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IMMUNITÀ CONTRO I TRAPIANTI

Il comportamento del SI nei confronti dei trapianti d’organo è stato oggetto di grande attenzione,

in quanto potenziale bersaglio di strategie terapeutiche: si cerca infatti di spegnere in modo mirato

proprio le risposte specifiche che rappresentano in questo caso un ostacolo al buon esito

dell’operazione.

Per Trapianto si intende un intervento di chirurgia che prevede la sostituzione di un organo in

caso di end stage organ failure. Si identificano due fasi:

1) Il prelievo dell’organo da un soggetto detto donatore. Il donatore può essere sia vivo che

cadavere. Nel caso in cui il donatore sia cadavere gli organi vengono prelevati da un

paziente di cui sia stata accertata la morte cerebrale da una commissione di tre specialisti (un

neurofisiologo, un rianimatore e un medico legale), che monitora le condizioni cliniche per

un periodo di almeno 6 ore e stabilisce lo stato di morte.

Per la constatazione clinica del decesso si devono presentare contemporaneamente tutte le

seguenti condizioni: stato di incoscienza

assenza di riflessi del tronco cerebrale

assenza di respiro spontaneo

assenza di attività elettrica cerebrale verificata mediante EEG

assenza di irrorazione cerebrale.

2) Il trapianto o innesto dell’organo o tessuto in un soggetto detto ricevente o ospite, con

l’eventuale rimozione dell’omologo nativo malato.

L’espianto è invece la rimozione chirurgica di un organo precedentemente trapiantato e

rimosso per diversi motivi (mancato funzionamento, rigetto, ecc).

Si possono classificare 3 differenti tipi di trapianti in base alle caratteristiche genetiche del donatore

e del ricevente:

- Trapianti singenici: sono scambiati tra animali singenici, geneticamente identici.

- Trapianti allogenici: sono scambiati tra animali allogenici, appartenenti alla stessa specie

ma geneticamente diversi.

- Trapianti xenogenici: sono scambiati tra animali xenogenici, appartenenti a specie differenti.

Sono possibili anche autotrapianti, in cui il donatore e il ricevente coincidono.

In base alla sede del trapianto si distinguono:

- Trapianto ortotopico: l’organo originario mal funzionante viene rimosso e l’organo del

donatore viene posizionato nella stessa posizione anatomica dell’organo originario.

- Trapianto eterotopico o ausiliario: un nuovo organo viene affiancato a quello vecchio non

più funzionante, che però rimane in sede.

Non appena si tentò di rimpiazzare tessuti danneggiati con tessuti trapiantati fu subito chiaro che

normalmente gli individui rigettano i tessuti provenienti da altri individui: il rigetto è una reazione

infiammatoria che danneggia il tessuto trapiantato e quindi un importante fattore che limita il

successo del trapianto è la risposta immunitaria del ricevente contro il tessuto del donatore.

Se non c’è biocompatibilità il SI di un paziente che è stato sottoposto a trapianto attacca il nuovo

organo o tessuto, riconoscendolo come non-self, alla stregua di batteri e virus.

I fattori principali che portano ad una condizione di rigetto sono:

1) Presenza di un assetto antigenico qualitativamente o quantitativamente diverso rispetto a

quello delle strutture self: si tratta di proteine polimorfe cellulari che vengono indicate come

complesso minore di istocompatibilità.

2) Presentazione di antigeni non-self sennl’abito di complessi maggiori di istocompatibilità o la

semplice presenza di MHC non self in grado di attivare le cellule del sistema immunitario

dell’ospite.

3) Presenza di infiammazione. 48

Il riconoscimento delle cellule trapiantate come self o estranee è determinato da geni polimorfi

che sono ereditati da entrambi i genitori ed espressi in modo codominante.

Gli antigeni più importanti nel determinare il rigetto degli allotrapianti sono le proteine codificate

dai geni nel locus MHC. Il riconoscimento di MHC estranei scatena una delle più intense riposte

immunitarie conosciute.

Le molecole MHC allogeniche sono presentate per il riconoscimento da parte dei LyT di un

ricevente in due modi molto diversi:

1) Presentazione diretta.

Prevede il riconoscimento di una moelcola MHC intatta espressa dalle cellule APC del

donatore presenti nel trapianto ed è una conseguenza della somiglianza di struttura tra una

molecola MHC estranea intatta (allogenica) e una molecola MHC self.

Il riconoscimento diretto di molecole MHC estranee è il frutto della cross-reattività di un

normale recettore TCR, selezionato per riconoscere complessi MHC-self/peptide non-self,

con un complesso MHC allogenico-peptide.

La selezione positiva e negativa nel timo, infatti, fanno sì che sopravvivano cellule T con

debole reattività verso molecole MHC self, ma non elimina le cellule T con forte affinità

verso molecole MHC allogeniche: il risultato è un repertorio maturo con un’intrinseca

affinità per molecole MHC self, che tuttavia include molte cellule T che legano MHC

allogenici con elevata affinità.

Una molecola MHC allogenica associata ad un peptide può simulare il determinante formato

da una molecola MHC self associata ad un peptide estraneo. La T cellule può riconoscere:

- Solo residui aminoacidici del MHC allogenico.

- Residui aminoacidici del MCH allogenico e residui del peptide presentato.

Nonostante nella maggior parte dei casi MHC allogeniche presentino peptidi self, la

tolleranza si instaura solo nel contesto di peptidi self presentati nel contesto di MHC self,

per cui T cellule che riconoscono peptidi self presentati da MHC allogeniche portano a

risposta immunologica.

