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Weber (per il peso K = 0.02, se S = 50 g, allora = 1g).
∆ S
=
⁻ La legge di Fechner [I = K log(S/S ); S intensità di soglia assoluta dello
0
0
stimolo per convenzione = 1] rende l’intensità della sensazione percepita I
proporzionale al logaritmo dell’intensità fisica. Ad esempio, un incremento di peso da
50 g a 100 g produce nella sensazione di pesantezza lo stesso aumento prodotto da un
incremento da 25 a 50 g.
⁻ n
La legge di Stevens [I = K(S-S ) ] definisce una relazione lineare fra aumento
0
dell’intensità dello stimolo e aumento della sensazione. L’intensità percepita dipende
anche dal valore specifico n, che varia a seconda della modalità sensoriale, di
conseguenza, può essere descritta da funzioni esponenziali.
• La durata è definita dalla relazione tra intensità dello stimolo e intensità percepita
dello stimolo, ovvero dall’inizio (sancito dall’attivazione dei potenziali d’azione e dei
neuroni sensoriali) e dalla fine della risposta del recettore. La frequenza di scarica dei
neuroni sensoriali trasmette informazioni sull’intensità e sulla durata temporale dello
stimolo, che, dunque, dipende dalla velocità con cui l’energia dello stimolo comincia
ad essere efficace e cessa di esserlo a livello del recettore. Se lo stimolo dura diversi
minuti, tutti i recettori diminuiscono la propria attività di adattamento.
• La localizzazione è rappresentata dall’insieme dei recettori attivati in un sistema
sensoriale. All’interno di ogni organo di senso,i recettori sono distribuiti in modo
topografico e la loro attività segnala anche la posizione dello stimolo nello spazio e le
sue dimensioni. La consapevolezza spaziale comprende: la capacità di localizzare la
sede di stimolazione sul corpo o la fonte dello stimolo nello spazio; la capacità di
valutare la forma e le dimensioni degli oggetti e di rilevare i fini dettagli dello stimolo
e dell’ambiente. Tali capacità si fondano sulla struttura e sulla posizione del campo
recettivo, un’area della superficie recettoriale presente in ogni recettore sensoriale e
che, se stimolata, modula l’attività del proprio recettore. La dimensione del campo
recettivo, inoltre, è direttamente proporzionale alla capacità di discriminazione
spaziale neuronale. Ad ogni stadio del processo sensoriale vi è un’organizzazione
gerarchica che si ripete in parallelo: nei sistemi convergenti più neuroni primari
sommano i propri campi recettivi, aumentandone la sensibilità a discapito dell’acuità
spaziale; nei sistemi divergenti la fibra afferente direttamente collegata al neurone è
maggiormente attivata e inibisce l’attività dei neuroni adiacenti tramite interneurone
inibitorio per inibizione laterale, diminuendo la sensibilità del sistema e
aumentandone la capacità discriminativa.
I sistemi sensoriali presentano meccanismi di elaborazione seriali e in parallelo. I
sistemi si differenziano ed elaborano gli stimoli con integrazioni e incrementi
progressivi e con elaborazioni man mano più complesse: i recettori proiettano a
neuroni di primo ordine del SNC, i quali, a loro volta, proiettano a neuroni di secondo
ordine e di ordine superiore, secondo una precisa gerarchia funzionale. Le
informazioni giungono al talamo e da lì vengono trasmesse alla corteccia, che
rappresenta l’ultimo stadio del processo sensoriale e la consapevolizzazione della
percezione del segnale. La corteccia sensoriale primaria (sede della localizzazione
dello stimolo); possiede una rappresentazione topografica della periferia sensoriale,
con una grande acuità sulle caratteristiche elementari dello stimolo e sulle singole sub
modalità, ma dei campi recettivi piccoli. L corteccia sensoriale di ordine superiore
(sede del riconoscimento dello stimolo) possiede una rappresentazione
progressivamente meno precisa dovuta alla progressiva complessità delle
caratteristiche dello stimolo e delle sub modalità e alla maggiore dimensione dei
campi recettivi. La neocorteccia copre la maggior parte della corteccia ed è
organizzata in 6 strati: dal secondo (comunicazione afferente) e terzo (comunicazione
efferente) strato partono e arrivano le informazioni della corteccia; il quarto strato è il
più espanso e spesso, è normalmente molto mie linizzato e rappresenta la principale
porta di ingresso delle informazioni; dal quinto partono le informazioni efferenti che
arrivano sia ai centri sottocorticali che al talamo.
Sistema uditivo
Il sistema uditivo ha la funzione di trasformare le onde sonore in forme distinte di
attività nervosa, integrabile con le informazioni raccolte dagli altri sistemi sensoriali
allo scopo di determinare il comportamento di adattamento all’ambiente. L’organo
centrale di questo sistema sensoriale è l’orecchio, suddivisibile in:
• orecchio esterno: riceve le informazioni uditive raccolte dal padiglione auricolare
(l’unica parte visibile dell’orecchio, costituita da cartilagine rivestita da pelle,
presenta vari solchi e rilievi e comprende la pinna, la conca e il meato uditivo), il
quale attenua e riflette le onde sonore, aiutando il sistema a determinare la direzione
da cui proviene il suono e la sua frequenza, e trasmette le informazioni al canale
uditivo, un semplice condotto, le cui pareti sono ricoperte da cerume (sostanza
lubrificante e protettiva, espulsa fuori dal condotto tramite delle ciglia presenti sulle
cellule che rivestono il condotto), che ha la funzione di mettere in comunicazione la
conca del padiglione auricolare con l’orecchio medio. Al fondo del condotto uditivo è
posizionata la membrana timpanica, che segna l'inizio dell'orecchio medio.
