Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
STEREOLITOGRAFIA
È una delle prime tecnologie sviluppate, ma è ancora oggi molto utilizzata. Tra le prime tecnologie di AM è quella
tutt’oggi più utilizzata. L’acronimo è SLA (StereoLiThografy): inizialmente l’acronimo era STL, ma si utilizza
questa estensione per i file di scambio dati che vengono utilizzati oggi per l’additive manufacturing e per altre
applicazione (file che descrivono le geometria del pezzo come tanti piccoli triangoli); si è quindi dovuto cercare
un nuovo acronimo.
Questa tecnologia è stata sviluppata negli anni ’80 e utilizza la fotopolimerizzazione di resine fotopolimeriche
usando raggi ultravioletti. La macchina è fatta da una vasca che contiene il liquido che è il fotopolimero. L’altro
componente è la tavola portapezzo, che all’inizio della produzione è nella posizione più alta (si muove solo
verticalmente) e sopra a questa c’è solo un velo di liquido molto sottile. Questa tavola è piena di fori quindi può
spostarsi liberamente in verticale.
Un altro componente importante della macchina è il laser che ha la funzione di pennellare la superficie per
farlo fotopolimerizzare, facendolo solidificare. Il laser passa in tutti i punti della tavola in cui si deve solidificare
il pezzo: quindi questa è una stampa 2D su una superficie che è quella della tavola.
Completato il primo strato, la tavola si abbassa e sopra allo strato
solidificato in precedenza c’è un nuovo strato di liquido, spesso
quanto il precedente. Il processo continua in questo modo, il laser
passa e solidifica solo la porzione che interessa in questo caso.
Andiamo avanti così finché realizziamo l’intero pezzo. 28.05.2018
Abbiamo una vasca di foto-polimero liquido e il pezzo viene reticolato
grazie al laser, la tavola si abbassa ogni volta che completo un piano
(layer). Se devo realizzare una geometria con una protuberanza
(come in figura), ad una certa altezza dovrei depositare materiale
dove non ho piani solidificati precedentemente che facciano da
118 | P a g .
supporto, il polimero liquido quindi precipiterebbe. Nella pratica già fin dall’inizio si utilizzano delle geometrie
di supporto: inizio da subito a depositare degli strati anche dove non servirebbero, come supporto. Mentre le
parti del pezzo hanno una geometria piena, solida, le geometrie di supporto potrebbero essere realizzate come
delle piccole colonne, sono meno dense del pezzo. La struttura portante è molto esile, non del tutto solidificata,
in modo che in seguito, una volta completato il pezzo, il supporto sia semplice da rimuovere. Le geometrie di
supporto si utilizzano dove il materiale non è in grado di autosostenersi, la fase di inserimento delle geometrie
di supporto fa parte del pre-processing.
Il laser viene movimentato grazie ad uno specchio o un’ottica in due dimensioni, il movimento lungo il terzo
asse è dato dalla tavola che si muove lungo z, si abbassa layer dopo layer. Ci sono varie tipologie di macchine
che permettono di realizzare tale lavorazione, variano in base al volume e alle dimensioni del pezzo da
realizzare. Quando i pezzi vengono prodotti la tavola torna su del tutto e devono essere estratti delicatamente
perché non sono ancora completamente induriti, per reticolarlo ulteriormente viene esposto alla luce
ultravioletta. A questo punto il pezzo è ben indurito e stabile e può essere rimosso dalla macchina. Se non lo
esponessimo ai raggi ultravioletti rischieremmo di deformare il pezzo.
PROCEDURA OPERATIVA DI ADDITING MANUFACTURING
Utilizziamo la lavorazione appena vista per ottenere una procedura operativa generale utilizzata anche per le
altre tecnologie di additing manufacturing. La procedura operativa tipicamente coinvolge sei fasi:
i. Parto da un CAD solido tridimensionale o comunque da dati in 3D;
ii. Da tale modello devo ottenere un file .STL che è il formato di dati fornito alle macchine per realizzare le
fasi successive (‘STL’ deriva da ‘stereolitografia’);
iii. Da questo file si fa lo slicing, il file viene affettato per ottenere la geometria del singolo piano;
iv. Costruzione del file definitivo affettato, è il file operativo dato alla macchina, è detto final build file;
v. Fase di operazione della macchina, è la fase di fabbricazione vera e propria;
vi. Eventuali fasi di post processing, come la rimozione dei supporti.
Formato .STL.
È un file che approssima la geometria di partenza con delle superfici a
triangoli. Convertiamo il file di partenza in un file approssimato, dove la
geometria di partenza è definita come un insieme di triangoli. Non è più un
file solido, mi mostra solo la superficie.
Slicing.
Dall’.STL effettuo lo slicing, cioè la superficie viene affettata. È
un’operazione effettuata al calcolatore, da un software, dove importiamo i
dati e questo affetta con un gap tra le singole fette pari allo spessore del
layer che viene depositato dalla macchina. Solitamente il software è quello
a bordo macchina, altre volte è un altro software settato opportunamente.
L’operatore non deve fare nulla di manuale, deve scegliere l’orientamento
del pezzo, con una certa inclinazione potrei anche non avere bisogno delle
geometrie di supporto. Inoltre, sempre in base all’inclinazione potrei avere
una superficie finale a gradini. La superficie che ottengo è abbastanza
approssimata sia per questi gradini che per i rettangoli.
