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SOLIDI METALLICI

I metalli come è noto presentano delle proprietà caratteristiche diverse da quelle degli altri tipi di

solidi. Essi sono infatti conduttori dell’elettricità e del calore, lucenti, duttili (possono essere ridotti

in fili) e malleabili (se ne possono ottenere delle lamine anche molto sottili). Per spiegare tutto ciò è

stato necessario introdurre un nuovo tipo di legame, chiamato appunto legame metallico.

Il primo modello per illustrare la struttura dei metalli si deve al fisico

del ‘900 ipotizzò che ai nodi reticolari dei

P. Drude che già agli inizi

solidi metallici vi fossero degli ioni positivi, circondati e legati

insieme da un gas di elettroni in movimento all’interno della struttura.

L’idea di Drude era che tale gas fosse assimilabile ad un effettivo gas

a comportamento ideale. Tale modello venne modificato intorno agli

anni ’20. Dirac e Fermi, utilizzando la meccanica ondulatoria,

descrissero questo gas di elettroni come un gas degenere costituito

solo dagli elettroni provenienti dalla ionizzazione degli atomi del

metallo (elettroni di valenza) distribuiti su orbitali delocalizzati estesi

a tutto il cristallo.

Quindi ad esempio un cristallo metallico formato da N atomi di Litio

+

consiste in un reticolo di N ioni Li circondati dal gas degenere

costituito dagli N elettroni di valenza per i quali sono disponibili N

livelli energetici su ognuno dei quali possono esistere non più di 2

elettroni come stabilito dal principio di Pauli. Le energie dei singoli

orbitali hanno valori assai vicini e questo consente lo spostamento degli elettroni da un livello

all’altro con piccola spesa di energia. Conseguono da ciò le proprietà conduttrici dei metalli (di

elettricità e di calore).

A questo proposito ci sembra opportuno accennare ai semiconduttori, che potremo definire come

intermedi tra i solidi covalenti (in cui gli elettroni sono saldamenti legati agli atomi del cristallo) e i

solidi metallici (in cui gli elettroni sono liberi). I semiconduttori in tale trattazione semplificata

possono essere visti come sostanze covalenti in cui gli elettroni di valenza non sono però tenuti

molto fortemente e sono quindi in parte in grado di muoversi attraverso il cristallo . All’aumentare

della temperatura il numero di elettroni che acquista sufficiente energia per separarsi dai loro atomi

aumenta, per cui nei semiconduttori (come ad esempio il silicio) la conducibilità aumenta con la

temperatura.

Tornando ora a parlare dei metalli, il modello di Dirac e Fermi spiega anche le altre loro proprietà.

Ad esempio poiché il legame metallico, con i suoi elettroni delocalizzati, è di tipo non direzionale,

gli ioni ai nodi reticolari possono slittare gli uni sugli altri senza che la struttura ne risulti alterata.

Potremo dire che in qualche maniera il gas degenere fa da cuscinetto ed impedisce che gli ioni

positivi vengano a contatto, con conseguente formazione di linee di frattura e quindi spaccatura del

solido quando il metallo è lavorato per essere ridotto in fili o lamine. Al contrario ad esempio un

cristallo ionico, in cui gli ioni dello stesso segno sono tra loro a distanza, non potrebbe subire

deformazioni che porterebbero invece al contatto degli stessi con conseguente apparire di

L’energia del legame metallico varia sensibilmente tra

interazioni forti di carattere repulsivo. un

metallo e l’altro il ché spiega la vasta gamma di temperature di fusione che si osservano per i vari

elementi di questa classe. Si passa come è noto da un metallo liquido a temperatura ambiente come

Hg a metalli basso fondenti, quali Cs (28.5 °C) Na (97.8 °C), per arrivare a metalli che fondono a

qualche centinaio di gradi, come Sn (231.9 °C) o Pb (327.5 °C). Ce ne sono però altri che fondono

intorno ai 1000 °C, come Ag (1063 °C) o Cu (1083 °C) ed altri ancora più alto fondenti come Fe

(1535 °C), Mo (2610 °C) Os (3000 °C).

In genere i metalli non sono solubili nei vari solventi (N.B. Solubilità significa ovviamente

sciogliersi fisicamente, mantenendo il proprio stato di elemento non combinato; Mg in acqua

reagisce e quindi apparentemente “passa in soluzione”; ma in questo caso si tratta di una

trasformazione chimica con variazione del numero di ossidazione e formazione di un nuovo

+2

prodotto, lo ione Mg , del tutto diverso dal metallo di partenza). Alcuni metalli sono però in grado

(ad esempio l’oro) formando un tipo di soluzione chiamata amalgama.

di sciogliersi nel mercurio

A conclusione di questa carrellata sulle varie classi di solidi e loro proprietà è forse utile la seguente

tabella che riassume le linee generali di quanto esposto.

b) STATO LIQUIDO

Lo stato liquido viene solitamente descritto come una situazione intermedia tra lo stato solido

caratterizzato dalla presenza di un ben preciso ordine delle particelle tutte localizzate in definite

posizioni dello spazio e lo stato gassoso visto come assenza di qualsiasi ordine.

Alcune proprietà dei liquidi, come ad esempio la scomparsa di qualsiasi distinzione tra liquido e

vapore una volta raggiunto il punto critico (vedi dopo) fanno pensare a forti analogie di

comportamento tra liquidi e gas. Al contrario il fatto che il volume di un liquido sia generalmente

simile a quello corrispondente del solido (al massimo un 10% in più) farebbe ritenere che le

distanze tra le particelle in un liquido non siano molto diverse da quelle del solido.