• orecchio medio: ha il compito di adattare l’impedenza dei suoni trasmessi per via
aerea a quella del liquido (endolinfa, produce le sensazioni di orientamento ed
equilibrio, simile al fluido intrancellulare) presente oltre la finestra ovale
dell’orecchio interno. Dal momento che l’impedenza dell’acqua è maggiore di quella
dell’aria, per far sì che il suono arrivi a destinazione è necessario che la vibrazione
della membrana timpanica o timpano amplifichi il suono di circa 20 volte.
L’informazione onda viaggia attraverso la cavità dell’orecchio medio piena d’aria per
mezzo di martello (direttamente collegato al timpano), incudine e staffa
(direttamente articolato con la finestra ovale dell’orecchio interno), una serie di
ossicini delicati che convertono le vibrazioni del timpano a bassa pressione in
vibrazioni sonore ad alta pressione trasmesse alla piccola membrana rappresentata
dalla finestra ovale o ellittica della coclea dell’orecchio interno. L’efficienza della
trasmissione dei suoni all’orecchio interno è anche regolata dai piccoli muscoli
innervato del nervo cranico V e innervato del nervo cranico VII, la quale
contrazione irrigidisce gli ossicini e riduce la quantità di energia sonora trasmessa alla
coclea, al fine di proteggere l’orecchio interno.
• orecchio interno: ha il compito di scomporre le onde acustiche complesse in
componenti semplici, al fine di trasformare le onde di pressione in impulsi nervosi.
L’elemento cardine di questo processo è la coclea, una struttura a spirale lunga circa
10 mm; nella sua estremità basale si trovano la finestra ovale e la finestra rotonda.
La coclea è suddivisa in due metà della partizione cocleare, una struttura flessibile
che sostiene la membrana basilare e la membrana tettoria. Su ciascuno dei due lati
della partizione sono presenti spazi pieni di liquido, definiti scala vestibolare e scala
timpanica; all’interno decorre scala media, un canale distinto. La partizione cocleare
si arresta all’estremità apicale, dove è presente l’elicotrema, un’apertura circolare
che mette direttamente in comunicazione la scala vestibolare e la scala timpanica,
permettendo al loro fluido (perilinfa, simile al liquido cerebrospinale o
extracellulare) di mescolarsi.
In conseguenza di questa organizzazione strutturale, la finestra ovale è spinta dal
movimento della staffa e sposta il fluido dell’orecchio interno; si genera così una
differenza di pressione tra canale vestibolare e timpanico, che estroflette la finestra
rotonda e, di conseguenza, deforma la scala media, che quindi vibra. Uno stimolo
acustico dà origine a un’onda viaggiante nella coclea che si propaga dalla base verso
l’apice della membrana basilare, crescendo in ampiezza e rallentando in velocità fino
a che non viene raggiunto il punto massimo di spostamento, determinato dalla
frequenza dello stimolo sonoro e persistente nelle medesime vibrazioni per tutta la
durata del suono.
Inoltre, i punti che rispondono ad alte frequenze sono alla base della membrana
basilare (più rigida) i punti che rispondono alle basse frequenze sono all’apice.
Il moto dell’onda dà vita al processo di trasduzione sensoriale, che si sviluppa
principalmente all’interno dell’organo del Corti, posto nella coclea. Al suo interno
vi è una membrana basilare sulla quale poggiano una fila di cellule cigliate interne,
veri e propri recettori sensoriali (il 95% delle fibre del nervo acustico derivano da
qui) e tre file di cellule cigliate esterne, costituite da assoni afferenti provenienti dal
complesso olivare superiore. Ogni fascio di cellule cigliate è composto da
stereociglia (connesse dai collegamenti tra punte e organizzate verso l’esterno) e dal
chinociglio, che rappresenta la parte più lunga. Inoltre, le diverse ciglia delle cellule
cigliate sono legate dall’elemento di connessione tp-link. Il moto dell’onda
viaggiante, dunque, provoca uno spostamento delle cellule cigliate che poggiano sulla
membrana basilare. Poiché la membrana basilare e la sovrastante membrana tettoria
sono ancorate a punti di appoggio differenti, la componente verticale dell’onda
viaggiante viene trasformata in un movimento di scivolamento tra queste due
membrane che determina il piegamento (lungo direzione o contro direzione del chino
ciglio) delle stereociglia che sporgono dall’estremità superiore delle cellule cigliate,
con conseguenti cambiamenti di potenziale elettrico tra i due lati della membrana
delle cellule cigliate.
La meccanotrasduzione nelle cellule cigliate è rapida ed estremamente sensibile.
Le superfici basale e apicale della cellula cigliata sono separate da giunzioni serrate,
che consentono la presenza di un ambiente ionico extracellulare diverso. L’estremità
+ +
apicale è esposta a una endolinfa ricca di K e povera di Na , prodotta da cellule con
- Risolvere un problema di matematica
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