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Confronto tra le formulazioni DONEA e DISP

Si vede che rispetto alla formulazione DONEA (a sinistra) la formulazione DISP (a destra) nella zona dell'impatto tende a modificare più velocemente la mesh tenendola su delle dimensioni maggiori.

Se andiamo a vedere i files 0001.out delle due simulazioni si vede che nell'analisi con formulazione DISP il time-step è rimasto costante, mentre si vede che nell'analisi con formulazione DONEA il time-step è calato leggermente durante le fasi di contatto e impatto.

Con le due formulazioni si ottengono poi delle distribuzioni di massa nodale diverse (DONEA a sinistra e DISP a destra).

Il fatto che le due formulazioni ci portino ad un risultato simile non ci deve sorprendere perché con α = 0 la formulazione DONEA è circa equivalente alla DISP: la differenza sta solo nella velocità della griglia che in DISP è calcolata a metà del time-step perché nella realtà avendo tre.

grandezze nell'algoritmo (spostamenti, velocità e deformazioni) la velocità viene stimata durante il time-step e aggiornata successivamente. Lanciamo adesso un'analisi utilizzando la formulazione STANDARD: questa è sempre basata sulla velocità ma ci sono di mezzo le forze delle molle, il dt e una massa fittizia m. Il valore di k deriva dalle condizioni di stabilità: abbiamo una massa fittizia associata al nodo, abbiamo delle condizioni di stabilità, di conseguenza possiamo stabilire un k in modo tale che siano rispettate le condizioni di stabilità. Nelle interfacce avevamo una rigidezza, una massa nodale e vedevamo se stavamo all'interno delle condizioni di stabilità (in caso contrario avevamo varie opzioni per agire a favore della stabilità), adesso invece si vuole forzare la condizione di stabilità perché il movimento della griglia non crei problemi, cioè non vada a

influenzare il fenomeno fisico. Per imporre la formulazione STANDARD dobbiamo anche inserire la lunghezza caratteristica l che deve essere circa pari alla dimensione degli elementi. È necessario anche inserire un valore del coefficiente γ: se questo è uguale a 0 anche la rigidezza dell'edge spring assume un valore nullo per h > l. Nella formula della rigidezza dei due tipi di molle della formulazione STANDARD è presente anche il parametro λ che noi in RADIOSS definiamo ma solo in maniera indiretta. È necessario infine inserire i coefficienti α e β delle forze viscose della formulazione STANDARD. Se α è minore di 0 vengono disattivate le molle; se mettiamo α = 0 l'analisi viene svolta con il valore di default α = 0.9 perché α non può essere uguale a 0 perché altrimenti λ andrebbe all'infinito e il valore massimo di k/k = 1/λ sarebbe nullo.

La dimensione degli elementi della mesh del fluido va dai 3 mm ai 6 mm, perciò imponiamo una l pari a 2 mm perché l'idea è quella di far intervenire le molle il prima possibile per evitare che le molle debbano intervenire bruscamente alla fine per evitare una deformazione eccessiva.

Dopo un po' l'analisi si ferma anche provando varie combinazioni dei parametri da inserire nella card /ALE/GRID/STANDARD perché si vede che con questa formulazione la mesh non riesce a reagire, cioè la griglia non riesce a non deformarsi eccessivamente.

Rifacciamo adesso l'esercizio cambiando i vincoli, la posizione della pallina e la durata della simulazione.

Si vede che nel file 0001.out ci sono molti warnings, questo è dovuto alle incompatibilità cinematiche: per come è definito il rigid wall esso può andare a cercare come nodi su cui imporre una condizione cinematica anche i nodi del volume di liquido all'interno.

Della lattina. Tale volume è però vincolato alla mesh bidimensionale del barattolo dall'interfaccia di tipo 1, perciò tale volume si troverebbe una doppia condizione cinematica imposta: slave per il contatto di tipo 1 e slave per il rigid wall. Consideriamo infatti una superficie che presenta un nodo master e uno slave e che entra in contatto con il rigid wall. La superficie sta ruotando e traslando e ad un certo punto il nodo slave entrerà in contatto con il rigid wall, però il rigid wall non sta applicando nessuna condizione cinematica al nodo master perché non è in contatto e il nodo master continua a comandare i nodi slave, perciò il nodo slave si troverà il moto imposto dal master e l'imposizione che la velocità normale al rigid wall debba essere nulla. Nelle impostazioni del rigid wall c'è la possibilità di escludere un set di nodi dal contatto. Nella sezione add infatti basta

deselezionare i nodi del volume fluido nel campo nodes.XFEM: basi

La sigla XFEM sta per Extended Finite Element Method ed è un'estensione del metodo degli elementi finiti per modellare all'interno degli elementi la frattura lineare elastica.

Ci sono molte discontinuità e una discontinuità l'abbiamo già modellata nell'esercizio del barattolo: le due fasi aeriforme e liquida rimangono separate, ma in ogni caso l'osservazione del fenomeno rimane limitata dalla mesh che abbiamo fatto.

