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CAPITOLO: ENERGIA GEOTERMICA
L’energia geotermica si basa sull’utilizzazione del calore naturale generato dal terreno; essendo lega ta agli scambi di
calore che avvengono lungo la crosta terrestre non soffre di stagionalità a differenza delle altre rinnovabili . I gradienti
di temperatura presenti sotto la superficie sono rilasciati a seguito dei processi di decadimento radioattivo degl i
elementi naturali contenuti all’interno della composizione della crosta terrestre quali Uranio, Torio e Potassio.
L’individuazione di aree geografiche con attitudine allo sfruttamento di energia geotermica richiede indagini
superficiali e profonde del terreno per determinare l’installazione di una qualunque tipologia di impianto e, affinché
si possano garantire dei buoni rendimenti, è necessaria la conoscenza della stratigrafia del terreno e i materiali
presenti in composizione chimica.
Per comprendere il fenomeno geotermico è necessario avere conoscenza della composizione della crosta terrestre.
È stato stimato che sino alle profondità raggiungibili con le moderne tecniche di perforazione il gradiente geotermico
medio è 2,5-3 °C/100 m da cui ne consegue che se la temperatura nei primi metri sotto la superficie corrisponde con
buona approssimazione alla temperatura media annua dell’aria esterna cioè 15 °C, è possibile prevedere che la
temperatura a 2000 m di profondità si attesti intorno ai 65-75 °C e di 90-105 °C a 3000m e via di seguito. La zona di
interesse geotermico rientra essenzialmente nella cosiddetta litosfera che comprende la crosta e una parte del
mantello.
Vi sono comunque vaste regioni nelle quali il valore
del gradiente geotermico si discosta sensibilmente
da quello medio. Si può avere gradiente
geotermico di 1 °C/100 m o addirittura aree in cui
può raggiungere valori superiori a dieci volte quello
normale. La differenza di temperatura tra le zone
più profonde e calde e quelle superficiali più
fredde, genera un flusso di calore dall’interno
verso l’esterno della terra. Il flusso di calore medio
terrestre è pari a 87 kW/kmq ma non è
uniformemente distribuito sulla superficie, bensì
estremamente variabile.
Il nostro pianeta è formato dalla crosta, che ha uno
spessore di circa 20-65 km nelle aree continentali
e 5-6 km in quelle oceaniche, dal mantello, spesso
circa 2900 km e dal nucleo che ha un raggio di circa
3470 km. L’involucro esterno, cioè la crosta più
parte del mantello prende il nome di litosfera.
Questa si comporta come un corpo rigido. Sotto di
essa si trova l’astenosfera, formata dalla parte alta del mantello e che ha un comportamento più plastico. Nelle zone
dove è più sottile, soprattutto nelle placche oceaniche, la litosfera è spinta verso l’alto e fratturata dal materiale
molto caldo e parzialmente fuso, che risale dall’astenosfera in corrispondenza dei rami a scendenti delle celle
convettive: si formano così le dorsali→ le rocce fuse emergono e a contatto con l’acqua solidificano formano nuova
crosta oceanica. In realtà si hanno solitamente due flussi che si diramano in direzioni opposte facendo si che i fondal i
si allontanino gli uni dagli altri. Da altre parti questo comporta la riduzione della crosta perché la superficie
complessiva non è aumentata: ci sono zone di subduzione dove la litosfera si inflette verso il basso. Le dorsali, le
faglie e le zone di subduzione formano un reticolato che divide la terra in placche o zolle, sei di grande dimensione
e numerose più piccole. Le zolle si muovono di continuo e i loro margini corrispondono a zone di fragilità e da flussi
di calore elevati. 12
-SISTEMA GEOTERMICO
Un sistema geotermico è formato essenzialmente da tre sezioni:
• La sorgente di calore
• Il serbatoio
• Il fluido
La sorgente di calore può essere un’intrusione magmatica a temperatura molto alta (>600 gradi centigradi)
posizionata a piccole profondità (5-10 km) oppure può essere dovuta al normale calore proveniente dal centro della
terra.
Il serbatoio è un complesso di rocce calde permeabili nel quale i fluidi possono circolare assorbendo il calore.
Solitamente è ricoperto da rocce impermeabili e connesso a zone di ricarica superficiali dalle quali le acque
meteoriche possono sostituire, in parte o totalmente, i fluidi perduti attraverso vie naturali o che sono estratti
mediante pozzi.
Il fluido geotermico è il mezzo che trasporta il calore e nella maggioranza dei casi è costituito da acqua meteorica in
fase liquida o vapore, in dipendenza dalla sua temperatura e pressione. Molto spesso l’acqua porta con se sostanze
chimiche e gas come CO2 H2S…
Le leggi che regolano la convezione dei fluidi sono alla base del meccanismo dei sistemi geotermici . La convezione si
attiva in seguito al riscaldamento ed alla conseguente espansione termica del fluido in campo gravitazionale, il calore
alla base del sistema di circolazione è l’energia che alimenta è muove il sistema. La costruzione del modello di un
sistema geotermico reale non è affatto facile. La sorgente di calore è l’unico dei tre elementi di un sistema
geotermico che deve essere naturale, gli altri possono essere “artificiali” ( es. pozzi di reiniezione per ridurre
l’impatto ambientale).