Fino al 2% dei linfociti T di un individuo è in grado di riconoscere direttamente e di

rispondere a una singola molecola MHC estranea: questa alta frequenza di linfociti T reattivi

verso MHC allogeniche è una delle ragioni per cui allotrapianti suscitano una risposta tanto

potente.

2) Presentazione indiretta.

Implica che le molecole MHC del donatore vengano processate dalle APC del ricevente e

che i peptidi derivati dalle molecole MHC allogeniche siano presentati in associazione a

molecole MHC self: in questo caso le molecole MHC allogeniche sono trattate come

qualsiasi altro antigene proteico.

Le molecole MHC allogeniche possono essere presentate ai linfociti T dalle cellule APC del

ricevente essere riconosciute come antigeni proteici estranei convenzionali.

Poiché differenti da quelle dell’ospite, le molecole MHC allogeniche possono essere

processate e presentate come un qualunque antigene proteico da molecole MHC self sulle

APC dell’ospite e quindi possono essere riconosciute da parte dei LyT CD4+. È possibile

anche la presentazione di peptidi derivanti da MHC allogeniche su MHC I, che vengono

così riconosciute da LyT CD8+.

Poiché le molecole MHC sono altamente polimorfe, ogni molecola MHC allogenica può

dare origine a molteplici peptidi estranei, ciascuno riconosciuto da cellule T diverse.

L’attivazione dei linfociti T allo reattivi in vivo richiede la presentazione dell’alloantigene da

parte delle APC del donatore presenti nel trapianto oppure da parte delle APC dell’ospite che

presentano gli alloantigeni del trapianto.

Affinché i linfociti T possano rispondere contro i tessuti trapiantati è necessaria la costimolazione:

si pensa che l’attivazione delle APC avvenga attraverso meccanismi innati dovuti al rilascio di

49

sostanze da parte delle cellule del trapianto rese necrotiche durante il periodo di ischemia che

precede l’impianto.

Le cellule T attivate migrano quindi nell’organo, dove inducono il rigetto:

- I LyT CD4+ maturano in cellule effettrici ad alta produzione citochinica e causano DTH,

una reazione da ipersensibilità ritardata.

Le citochine prodotte principalmente sono:

IFN-γ, che attiva una massiccia risposta macrofagica;

IL-2, che provoca la proliferazione autocrina e paracrina dei LyT che si accumulano in loco;

TNF-α e linfotossine, che promuovono l’attivazione endoteliale e stimolano la produzione di

chemochine.

- I LyT CD8+ attivate con meccanismo diretto hanno attività CTL, mentre i CTL generati con

meccanismo indiretto sono self-ristrette e sono quindi incapaci si portare al killing di cellule

nell’organo.

Rigetto dei trapianti

Sulla base delle caratteristiche cliniche e patologiche il rigetto dei trapianti viene classificato

come segue:

1) Rigetto ipercauto.

Avviene nell’arco di minuti dal momento del trapianto.

È caratterizzato da occlusione trombotica dei vasi del tessuto trapiantato e dalla sua necrosi

ischemica.

Il rigetto è mediato da anticorpi preesistenti nel circolo specifici per antigeni dell’ospite

espressi dalle cellule endoteliali del trapianto. Il legame degli anticorpi all’endotelio del

trapianto attiva il complemento, che provoca una serie di alterazioni che promuovono

l’attivazione della cascata della coagulazione e la trombosi intravascolare.

Il rigetto è mediato da IgM preesistenti presenti ad alto titolo e legati alla presenza di

antigeni, spesso carboidrati, che cross-reagiscono: si riteiene che questi anticorpi abbiano

origine come risposta ad antigeni glucidici espressi da batteri presenti come commensali a

livello intestinale. I più noti esempi di questi anticorpi naturali sono quelli diretti contro gli

antigeni di gruppo sanguigno ABO espressi sui globuli rossi.

Il rigetto può essere anche legato alla presenza di IgG specifici per MHC allogeniche o altri

antigeni endoteliali la cui presenza è dovuta alla precedente esposizione ad altri alloantigeni.

Il rigetto iperacuto non rappresenta un problema comune, per il fatto che tutti i donatori e

riceventi vengono testati per il gruppo sanguigno e per eventuali anticorpi in grado di cross-

reagire: il test utilizzato prende il nome di cross-match.

2) Rigetto acuto.

Avviene nell’arco di giorni o nelle prime settimane che seguono il trapianto.

È un processo di danno vascolare e parenchimale mediato da linfociti T e anticorpi che

solitamente inizia dopo la prima settimana dal trapianto. Questo ritardo è dovuto al fatto che

si tratta di una risposta immunitaria attiva, che necessita del tempo sufficiente all’innesco di

una risposta umorale e cellulo-mediata.

I meccanismi alla base del rigetto acuto sono:

- Produzione di citochine da parte dei LyT CD4+ che reclutano e attivano la risposta

infiammatoria: le sole cellule CD4+ sono sufficienti per dare il rigetto.

- Lisi delle cellule del trapianto mediata dai LyT CTL.

- Produzione di anticorpi che causano danno vascolare in seguito all’attivazione del

complemento mediante la via classiva e determinano la distruzione del parenchima

dell’organo trapiantato per l’innesco del fenomeno ADCC.

Le cellule endoteliali sono il target precoce nella reazione di rigetto acuto. 50

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Publisher
A.A. 2015-2016
67 pagine
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SSD Scienze mediche MED/04 Patologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher T12 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Immunologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Lavitrano Marialuisa.