I dati dei raggi X confermano questa idea: nei liquidi persistono a livello locale situazioni ordinate,

che però, al contrario che nei solidi, vengono continuamente formate e distrutte. Si dice che nei

liquidi permane solo un ordine a breve raggio che costituisce un'isola di cristallinità, separata dalle

altre e senza interazione con esse. Tra le isole esistono regioni disordinate intermedie. L'agitazione

termica fa sì che ci sia un continuo scambio di particelle tra le isole e le zone disordinate, che non

possiedono quindi confini ben definiti.

Una conferma della validità di questa ipotesi è nella esistenza dei cosiddetti cristalli liquidi. Infatti

alcune sostanze organiche (costituite da catene con molti atomi di carbonio) presentano se fuse due

apparenti punti di fusione. Dalla fase solida si passa infatti ad un liquido torbido che solo ad una

seconda temperatura si trasforma in un liquido vero e proprio. Allo stadio di liquido torbido tali

sostanze presentano proprietà tipiche dei solidi cristallini e si ritiene che tali proprietà siano dovute

al permanere di zone ordinate in cui le lunghe catene molecolari interagiscano tra di loro ponendosi

con regolarità parallelamente le une alle altre

In altri termini essendo in questo caso le molecole grandi si formano delle isole di cristallinità di

dimensioni più estese che consentono la loro rivelazione, al contrario di quello che si ha per le

sostanze costituite da molecole più piccole.

Tra le proprietà dei liquidi che occorre ricordare citiamo la tensione superficiale, il fenomeno della

capillarità e la viscosità.

La tensione superficiale a livello microscopico può essere spiegata con il fatto che, mentre le

molecole all'interno di un liquido interagiscono con le altre ugualmente in tutte le direzioni, quelle

alla superficie vengono attratte verso l'interno dalle altre . A questo è dovuto l'incurvarsi della

superficie di un liquido vicino alle pareti di un recipiente e la sfericità delle gocce. La tensione

superficiale è diversa da liquido a liquido e può essere ridotta introducendo particolari sostanze

dette tensioattivi.

Legata al fenomeno della tensione superficiale è il processo della capillarità che fa risalire un

liquido in un piccolo tubo o in foglio di carta. Questo è dovuto alla forza di adesione tra particelle di

sostanze diverse (come l'acqua e il vetro) in grado in alcuni casi di competere con la coesione tra

molecole della stessa specie

Un ultima proprietà dei liquidi è la viscosità, una sorta di resistenza a fluire, che dipende dalla

grandezza e dalla forma delle molecole del liquido e dalla entità delle interazioni tra esse. La

viscosità diminuisce all'aumentare della temperatura.

Soluzioni Generalità

Per soluzione si intende una dispersione omogenea di due o più sostanze una nell’altra in

proporzioni variabili a piacere (almeno entro un certo intervallo).

L’omogeneità è tale a livello macroscopico non lo è ovviamente su scala molecolare. In ogni caso per tutti è chiara la

differenza tra una soluzione di zucchero in acqua e un miscuglio eterogeneo come la sabbia, in cui anche ad occhio

nudo, o al massimo con l’ausilio di una lente, sono visibili i diversi granellini dei vari costituenti. Ugualmente chiara

per tutti dovrebbe essere la scelta di differenti mezzi separazione dei costituenti nel caso delle soluzioni (distillazione,

cromatografia etc.) e dei miscugli eterogenei (decantazione, filtrazione, vagliatura etc.).

I due costituenti separatamente possono presentarsi in due stati di aggregazione differenti. In tal

caso nella loro soluzione si chiama solvente quello che si presenta nella stesso stato di aggregazione

l’altro costituente. La distinzione perde un po’ di significato nel caso

della soluzione finale e soluto

in cui i due costituenti siano entrambi, ad esempio, nello stesso stato liquido (ad es. soluzioni di

acqua e alcool)

Il termine soluzione è usato in maniera abbastanza ampia. Sono soluzioni gassose le miscele di gas

come l’aria e soluzioni solide le leghe metalliche. Anche limitandoci alle soluzioni liquide, in un

solvente liquido possono sciogliersi gas (ad esempio ossigeno disciolto in acqua), altri liquidi (ad

es. soluzioni idroalcoliche) o solidi.

Dati gli scopi del corso soffermeremo quasi sempre la nostra attenzione sulle soluzioni liquide in

cui il solvente è l’acqua. Le soluzioni in essa di gas, dati anche gli inevitabili risvolti biologici, le

tratteremo nel capitolo relativo (CB). Nel capitolo su soluzioni e solubilità (SS) ci soffermeremo

sulle soluzioni di solidi in liquidi. Qui, dopo avere fornito qualche indicazione di carattere generale,

affronteremo in particolare le soluzioni di due liquidi tra di loro.

Concentrazione delle soluzioni

La concentrazione di una soluzione esprime in qualche maniera la composizione del sistema

rapportando la quantità di soluto e la quantità di solvente. Data la sua natura è quindi una grandezza

intensiva (che non dipende dalla massa o dalle dimensioni del campione). Esistono varie maniere di

esprimere la concentrazione della soluzione, a seconda degli scopi. Qui ne ricordiamo solo alcune,

che più spesso si incontrano in un corso di Chimica.

i) Alcune unità di mis

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A.A. 2018-2019
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SSD Scienze chimiche CHIM/03 Chimica generale e inorganica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher bellaio12 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chimica inorganica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Scienze chimiche Prof.