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L’art. 35 dice che:
Un obbligo per uno Stato terzo sorge da una disposizione di un trattato se le parti a questo trattato intendono
creare l'obbligo per mezzo della suddetta disposizione e se lo Stato terzo accetta espressamente per iscritto
l'obbligo suddetto.
Per quanto riguarda la revoca o modifica di obblighi o diritti di Stati terzi, l’art. 37 dice che:
1. Nel caso di un obbligo sorto a carico di uno Stato terzo ai sensi dell'accordo 35, l'obbligo in questione può
essere revocato o modificato soltanto col consenso delle parti al trattato e dello Stato terzo, a meno che non
risulti che essi avevano convenuto diversamente.
2. Nel caso di un diritto sorto a vantaggio di uno Stato terzo ai sensi dell'articolo 36, il diritto in questione non
può essere revocato o modificato dalle parti se risulta che esso era destinato a non essere revocabile o
modificabile senza il consenso dello Stato terzo. 14
4. L’adattamento del diritto interno al diritto internazionale
Non esistendo un’autorità centrale che amministri in concreto il diritto internazionale, sono gli stati
che rendono possibile il rispetto del diritto internazionale attraverso le loro strutture organizzative.
L’adattamento è l’attività che devono fare tutti gli Stati per fare entrare nel diritto interno il diritto
internazionale. È detto anche recepimento del diritto internazionale nel diritto interno.
Il diritto internazionale non prescrive una modalità di adattamento, ma lascia ai singoli Stati liberi di
provvedervi come meglio credono.
Vi è una tradizionale contrapposizione tra teoria monista e teoria dualista. Ad esempio, la Corte di
Lussemburgo ha un’impostazione monista, dove vi è l’ordinamento dell’Unione sopra a tutti gli altri.
La Corte Costituzionale ha invece un’impostazione dualista, come emerge dalla sentenza
Granital.
Focarelli dice, invece, che c’è una funzione sistemica del diritto internazionale che realizza la
sua universalità.
Le tecniche di adattamento sono:
• il procedimento ordinario, che consiste nella riformulazione della norma internazionale
attraverso una norma interna di contenuto corrispondente
• il procedimento speciale (o con rinvio). In questo caso, la norma interna si limita a rinviare
alla norma internazionale senza riformularla.
Nella prassi, di solito, il legislatore usa il procedimento speciale, anche se entrambi i procedimenti
raggiungono il risultato dell’adattamento.
Vi sono vari livelli di applicabilità interna:
• l’inoperatività.
• l’applicabilità diretta: quando è avvenuto l’adattamento, la norma internazionale opera
all’interno dell’ordinamento statale e deve essere applicata.
• l’azionabilità individuale: si ha nei casi in cui la norma internazionale crea diritti e obblighi
anche per gli individui, quindi sia da essi invocabile o azionabile davanti ai giudici nazionali (ad
esempio, le norme europee direttamente applicabili).
• la completezza: la norma internazionale può essere incompleta nel contenuto per essere
applicata in concreto, quindi è necessario un provvedimento nazionale ulteriore integrativo o
specificativo che la renda applicabile. La valutazione dipende anche dalle caratteristiche
dell’ordinamento nazionale.
Un esempio di adattamento al diritto internazionale è l’art. 5 della Costituzione Svizzera, che
dice che:
Il diritto è fondamento e limite dell’attività dello Stato.
L’attività dello Stato deve rispondere al pubblico interesse ed essere proporzionata allo scopo.
Organi dello Stato, autorità e privati agiscono secondo il principio della buona fede.
La Confederazione e i Cantoni rispettano il diritto internazionale.
Non vi è una distinzione tra diritto consuetudinario e diritto pattizio: la Svizzera deve rispettare tutto
il diritto internazionale. In Italia vi è un adattamento diverso da questo adattamento della
Costituzione svizzera: la “conformazione al diritto internazionale” è un adattamento meno solido
del “rispetto del diritto internazionale”.
Per quanto riguarda il rango delle norme internazionali, il problema è il rango che le norme
internazionali adattate hanno nell’ordinamento interno in rapporto alle altre norme nazionali.
Nell’ordinamento italiano, la norma internazionale ha il rango della norma nazionale che provvede
al suo adattamento.
L’adattamento del diritto italiano alla consuetudine internazionale
L’art. 10.1 Cost. dice che l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto
internazionale generalmente riconosciute. Tutto l’ordinamento statale deve essere perciò
conforme al diritto internazionale generale. 15
Per “norme di diritto internazionale generalmente riconosciute” si intendono:
• le norme consuetudinarie
• le norme cogenti (“norme imperative del diritto internazionale generale”)
• i principi generali del diritto internazionale
Per quanto riguarda il rapporto tra diritto internazionale generale e norme di legge ordinaria,
una disposizione interna che fosse in contrasto con una norma di diritto internazionale generale
sarebbe incostituzionale ex art. 10.1 Cost. Nell’ipotesi di contrasto tra una norma interna e una
norma di diritto internazionale generale, il giudice ordinario ha il compito di interpretare la norma
interna in maniera conforme al diritto internazionale generale. Egli non può disapplicare la norma
interna, ma deve sollevare la questione di costituzionalità.