Nella seguente immagine abbiamo un caso di discontinuità legata la materiale (a sinistra) e un caso di discontinuità legata ad una frattura (a destra)

Potremmo avere una discontinuità di questo tipo anche se avessimo due pezzi fatti di materiale diverso in contatto

Nel caso di una frattura abbiamo il problema che questa viene trattata applicando un criterio di resistenza che viene controllato e quando il criterio di resistenza viene superato

soluzione migliore in termini di precisione della simulazione. Per evitare la cancellazione di elementi e le relative proprietà connesse, come massa ed energia, è consigliabile disconnettere gli elementi anziché cancellarli. In questo modo si evitano salti di energia non giustificati. Nel caso della meccanica della frattura applicata e per un bi-materiale, la soluzione dipende anche dalla mesh utilizzata. La precisione della soluzione è legata alla dimensione della mesh, ma il fenomeno fisico non dovrebbe dipendere da essa. Ad esempio, se simuliamo l'impatto di un corpo su un punto di un altro, il modo in cui quest'ultimo si rompe può variare se utilizziamo una mesh regolare (quadrati o rettangoli) o una mesh radiale a partire da quel punto. Nel caso della mesh radiale, otteniamo una soluzione più precisa.

Possibilità alla cricca di propagarsi da quelpunti in direzione radiale e tangenziale, mentre nel caso di mesh regolare diamo la possibilità allacricca di propagarsi in orizzontale e verticale (zig-zag). Se quindi dal punto divista fisico la cricca si propaga radialmente utilizzando una mesh regolareotterremo un avanzamento della cricca a zig-zag come in figura, che approssimauna propagazione radiale ma che non è corretto. Inoltre variando il percorsodella cricca varia anche l’assorbimento dell’energia.

Per ovviare a questi problemi è stato sviluppato l’XFEM.

Con l’XFEM si possono modellare:

  1. tensioni e deformazioni all’interfaccia di discontinuità di materiale;
  2. spostamenti sulle cricche;
  3. spostamenti dovuti a sforzi tangenziali (cedimenti di terreni);
  4. velocità e pressioni all’interfaccia con dei fluidi;
  5. onde d’urto;
  6. strati limite.

Le discontinuità vengono classificate in

discontinuità deboli e discontinuità forti. Le prime producono una variazione della pendenza della variabile ma c'è la continuità del valore (funzione di classe C, cioè continua ma con derivate discontinue), le seconde generano un salto nella variabile.

Quello che ci interessa modellare sono le discontinuità forti, infatti ad esempio una barra bi-materiale la sappiamo già modellare con gli strumenti che abbiamo, una barra che presenta una cricca no. Potrebbe essere l'andamento degli spostamenti. Potrebbe essere l'andamento delle tensioni o delle deformazioni.

In figura abbiamo una cricca definita da una spezzata. L'approccio tradizionale di cancellare gli elementi o di disconnetterli prevede di infittire gli elementi nelle zone dove la propagazione della fessura è attiva. Questo presuppone di sapere quali sono queste zone e presuppone già l'esistenza della cricca, cosa che nell'XFEM non è necessario.

Inoltre la diretta conseguenza di questo approccio è la propagazione della cricca sui bordi degli elementi. La mesh 1 è un esempio di disconnessione degli elementi: i nodi 9 e 10 prima erano un unico nodo che poi viene duplicato e si apre la fessura che però si apre all'interfaccia degli elementi.

Questo a fianco è un calcolo realistico: si parte da una mesh in cui non ci sono disconnessioni e si vuole arrivare a modellare una cricca che si propaga all'interno degli elementi.

Per ottenere questo risultato l'approccio degli elementi finiti viene conservato e deve essere solo arricchito.

I vantaggi di quest'approccio sono di poter fare la mesh secondo dei criteri standard e disaccoppiare il problema della mesh dal problema fisico che vogliamo modellare: la mesh non deve inseguire la cricca, cioè non deve prevedere la soluzione.

C'è una parte minima di remeshing nell'XFEM ma non viene gestita dall'utente bensì dal

software. L'XFEM utilizza una definizione di funzioni di forma che si basa sui cosiddetti level set (delle funzioni particolari).

Storia

Tutto questo è cominciato circa 20 anni fa.

In RADIOSS troviamo l'XFEM per piastre (elementi 2D).

Con l'XFEM vogliamo aumentare l'accuratezza degli spostamenti u che calcoliamo ai nodi: in un modello tradizionale quando si ha l'apertura della cricca il modello non rappresenterà più la realtà fisica e gli spostamenti che troveremo ai nodi saranno sbagliati.

Formulazione di base

Gli spostamenti diventano dati da una parte che è l'approssimazione tipica degli elementi finiti tradizionali e da una che è definita di arricchimento:

Questo secondo termine è dato da una sommatoria pesata: sommatoria di funzioni di forma N(x)k per una certa funzione ψ(x) per delle quantità a. Questi a sono dei gradi di libertà nodali k aggiuntivi che servono per modellare la fessura.

N (x) sono le funzioni di forma per i gradi di libertà

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
157 pagine
SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/14 Progettazione meccanica e costruzione di macchine

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mabefa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Modellistica numerica avanzata per la progettazione meccanica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Baldanzini Niccolò.