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IRES
Società di capitali
Reddito di impresa IRES 5% del dividendo
o enti commerciali che viene
assoggettato
Enti non
Reddito di capitale IRES 100%
commerciali o
società semplici
Gli enti non commerciali rientrano interamente nella base imponibile come
reddito di capitale 100% poi sono tassati in misura agevolata come enti non
commerciali (no doppia agevolazione).
Le plusvalenze.
Quando il socio anziché ricevere il dividendo, cede la partecipazione e realizza
una plusvalenza, la plusvalenza viene trattata come i dividendi.
Il 26% si applica sia per le plusvalenze derivanti dalle persone fisiche, sia per i
dividendi. Se realizzo una plusvalenza, avremo redditi diversi, realizzati dalle
persone fisiche, anziché redditi di capitale. Sono trattati in modo uguale, per i
redditi diversi delle persone fisiche ovviamente non avrò una ritenuta alla fonte a
titolo di imposta perché la ritenuta posso averla solo quando ho un soggetto che
eroga denaro nei confronti di un altro soggetto, come nel dividendo. Qui ho solo
una persona fisica che vende ad un’altra la sua partecipazione.
Le plusvalenze le abbiamo ovviamente quando è positivo il differenziale tra il
prezzo di vendita e il valore fiscalmente riconosciuto è positivo.
La minusvalenza è il differenziale negativo tra il prezzo di vendita e il valore
fiscalmente riconosciuto.
Esempio. Società che cede partecipazione che aveva valore fiscale di 100,
viene ceduta per 500. Ha i requisiti PEX, emerge una plusvalenza pari a
400, soltanto il 5% di 400 rappresenta la base immobile, quindi solo a 20
applicherò l’aliquota IRES. 61
Se la partecipazione viene ceduta per 40, realizzeremo una minusvalenza
pari a 60. Questo è un costo che non è deducibile perché ricorrono i
requisititi PEX.
Se non ho i requisiti PEX, la plusvalenza di 400 sarà interamente tassata
perché non ricorrono i requisiti di esenzione, ma la minusvalenza di 60 sarà
interamente dedotta. Perché non ricorrono i requisiti.
Nel momento in cui vi sono i requisiti della partisipation exemption la
minusvalenza non è deducibile, quindi nel momento in cui ricorrono i quattro
requisiti e una partecipazione viene ceduta, così come la plusvalenza non è
tassata anche l’eventuale minusvalenza non è dedotta.
Gli interessi passivi per le società di capitali e gli enti commerciali.
Gli interessi passivi sono deducibili nei limiti degli interessi attivi interamente,
ovvero fino a quando abbiamo interessi attivi gli interessi passivi sono deducibili.
Quando gli interessi passivi superano gli interessi attivi questa eccedenza è
deducibile nel limite del 30% del risultato operativo lordo.
Gli interessi passivi sono il costo per il denaro preso a prestito. Questi interessi
passivi sono costi della produzione del reddito, è un costo inerente all’attività di
impresa.
Gli interessi attivi li abbiamo invece quando la società da a prestito denaro e
riceve in cambio la maturazione di interessi attivi.
Esempio. Assumiamo di avere interessi passivi per 100 e interessi attivi
pari a 120. In questo caso gli interessi passivi sono interamente deducibili.
Se gli interessi passivi sono 100 e gli interessi attivi 0, questo 100 è
deducibile fino al 30% del risultato operativo lordo. Il risultato operativo
lordo è un indice di bilancio, che si ricava dal bilancio e misura il risultato
civilistico dell’attività caratteristica dell’impresa, esclude alcuni proventi
straordinari, lascia solo il risultato operativo caratteristico dell’impresa.
Assumiamo che il ROL sia pari a 100, posso allora dedurre 30.
Se il ROL fosse 200 sarebbe deducibile nel limite di 60. I miei interessi
passivi che sono 100 li deduco nel limite di 60, i 40 restanti di interessi
passivi che non ho potuto dedurre li riporto all’anno successivo se l’anno
successivo ho capienza di ROL.
13. IVA: operazioni imponibili. Soggetti. Territorialità. Meccanismi
applicativi. Imposta di registro
L’IVA è l’imposta sul valore aggiunto. È un’imposta indiretta, si fonda su gli indici
indiretti di capacità contributiva, colpisce il consumo, che è un indice indiretto
della capacità contributiva. L’IVA è un’imposta che è stata prevista da una
direttiva dell’Unione Europea, è stata recepita con il d.p.r. 633/1972.
Le imposte sul consumo si dividono in due macrocategorie:
Monofase
62
Plurifase, a loro volta si dividono in quelle:
A cascata o cumulative;
o Sul valore aggiunto.
o
Esempio. Abbiamo una società che produce borracce di plastica (A), la società B
è una società che commercializza, vende borracce e infine ci sono io consumatore
finale.
A e B sono due società di capitali. A vende la borraccia per 100, B vende la
borraccia a 150. L’imposta monofase colpisce l’ultimo passaggio, quindi
soltanto la vendita dall’ultimo imprenditore al consumatore finale, tutte le altre
non sono colpite. Vuol dire che il C pagherà 150 più l’imposta sul consumo. Il
soggetto passivo del tributo, cioè chi paga il tributo ovvero l’imprenditore che
incassa l’imposta da tutti e poi va a versare all’erario. L’imposta è pari al 22% sul
prezzo di vendita, quindi pagherà 150 più 33 ovvero 183. B versa all’erario 33.