Per quanto riguarda invece il rapporto tra norme di diritto internazionale generale e norme
costituzionali, si ha un ipotesi di contrasto tra norme di pari rango (ad esempio, materia di diritti
dell’uomo e del cittadino).
Si hanno in questione la sentenza Russel (sentenza 48/1979 della Corte Costituzionale, del 18
giugno 1979) e la sentenza 238/2014 della Corte Costituzionale, del 22 ottobre 2014 (caso
deportati).
La tutela dei “controlimiti” costituzionali come eccezione alla norma internazionale
sull’immunità degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile? - Il caso della sentenza
238/2014 della Corte Costituzionale (Giovanni Boggero)
L’immunità è un ostacolo che impedisce la giurisdizione nei confronti di uno Stato straniero.
Quando un individuo compie un atto di diritto internazionale questo atto viene imputato allo Stato.
Quando questo atto è lesivo di interessi o beni materiali di un altro Stato si pone il problema della
sanzione.
La ratio dell’immunità è quella di evitare contrasti tra Stati. Si è passati dall’immunità assoluta
(l’immunità era prevista, prima della fine delle monarchie assolute, per ogni atto) all’immunità
ristretta. Nel paragrafo 3.3 della sentenza 238/2014 della Corte Costituzionale si ripercorre questa
evoluzione. Si distingue ora tra immunità assoluta (acta iure imperii) e immunità ristretta (acta iure
gestionis): i primi sono atti commessi dallo Stato o dai suoi funzionari, i secondi sono atti
commessi dai privati.
Anche se si tratta di acta iure imperii, alcuni giudici (tra questi si includono giudici italiani e giudici
greci) incominciano a esercitare la giurisdizione nei confronti di uno Stato straniero, per crimini di
guerra e contro l’umanità commessi da organi dello Stato nel corso della Seconda Guerra
Mondiale.
Il primo caso è il caso Ferrini (Corte di Cassazione, 2004): in questo caso, l’Italia ha esercitato la
giurisdizione civile nei confronti della Germania (risarcimento del danno) in un caso di
deportazione del signor Ferrini in Germania.
Si cerca in queste sentenze di prevedere una eccezione umanitaria per acta iure imperii nel
diritto internazionale.
La Corte Internazionale di Giustizia accoglie la richiesta della Germania e rigetta le eccezioni
italiane basate sullo ius cogens e sulla tort exception. L’Italia deve quindi cambiare orientamento.
La Corte di Cassazione prende atto della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia e
riconosce l’immunità alla Germania tra il 2012 e il 2014 (l. 5/2013).
Il Tribunale di Firenze, investito di nuove richieste di risarcimento di vittime di deportazione in
Germania, solleva questione di legittimità costituzionale relativamente a tre norme:
• la norma consuetudinaria sull’immunità così come interpretata dalla CIG. Queste norme entrano
nell’ordinamento italiano in virtù dell’art. 10.1 Cost ed hanno quindi rango costituzionale.
• la disposizione che fa parte della legge di adattamento della Carta ONU che impone al giudice
di adeguarsi alle sentenze della CIG. 16
• la disposizione della legge di adattamento della Convenzione ONU che impone al giudice di
adeguarsi alla sentenza della CIG.
Queste norme secondo il Tribunale di Firenze sono in contrasto con l’art. 2 Cost. (violazione dei
diritti inviolabili) e con l’art. 24 Cost. (diritto alla tutela giurisdizionale).
La Corte Costituzionale risolve quindi le tre questioni nella sentenza 238/2014.
La prima questione risolta dalla Corte Costituzionale è abbastanza complessa: la Corte dichiara
ammissibile il ricorso, ma non lo dichiara fondato.
La Corte ha respinto le eccezioni di inammissibilità del Presidente del Consiglio. La Corte non
svolge sindacato solo su leggi posteriori, ma anche anteriori all’entrata in vigore della Costituzione.
La Corte dichiara quindi il contrasto tra consuetudine e Costituzione, ma la questione non è
fondata. L’immunità per crimini di guerra e contro l’umanità determina un sacrificio totale e non
giustificabile dell’interesse pubblico del principio della tutela giurisdizionale. La norma
consuetudinaria così come interpretata dalla CIG non entra però nell’ordinamento italiano ex art.
10 Cost., dal momento che i principi fondamentali agiscono come “controlimite” alle limitazioni di
sovranità con essi incompatibili.
Se la Corte avesse dichiarato inammissibile la questione, sarebbe stato compito dei giudici comuni
dare un’interpretazione costituzionalmente conforme. Invece, dichiarando infondata la questione, il
giudicato è valido inter partes. In questo modo, la decisione viene sottratta ai giudici comuni. In
questo modo, quindi, la Corte vuole garantire un controllo accentrato e non un controllo diffuso.
La seconda questione, riguardante l’articolo dello Statuto delle Nazioni Unite, è stata trattata così:
l’Italia ha dato esecuzione allo Statuto delle Nazioni Unite con legge 848/1957. L’art. 94 di questa
legge impone che gli Stati membri parte di una controversia siano vincolati al rispetto delle
decisioni della CIG in quanto organo delle Naz