009, l’anno di peggiore recessione dal

1929. La crisi generalizzata determinò un aumento verticale della disoccupazione e la

conseguente compressione della capacità di spesa delle famiglie. Il debito pubblico medio

passò da circa il 70% a oltre il 90% e si calcola che gli interventi della Fed, della Banca e

del Giappone, della Banca d’Inghilterra e della Bce avesse raggiunto 18miliardi di dollari.

Tra il 2010 e il 2011 si ebbe il sentore, quasi poi subito smentito, che la crisi fosse

superata. Semplicemente dal 2012 stati come gli Usa, Giappone e Germania hanno

continuato a progredire, anche se in un contesto sempre più affamato.

In Europa la crisi finanziaria ed economica ha manifestato complicanze anche con il “caso

greco”: nel 2010 ci fu una crisi latente che si ripercosse pian piano anche su tutti gli altri

stati.

Nel 2012 l’Eurogruppo decise di dare un taglio del valore nominale dei titoli greci del

53,5% e una riduzione del debito greco di circa 100 miliardi e concedendo a sua volta 130

miliardi alla Grecia per evitarne l’insolvenza.

La Bce avrebbe dovuto limitarsi ad acquistare i bond dei paesi membri, ma così non fu: ci

fu l’acquisto sul mercato secondario di titoli del debito pubblico in euro di un paese

membro a rischio di insolvenza, la concessione di prestiti a tassi bassi o addirittura a costo

zero alle banche in cambio di titoli, l’acquisto di obbligazioni di soggetti para-pubblici e

privati in possesso di merito di credito allo scopo di combattere la deflazione e preservare

la stabilità monetaria. Si può dire che la Bce dal 2012 ha iniziato ad attuare operazioni di

“quantitative easing” volte ad aumentare lea quantità di monetà in circolazione attraverso

l’acquisto di titoli da parte delle banche centrali e simili.

Il Mes (Meccanismo europeo di stabilità) fu istituito in seguito alle modifiche apportate al

Trattato di Lisbona approvate il 23 Marzo 2011 dal Parlamento europeo e confermate due

giorni dopo il Consiglio Europeo. Con l’aggravarsi della crisi, ha assunto la struttura di una

vera e propria organizzazione intergovernativa sul modello del Fmi.

Nella notte tra il 28 e il 29 Giugno 2012 il Consiglio Europeo deliberò di implementare

l’utilizzo del Mes come copertura dai rischi di rifinanziamento degli Stati e di farne accanto

al Fondo europeo di stabilità finanziaria, un mezzo per prevenire l’aumento incontrollato

dei rendimenti dei titoli pubblici.

L’impossibilità di incorrere ad una svalutazione della moneta e l’indebitamento estero nel

settore privato spinse moltissimi investitori a scommettere sull’incapacità dell’Italia di

essere solvibile, provocando un deflusso di investimenti e un ritiro improvviso dei capitali

(con conseguente impennata dei tassi d’interesse sui titoli di Stato).

A Marzo 2'016 raggiunse 2.219 miliardi dell’anno precedente, violando l’impegno di ridurre

il suo debito di 1/20 l’anno.

Bail in= prevede l’utilizzo (svalutativo) da parte dell’ente bancario di azioni, obbligazioni e

crediti (superiori a 100mila euro) della clientela per ridurre/contenere i costi di

ricapitalizzazione dello stesso ente in crisi.

Si sollevarono diverse questioni etiche in merito a questo argomento: le prime parlano del

risparmio, che oggi è visto come appunto la messa a parte di denaro dal proprio reddito

proveniente dal lavoro per eventuali spese future o come sicurezza, a differenza magari di

un investimento che può provocare così come più denaro così come più rischio.

Così come si ragiona molto sulla mancanza da parte dei pubblici poteri di adempiere al

dovere sociale, politico e di porre in essere una regolamentazione del sistema sociale,

politico…

Così come si è parlato dei cosidetti “bona fides” ossia un comportamento che si ispira alla

lealtà e correttezza che deve essere considerare in questo caso il grado di competenza

effettivo della persona a livello pratico e non teorico.

LINEE GUIDA: si chiede di ritornare alla regola per cui le banche che raccolgono il

pubblico risparmio

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
39 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/02 Politica economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria.i96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Etica ed economia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof Del Debbio Paolo.