In figura è riportato un modello si sistema geotermico: La curva 1 è la curva di ebollizione
dell’acqua ( infatti maggiore è la
profondità, maggiore è la pressione e
maggiore sarà la temperatura di
ebollizione, la curva 2 mostra
l’andamento della temperatura del
fluido lungo il suo percorso dal punto
di ingresso A a quello di uscita E. Il
punto di inizio ebollizione è
determinato dalla pressione a cui ci si
trova.
In base alla temperatura del serbatoio
si distinguono serbatoio ad alta (>150
gradi centigradi), media (90-150) e
bassa entalpia (<90); i primi sono destinati alla produzione di energia elettrica o per usi diretti ( cicli single-double
flash..), i secondi si prestano all’uso con cicli binari per la produzione di en elettrica o per usi diretti mentre gli ultim i
si prestano solo a usi diretti.
Si possono avere due tipologie di serbatoio: a liquido dominante o a vapore dominante. Nel primo caso le fratture
sono occupate da acqua, con bolle di vapore occasionali (liquido saturo); nel secondo caso le fratture sono occupate
da vapore con una pellicola d’acqua aggrappata alle pareti delle fratture e nei cunicoli. 13
-ESPLORAZIONE GEOTERMICA
È di fondamentale importanza ed è composta da tre fasi:
1. Fase di riconoscimento: identificazione e classificazione delle aree più promettenti per l’esplorazione
2. Fase di esplorazione o prefattibilità: valutazione economica dell’investimento, strategie di sviluppo, analisi
della superficie, perforazione e test; sono condotti rilievi di varia natura e interdisciplinari: es. valutazione
del tipo di rocce in superficie e sotto, informazioni qualitative e quantitative sulle acque sotterranee e loro
composizione chimica, temperatura, densità… si inizia a costruire pozzi esplorativi al fine di fare prove a
lungo termine che danno indicazioni su pressione, temperatura e portata estraibile
3. Fase di sviluppo: proposta di un modello di serbatoio, strategia produttiva, analisi 3D
La perforazione geotermica è realizzata attraverso la rotazione di aste con nella parte terminale uno scalpello che
tritura la roccia. Per perforare è di fondamentale importanza il fluido di perforazione, il quale viene pompato ad alta
pressione all’interno delle aste attraverso la testa di iniezione e fuoriesce dallo scalpello; risalendo dall’intercapedine
foro-aste, trasporta i detriti fino in superficie dai quali viene separato mediante vibrovagli. Il fluido sostiene inoltre
le pareti del pozzo, così come la cementazione del pozzo. In caso di composizione di rocce poco favorevoli o nel caso
in cui si abbia la necessità di non scavare verticalmente si possono utilizzare profili direzionati come quello di slant,
ad S e orizzontale.
-BOILING POINT FOR DEPTH BDP: MODELLO DI RISALITA VERTICALE DEL FLUSSO
Solitamente il flusso che risale da elevate profondità è costituito da acqua o fluido supercritico; mentre il fluido risale
la sua pressione scende e dipendentemente dalla temperatura e dalla composizione chimica, il fluido inizia a
vaporizzare, con formazione di due fasi una liquida e una vapore. Il modello che si usa è quindi quello che assume il
fluido allo stato liquido in profondità che arriva all’ebollizione quando raggiunge la pressione di saturazione
(ovviamente a temperature maggiori di quelle normali di 100 gradi centigradi, essendo la pressione più alta).
Nella maggior parte dei casi il contributo della conduzione attraverso gli strati
terrestri al trasporto del calore può essere trascurato. Si osserva che prima che inizi
l’ebollizione la distribuzione di temperatura è data T=T dove T è la temperatura
b b
base costante a quel livello, determinata dal flusso termico in profondità; dopo che
l’ebollizione è iniziata la temperatura è quella di saturazione funzione della
pressione T=T (p), come si vede nella figura di lato.
sat
Il gradiente di pressione ad una generica profondità è dato da: gradiente
idrostatico+gradiente dinamico causato dal flusso ascendente. Nella maggior parte
dei casi il secondo è al di sotto del 10% del primo e può essere anche molto inferiore
a tale livello. Trascurando questo gradiente dinamico una buona approssimazione
14
del BDP si può ottenere con il classico gradiente idrostatico (legge di stevino, liquido fermo). Il profilo di pressione
del BDP è quindi quello di una colonna statica di acqua la cui temperatura è, in ogni punto, quella di saturazione
corrispondente alla pressione in quel punto→ BDP è una colonna statica di liquido che si trova in condizioni di
ebollizione in ogni punto. Il modello di colonna liquida in ebollizione in ogni punto per il calcolo del BDP (almeno fino
al raggiungimento della sezione a temperatura costante) è una buona approssimazione dello stato iniziale delle
massa centrale del flusso risalente dal serbatoio; è comunque un’approssimazione: pressioni e temperature effettive
possono essere più alte o più basse. Il profilo BDP è meno indicativo dove i flussi rilevanti sono presenti e non si può
trascurare il gradiente dinamico.
In realtà la presenza di gas incondensabili nell’acqua ha come effetto quello di far iniziare l’ebollizione a profondità
maggiori rispetto al caso in cui si consideri semplice acqua.