L’erario incassa 33.
Gli stati uniti adottano l’imposta monofase. Sul cartellino non compare l’importo
comprensivo dell’imposta sul consumo, compare solamente il costo del prodotto,
l’imposta viene aggiunta in cassa.
L’imposta plurifase è un’imposta che colpisce più fasi, l’imposta plurifase
colpisce non soltanto la vendita della borraccia da B al consumatore, ma anche il
passaggio precedente con il 22% ovvero 100 più 22. L’imposta plurifase a
cascata o cumulativa fa sì che ad ogni passaggio l’imposta si cumula, A dovrà
versare all’erario 22, l’erario incasserà 55 è come se ad ogni passaggio
corrispondesse un consumo.
È un’imposta altamente inefficiente dal punto di vista economico, perché
distorce il comportamento economico perché nessuno costruirebbe mai questa
catena di passaggi, tutti gli imprenditori sarebbero incoraggiati a riunirsi in un
unico soggetto che produce e commercializza.
Da qui nasce l’imposta sul valore aggiunto, è un’imposta plurifase ma si basa
su un meccanismo che si chiama detrazione rivalsa. Questo meccanismo
comporta che per i soggetti passivi dell’IVA, quindi non il consumatore finale, ma
per A e B l’imposta è neutrale, non comporta alcun onere per i soggetti passivi.
Ogni soggetto giuridico ha diritto a una detrazione e ha un diritto-dovere di
rivalsa.
La società B ha esercitato il proprio diritto-dovere di rivalsa sul consumatore
finale, chiedendo 33 di IVA, questa imposta è chiamata IVA a debito.
Accanto a questa rivalsa vi è anche una detrazione o IVA a credito,
l’imprenditore B ha una detrazione, un credito IVA, pari all’Iva che ha versato al
proprio fornitore A. Quindi sugli acquisti ho un credito iva, sulle vendite ho un
debito iva. Vuol dire che B avrà un debito con l’erario di 33, ma ha diritto ad una
detrazione pari a 22, che è l’iva che ha dovuto versare per acquistare dal proprio
fornitore la borraccia. All’erario verserà 11. Il soggetto A non ha detrazione perché
produce lui la borraccia dal nulla, dovrà versare 22. Adesso per A e B l’iva è
diventata neutrale perché B ha dovuto pagare 22 al proprio fornitore, ha
incassato 33 e la differenza positiva di 11 la versa all’erario, non ha perso nulla
come iva. A invece ha incassato 22 e versato 22. Per loro l’iva è una partita di
63
giro. Questo è il meccanismo di detrazione rivalsa, detrazione sugli acquisti e
rivalsa sulle vendite.
L’iva alla fine grava sul consumatore finale, ecco perché si dice che è un’imposta
sul consumo, anche se i soggetti passivi che si interfacciano con l’erario sono le
società.
Soggetti passivi
I soggetti passivi dell’iva sono:
Gli imprenditori commerciali;
I lavoratori autonomi;
Gli imprenditori agricoli.
I consumatori finali siamo noi ultimi acquirenti del bene. Il mercato di seconda
mano tra privati non rileva ai fini dell’iva perché non siamo soggetti passivi.
Art. 2 D.p.r. 633/1972 cessione di bene
Il primo comma da una definizione generale di quella che è la cessione di bene.
Il secondo comma indica le operazioni che sono assimilate alla cessione di bene.
Il terzo comma ci indica le operazioni escluse.
Co.1
Costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano
trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti
reali di godimento su beni di ogni genere.
Al co.2 vengono previste delle operazioni assimilate alla cessione di beni come:
La vendita con riserva di proprietà;
Le cessioni gratuite di beni merce, come l’autoconsumo, se
l’imprenditore B porta a casa la borraccia per suo figlio, anche se non è a
titolo oneroso quell’attività è rilevante ai fini dell’iva, genera iva a debito.
Il co.3 invece esclude determinate operazioni come:
I campioncini gratuiti dati in profumeria, se noi applicassimo i commi
precedenti dovremmo considerare questa cessione a titolo gratuito come
rilevante ai fini dell’iva, ma nel comma tre sono escluse queste tipo di
cessioni: le cessioni di campioni gratuiti di modico valore
appositamente contrassegnati, per questo c’è scritto che quei beni non
sono idonei alla vendita, perché non sono soggetti ad iva;
La cessione di azienda e le operazioni straordinarie sono operazioni
fondamentali per la vita di un’impresa e sono esclusi ai fini dell’iva, sono
sottoposte al tasso di registro.
L’articolo 3 tratta sempre delle operazioni rilevanti ai fini dell’iva ma con
riguardo alle prestazioni di servizi, anche qui abbiamo una regola generale,
delle fattispecie assimilate e delle fattispecie escluse. 64
Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo
dipendenti da contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione,
agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non
fare e di permettere quale ne sia la fonte.
L’articolo 10 descrive le operazioni esenti. c’è differenza tra un’operazione
esente e un’operazione esclusa dall’iva. Le operazioni esenti sono