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Un’altra forma di esercizio del diritto di difesa nel corso delle indagini preliminari è la c.d. indagine

difensiva. Esiste il fondamentale diritto delle parti che è il diritto alla prova (il “diritto a difendersi

provando”). Per poter esercitare efficacemente questo diritto il difensore deve sondare l’esistenza

di possibili prove a favore, quindi questa è un’attività che corrisponde sostanzialmente all’attività

del pm: è una vera e propria investigazione. Il codice, pur ispirato al principio di parità delle parti e

pur affermando il diritto alla prova, non conteneva neppure una norma riguardo alle indagini

difensive: c’era solo l’art. 38 delle norme di attuazione del codice, che diceva che, al fine di

esercitare il diritto alla prova, i difensori, anche a mezzo di sostituti o assistenti tecnici o

investigatori privati, hanno facoltà di svolgere investigazioni per ricercare e individuare elementi di

prova a favore del proprio assistito, nonché hanno diritto di conferire con le persone che possono

dare informazioni. L’art. 38 diceva quindi una cosa fondamentale e rivoluzionaria. Questa disciplina

lasciava però aperti moltissimi problemi: in particolare, il difensore non aveva nessun potere

autoritativo (come quello del pm), e, soprattutto, non era prevista alcuna forma di documentazione

di quest’attività investigativa e non era previsto quale valore probatorio potesse avere.

In un primo momento, si è intervenuto sull’art. 38 delle norme di attuazione del codice,

introducendo due nuovi commi.

In un secondo momento, la l. 397/2000 ha introdotto un intero Titolo del codice, il Titolo 6-bis, che

regola le indagini difensive.

Innanzitutto, è stata regolata nel dettaglio la dinamica dei rapporti tra il difensore e la persona

informata sui fatti. Infatti, è detto espressamente che il difensore può scegliere tra 3 diverse

modalità di presa di contatto con la persona informata sui fatti:

può scegliere di parlare con le persone informate sui fatti attraverso un colloquio non

• documentato

può chiedere che la persona rilasci una dichiarazione scritta e sottoscritta

• può chiedere che la persona rilasci dichiarazioni verbalizzate dal difensore, previste dall’art. 391-

• ter

In ogni caso, il difensore deve dare una serie di avvertimenti alla persona informata sui fatti. In

particolare, due avvertimenti sono molto importanti: la persona informata dei fatti non è obbligata a

rispondere, ma se decide di rispondere deve farlo secondo verità e, se mente, commette un reato

(art. 371-ter, false informazioni al difensore), punibile con la reclusione fino a 4 anni.

Il difensore, di fronte a un rifiuto, può fare due cose:

può chiedere al pm di disporre l’audizione del testimone, e in questo caso, si tratta di un atto del

• pm a cui partecipa anche il difensore: nonostante la partecipazione del difensore resta

comunque un atto del pm; è un contraddittorio senza la presenza del giudice, è infatti un istituto

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molto strano. Il pm, dice la legge, è obbligato a disporre l’audizione, ma vi è un dibattito e

secondo alcuni rimane un margine di discrezionalità da parte del pm.

può richiedere incidente probatorio, cioè chiedere che questa persona sia sentita dal giudice per

• le indagini preliminari, con le forme proprie di acquisizione della prova.

Oggi, esiste presso il giudice per le indagini preliminari, il fascicolo del difensore, in cui il

difensore può inserire il frutto dell’attività investigativa del difensore. In questo modo, non ha solo

gli atti del pm ma anche gli atti di indagine difensiva contenuti nel fascicolo del difensore.

Inoltre, è stata equiparata la disciplina degli atti del pm e degli atti del difensore per quanto

riguarda il recupero dibattimentale. Si possono utilizzare le dichiarazioni raccolte dalla difesa

anche ai fini delle contestazioni, con le stesse regole che si applicano agli atti del pm.

Infine, il difensore è anche tenuto a compiere accertamenti irripetibili: in questo caso, il difensore

deve dare avviso al pm perché possa presenziare agli accertamenti.

Se nel corso delle indagini difensive, vengono rilasciate dichiarazioni contrarie all’imputato, il

difensore non ha nessun obbligo di utilizzare le dichiarazioni a processo. Quello che non può fare il

difensore è selezionare le risposte della persona informata sui fatti: questo comportamento è stato

ritenuto penalmente illecito dalle Sezioni Unite nel 2006 per falso in atto pubblico, perché hanno

ritenuto il difensore nel corso delle indagini difensive un pubblico ufficiale.

