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La piramide della dieta Mediterranea
Insomma, incarna appieno un ideale moderno ma dal cuore antico. Un modo di produrre cibo, di consumarlo dall'impatto ecologico e sociale, visto che ad esempio la produzione di carne rossa comporta un elevatissimo consumo di risorse ambientali, accade il contrario con la produzione di frutta e verdura. La carne, se consumata in eccessiva quantità, consuma anima e corpo e soprattutto, fa male alla collettività. Per averne in quantità sufficiente a soddisfare la domanda infatti, diventa necessario intensificare l'allevamento con gravi danni economici e sanitari. Infatti più carne uguale più malattie, più lavoro per i medici e più guerre di espansione. In altre parole, ciò che fa bene all'uomo fa bene anche all'ambiente. A dimostrazione del fatto che la dieta mediterranea, a detta della FAO è uno dei regimi più ecosostenibili del pianeta proprio per questo motivo.
è proprio questa forma di vita sostenibile che trova nella convivialità il luogo dove il legame comunitario si rafforza e le tradizioni vengono trasmesse di generazione in generazione. Gli itinerari della dieta mediterranea. La memoria del cibo viene trattenuta dai ricordi che sono impigliati in una rete emozionale che ci ricorda tutto quello che abbiamo assaporato con particolare intensità. A volte però la memoria del cibo diventa una rammemorazione collettiva e rappresentazione pittorica, come dimostrano ad esempio le nature morte del mondo antico, in particolare gli affreschi di Pompei ed Ercolano, dove tra una scena mitologica ed un paesaggio astratto compare una soffice focaccia di grano con fichi. Le popolazioni di quei tempi richiedevano che si dipingesse sulle pareti delle loro case una miriade di xenia, vale a dire i doni per gli ospiti: coppe di cristallo con all'interno melograni rossissimi, capitoni, funghi o cestini di ricotta rovesciati per errore.o ancora grappoli d'uva con una lepre che la mordicchia furtivamente, insomma vere e proprie sinestesie d'altri tempi che se guardate con attenzione, fanno venire l'acquolina in bocca. Un effetto che destabilizza in qualche modo lo spettatore a distanza di un paio di millenni. E lo stesso stupore si prova quando si contemplano le cosiddette nature in posa del Seicento e del Settecento che a Napoli o nelle Fiandre erano così amate che una schiera di ottimi pittori dedicarono anima e corpo per soddisfare un mercato fiorentissimo. Una dimostrazione è il presepe napoletano, dove sono presenti riproduzioni fedelissime di pane, frutta, pesci e carni, soprattutto a Napoli, precisamente a San Gregorio Armeno. Lo scrittore spagnolo Leandro Moratin infatti, già nella Napoli a cavallo tra il Settecento ed Ottocento, considerava il presepe come una sorta di estetizzazione del mercato e di sacralizzazione del cibo in cui "tutto è esposto alpubblico” e la gente è contenta quando anche senza mangiare, c’è lo stesso damangiare. Altro esempio principale è il presepe Cuciniello di San Martino in cui è possibile scorgere unelemento dallo spiccato colorito barocco che fa del presepe un catalogo illustrato di cibi, merci, mestieri tipie ambienti dell’epoca. Proprio per questo motivo il Presepe è collegato al Natale dove tende a riprodurrequesto popolo chiassoso e festaiolo, quasi a dire che il Cristo non nasce altrove in un tempo lontano, maqui ed ora tra la sua gente e quindi è necessario festeggiare con numerosi banchetti. È interessante notaredelle riproduzioni di cibo distaccate dagli affreschi di Pompei, Ercolano ed Oplonti custoditi al MuseoArcheologico Nazionale di Napoli, seguiti dai quadri di nature morte al Museo di Capodimonte, all’internodella famosa reggia in cui Carlo di Borbone fece costruire una serra riscaldata per conservare le palme
daananas durante l'inverno. Oggi quella passione per i frutti viene conservata in una galleria del museo in cui sono presenti quadri di nature morte che raffigurano montagne di pere di colori diversi, o ancora foglie e fichi e tavole imbandite di scorfani, tonnetti, aragoste, tartarughe, calamari e molto altro. NAPOLI: Napoli è un'immensa capitale mediterranea, più antica di Roma stessa che segna quasi la sua diversità nei confronti delle altre città italiane. Una visita dell'intera città non può che partire da Castel dell'Ovo dove il mito della sirena Partenope portò all'origine di Napoli. Qui è presente da un lato Posillipo e dall'altro il Vesuvio che, secondo Goethe, segnano il carattere del luogo e dei suoi abitanti, tra le acque del golfo e i fuochi del vulcano, quindi un paradiso abitato da diavoli. Il lungomare è diventato ormai il luogo gastronomico per eccellenza dove la dieta.mediterranea è servita per tutte le tasche: alghe fritte, alici saltate, friarielli, zucchine e carciofi fritti diventano una filosofia di vita. La città dovrebbe essere visitata rigorosamente a piedi, risalendo le strade attraverso i secoli. Da Santa Lucia a piazza del Plebiscito, in cui è quasi d'obbligo fermarsi a fare colazione al Gambrinus, il bar più antico della città in cui trascorrevano intere mattinate Matilde Serao o D'Annunzio, tanto per citarne alcuni. Altro itinerario per le strade di Napoli, considerate il palcoscenico preferito delle persone che alzano la voce perché