In base a come oriento il pezzo posso avere una superficie rettilinea e
un’altra a gradini, ma non tutte le superfici hanno la stessa importanza.
L’orientazione può influenzare anche la durata del processo se il pezzo è
più grande in una dimensione rispetto alle altre.
Alcuni software di slicing propongono delle scelte automatiche che minimizzano determinate caratteristiche,
come il tempo di fabbricazione. Dopo aver fatto lo slicing, tipicamente nello stesso software, c’è la costruzione
119 | P a g .
delle geometrie di supporto. Solo dopo aver fatto lo slicing capisco se alcune porzioni di layer hanno bisogno di
supporto. Anche in questo caso si tratta di un’operazione semiautomatica: ci sono delle proposte automatiche
del software ed eventualmente l’operatore può decidere se modificare qualcosa.
Infine, ogni singola slice viene processata dal software (finora abbiamo ottenuto solo il bordo) che propone la
traiettoria che dovrà percorrere il laser per andare a riempire la superficie. La geometria di supporto è
solitamente realizzata da un laser che lavora con un passo tra le varie passate più largo.
Final build file.
Il file completo di tutte queste informazioni (geometria tridimensionale,
informazioni sulle singole fette, geometrie di supporto, percorso del laser) è
pronto per essere esportato alla macchina ed è detto final build file. In figura
vediamo il final build file per il prototipo di una pedivella di una bicicletta, dove
in rosso abbiamo il pezzo vero e proprio, mentre in verde abbiamo le geometrie
di supporto.
Fabrication of part.
Ottenuto il final build file, questo viene dato alla macchina e questa realizza il pezzo tridimensionale con le
geometrie di supporto. Durante la fase di fabbricazione la tavola scende, mentre, finita la lavorazione questa
risale e fa riemergere il pezzo. Le fasi reticolazione e di rimozione delle geometrie di supporto sono dette fasi
di post processing e sono le ultime fasi dopo la costruzione del pezzo.
TECNOLOGIA LOM (Laminated Object Manufacturing)
È una tecnologia sviluppata negli stessi anni della stereolitografia, ha
avuto un modesto sviluppo all’inizio, ma ad oggi è quasi inutilizzata.
Abbiamo alcune tecnologie che utilizzano liquido, alcune che utilizzano
polveri e altre che utilizzano direttamente solido come materiale di
partenza. La tecnologia LOM utilizza direttamente materiale solido, in
particolare utilizza dei fogli di materiale che andranno a costituire i vari
strati con cui costruiamo il pezzo finale (i più utilizzati sono fogli di
carta o fogli di materiale polimerico). I fogli di carta erano utilizzati per
ottenere prodotti che avessero la stessa consistenza del legno e con
un’anisotropia che ricorda quella del legno.
Abbiamo due rulli, uno con una bobina di materiale di partenza, il foglio viene preso e agganciato ad una bobina,
inizialmente vuota, che ruotando cresce dove si avvolge il materiale che viene svolto. Il materiale passa per una
posizione centrale che contiene la piattaforma dove si va a realizzare il pezzo. La tavola è inizialmente in una
posizione più alta e il foglio sta sopra fermo. La prima cosa che si fa è quella de far avanzare un rullo riscaldante
che, passando sopra al foglio, lo incolla alla tavola, perché sulla sua faccia inferiore il pezzo ha una resina
termoplastica che, sottoposta al passaggio del rullo aderisce alla piattaforma. A questo punto si aziona il laser
che ha il compito di tagliare il foglio: taglia i bordi del pezzo da ottenere e fa tanti quadratini nelle zone che non
mi interessano, così, strato dopo strato, ottengo un pezzo con tanti quadratini che vengono sgranati via, rimane
in questo modo solo il pezzo desiderato.
Finito il primo strato del pezzo, una volta che il laser ha tagliato i vari quadratini, il rullo di avvolgimento trascina
avanti il foglio nella nuova posizione. Ho un nuovo foglio dove passa il rullo riscaldante che lo incolla al foglio
precedente e passa poi nuovamente il laser. Ho ottenuto un pezzo tridimensionale pieno dal qual sgrano via a
mano i pezzi quadrettati che sono stati depositati in aggiunta. È una lavorazione utile in alcuni casi, quando
devo partire da lamiere, laminati o fogli, già disponibili in tale forma.
FDM (Fused Deposition Modelling)
È la tecnologia a basso costo più diffusa. Partono da un oggetto in materiale termoplastico fuso per realizzare
il prodotto finale. Il brevetto risale alla fine degli anni Ottanta. La tecnologia richiede un’estrusione a partire da
filo: il materiale di partenza è del filo polimerico termoplastico, quindi con il calore riusciamo a fonderlo.
120 | P a g .
Il materiale (filo) è avvolto in una bobina. La macchina ha un ugello
all’interno del quale passa il filo. È un ugello riscaldante che fonde
il materiale, da questo esce quindi materiale fuso che viene
depositato sul pezzo. L’ugello viene movimentato in 2D (lungo x e
y) e deposita il materiale solo nelle regioni di piano in cui mi
interessa avere materiale. Completato il primo strato, la tavola si
abbassa e deposita un nuovo strato di materiale sopra quello
appena realizzato.
Rispetto alla stereolitografia non ho bisogno della vasca che
contiene il liquido, il pezzo viene costruito direttamente in aria, sono
però necessarie le geometrie di supporto se