Per quanto riguarda il rapporto tra il valore probatorio delle indagini difensive e il principio

del contraddittorio nel momento di formazione della prova, con la disciplina delle indagini

investigative sono state introdotte delle nuove deroghe al principio del contraddittorio: infatti, sono

state moltiplicate le ipotesi in cui atti formati unilateralmente fuori dal contraddittorio diventano

prove. La questione più delicata è che tra le deroghe al principio del contraddittorio c’è il consenso

dell’imputato (art. 111.5 Cost.), che era stato pensato per il giudizio abbreviato. Tuttavia, il

consenso dell’imputato può svolgere la sua funzione di fattispecie vicaria rispetto al contraddittorio

quando l’atto formato unilateralmente sia un atto del pm: non ha nessun senso questo discorso

applicato agli atti di indagine difensiva, compiuti dal difensore, e quindi l’imputato stesso. La logica

vorrebbe che per fare in modo che gli atti di indagine difensiva diventassero prove ci vorrebbe il

consenso del pm. Questo discorso ha un senso ma deve fare i conti con il dato normativo: infatti,

se il legislatore costituente avesse scritto l’art. 111.5 Cost. prima della l. 397/2000, non avrebbe

scritto “consenso dell’imputato” ma “consenso delle parti”. Perciò, oggi, l’imputato, con il proprio

consenso, può fornire valore di prova ad atti di indagine formati da lui stesso. Questa questione è

finita sul tavolo della Corte Costituzionale nel 2009: la Corte ha detto che siccome l’art. 111.5 Cost.

parla di “consenso dell’imputato”, ciò rileva chiaramente che il principio del contraddittorio nel

momento di formazione della prova rappresenta uno strumento di salvaguardia dell’imputato, e

quindi sarebbe contrastante con lo spirito dell’art. 111.5 Cost. imporre il consenso del pm

all’acquisizione come prova degli atti di indagine difensiva. Ridurre il principio del contraddittorio a

mera garanzia soggettiva compromette le stesse ragioni della difesa: la Corte Costituzionale

avrebbe dovuto quindi più ragionevolmente lavorare sull’interpretazione dell’art. 111.5 Cost.

L’incidente probatorio

Per quanto riguarda l’incidente probatorio, bisogna dire che anche il sistema processuale penale

più rispettoso del principio di formazione dibattimentale della prova deve fare i conti con

l’eventualità che si renda necessario o anche soltanto utile per certi motivi anticipare l’acquisizione

della prova a una fase che precede il dibattimento stesso.

A questa finalità risponde l’istituto dell’incidente probatorio, che è una sorta di parentesi

giurisdizionale, che si apre nel corso delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare, e in virtù

del quale una prova viene acquisita prima del dibattimento.

Le prove acquisite mediante incidente probatorio sono utilizzabili come prova a dibattimento. Si

parla quindi di un’autentica acquisizione probatoria. È fatto salvo il principio del contraddittorio, ma

sono sacrificati il principio della pubblicità e dell’oralità.

La legge delega prevedeva genericamente che il legislatore delegato avrebbe dovuto consentire

l’acquisizione della prova mediante incidente probatorio nei casi di non rinviabilità della prova a

dibattimento. Nel dare attuazione alla delega, il legislatore ha consentito l’acquisizione anticipata

della prova per una serie di ragioni ispirate ad esigenze di varia natura, che rendono oggi incerta la

fisionomia funzionale dell’istituto. 48

Si possono dividere i casi di incidente probatorio in alcuni grandi gruppi:

un primo gruppo comprende i casi in cui la prova sia acquisita mediante incidente probatorio

• perché a dibattimento c’è il rischio che la prova non si riuscirebbe ad acquisire o non si

riuscirebbe ad acquisire genuinamente.

Questi casi di prova indifferibile sono elencati dall’art. 392, comma 1, che dice che nel corso

delle indagini preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al

giudice che si proceda con incidente probatorio:

a) all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa

L’art. 512 consente

non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento.

la lettura delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti quando sia divenuta impossibile la

ripetizione a dibattimento per circostanze imprevedibili: questa è una norma che si lega

strettamente all’incidente probatorio, perché se le circostanze sono prevedibili bisogna invece

assolutamente chiedere l’incidente probatorio, perché altrimenti non vi potrebbe essere la lettura

delle dichiarazioni precedenti ex art. 512. Se viene chiesto l’incidente probatorio ma poi le

circostanze prevedibili non si verificano e il testimone può rendere dichiarazioni a dibattimento,

allora in quel caso ci sono due prove.

b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di

ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità

affinché non deponga o deponga il falso;

c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri;

d) all'esame delle persone indicate nell'articolo 210;

e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso

dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b);

f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui

stato è soggetto a modificazione non evitabile;

g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l'atto al

dibattimento.

in altri casi si ricorre all’incidente probatorio per ragioni di salvaguardia del principio di

• concentrazione del dibattimento, cioè si ricorre a incidente probatorio quando l’assunzione della

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Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher RickyDazza di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Caprioli Francesco.
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