tutti partecipano, sono i Quartieri Spagnoli, un'immensa scacchiera costruita alla fine del Cinquecento da Don Pedro de Toledo per acquartierare le sue truppe. Qui oltre che ad un luogo in cui credenti e non si recano al Santuario di Santa Maria Francesca delle Cinque piaghe per ottenere la grazia di una gravidanza, il luogo è famoso per le sue.friggitrici di strada, o ancora per le dinastie di maestri pizzaioli, in cui si mangia in pochi minuti perché Napoli a dispetto di molti stereotipi è una città che va di fretta. Ma non solo pizze e fritture, ci sono anche dolci come sfogliatelle e babà ad esempio nel Bar Nilo in cui viene custodito un capello di Maradona come se fosse una reliquia in una vetrinetta. Altro luogo mistico ed enogastronomico è via Duomo, dove si trova il più famoso tarallificio della città, Leopoldo. In cui i taralli sono un intreccio di mandorle, pepe e farina di grano avvolti nel grasso di maiale che li rende dorati e profumati. Dopo aver attraversato il Reale Albergo dei poveri costruito da Carlo III per accogliere i più bisognosi, si passa a quella che veniva definita l'entrata della terra dei morti, ovvero l'attuale Rione Sanità in cui le strade sono circondate da ipogei, chiese e mercati che sfociano nella piazza delle Fontanelle,
dove una gigantesca grotta ospita e custodisce migliaia di crani allineati come se fossero libri in una biblioteca. Proprio accanto a questi luoghi si trovano numerose pizzerie e bar dove la solidarietà prende la forma della pizza o del caffè sospeso, una pratica che deriva dalla classica usanza napoletana di pagare una pizza o un caffè in più per offrirla a chi non ha la possibilità di permetterselo, perché la pizza ed il caffè a Napoli sono un modo per socializzare, invitare qualcuno nella propria cultura così come nella propria vita. Altra specialità che vige da quelle parti è la produzione dei fiocchi di neve di Poppella, che ormai sono diventati come un culto: palline di brioche ripiene con una crema agrumata e ricotta setacciata in cui la ricetta è ovviamente segreta. La storia del caffè: il caffè oramai a Napoli è quasi qualcosa di utopico, sacro che serve alle persone per conoscersi, viene.usato anche come scusa per fermarsi un attimo dal mondo lavorativo e riposarsi, ma anche per cominciare la giornata col piede giusto. La storia della "tazzulella" ha origine araba. Un'antica leggenda racconta che un giorno Maometto cadde in uno stato di profonda spossatezza, ed Allah per guarirlo gli inviò una bevanda nera tramite l'Arcangelo Gabriele da cui deriva il nostro caffè, chiamato kawa che ha a che fare con la kaba, ovvero l'oscura pietra santa della Mecca. Bastarono pochi sorsi ed il profeta si risvegliò diventando instancabile e sagace. (medicina) La tazzulella fa il suo ingresso in Europa solo alla fine del cinquecento suscitando un dibattito che divide l'opinione pubblica tra sostenitori e detrattori: da una parte il nord Europa che preferiva il vino, dall'altra il sud che era abituato alla cioccolata. Georg Kolschitzky, un condottiero di origine polacca imparò a preparare una bevanda durante i suoi viaggi inOriente dove aprirò una bottega e servirò il caffè con latte e miele, il melange, ovvero l'antenato del cappuccino, accompagnato da panini a forma di mezzaluna, praticamente dei cornetti ante litteram, le origini della nostra colazione.
SULLE COSTE: SORRENTO, AMALFI, CILENTO: La penisola sorrentina sembra avere a tutti gli effetti l'aspetto dell'Eden. La penisola è raggiungibile da un'autostrada che la collega a Napoli per giungere a Vico Equense sulla baia di Seiano, poi Meta e Piano di Sorrento. Sorrento è la terra in cui personaggi famosi come Lucio Dalla ci venivano a cercare emozioni ed ispirazioni per il loro canto. L'alimento più importante della penisola sorrentina sono i limoni, uno dei simboli più importanti della dieta mediterranea, essenziali per produrre il limoncello, liquore nato proprio da queste parti, precisamente nei pressi del chiostro di San Francesco. Numerosi viaggiatori del Grand Tour creano una vera
E propria mitologia del limone, facendo delle limonaie di Sorrento, Amalfi e Procida l'immagine della terra che a detta di Goethe era "quella dove fioriscono i limoni", in cui si produce il succo di limone che fa guarire dallo scorbuto ed allo stesso tempo è più dissetante dell'acqua stessa, e viene incluso nella razione kappa della marina britannica. Solo dopo viene scoperta la proprietà principale sotto il nome di Vitamina C, diventando un mantra del salutismo moderno. Il limone verrà praticamente usato per numerosi alimenti: dal sorbetto alla maionese passando per la scaloppina: un vero universale popolare della gastronomia. Altro itinerario importante è Sant'Agata sui Due Golfi, una penisola nella penisola, dove i Keys si recavano insieme ad Alfonso e Livia Iaccarino per discutere su come far conoscere al mondo i benefici della dieta mediterranea. Da allora Sant'Agata è diventata l'acropoli della dieta.
La costiera amalfitana si apre con Vietri, la porta d'ingresso, famosa per le sue ceramiche, le cosiddette riggiole. A qualche kilometro si trova Cetara, un borgo marinaro da cui il nome Cetaria che significa tonnara. Qui da ogni parte arriva il profumo del mare racchiuso nelle alici e tonno sott'olio.