Anteprima
Vedrai una selezione di 19 pagine su 90
Appunti Bioetica Pag. 1 Appunti Bioetica Pag. 2
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 6
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 11
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 16
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 21
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 26
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 31
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 36
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 41
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 46
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 51
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 56
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 61
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 66
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 71
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 76
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 81
Anteprima di 19 pagg. su 90.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Bioetica Pag. 86
1 su 90
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Trattamenti alla fine della vita

Quando si parla di trattamenti di fine vita, oltre ad includere trattamenti utilizzabili per o continuare a mantenere in vita un soggetto nonostante tutto oppure trattamenti che una volta iniziati dovrebbero venire sospesi, ma che in realtà non vengono sospesi.

Nei primi anni della medicina tecnologica era successo che quei pazienti che non potevano essere guariti, venivano attaccati a trattamenti salvavita (respirazione artificiali, nutrimento,...). I più problematici però erano quelli che richiedevano l'intervento medico sia per l'attivazione sia per la sospensione, quindi quelli che hanno una componente tecnica. Questi sono stati per molti anni i più controversi, perché una volta iniziati questi trattamenti c'era il problema se non più utili alla condizione dei pazienti.

disospenderli. Queste contrapposizioni etiche sono ancora tuttora presenti nell'etica comune. Quindi posto che alla fine della vita il dovere del medico si sostanzia nel dovere di cura, "sedare dolorem", e non nell'obbligo di mantenere in vita a tutti i costi, come spieghiamo il persistere di alcune radicate contrapposizione etiche? Molte delle questioni che riguardano il fine vita partono da una forte considerazione del principio di non maleficenza, che ci dice che noi non dobbiamo nuocere ad altri, il medico non deve arrecare dolosamente un danno al paziente (primum non nocere). In realtà il principio di non maleficenza è un principio prima facie cioè hanno bisogno di una serie di interessi e devono essere contestualizzati in base ai loro contenuti. E il principio di non maleficenza implica una serie di regole morali: - non uccidere; - Non causare sofferenza o dolore; - Non inabilitare; - Non recare offesa; - Non privare altri di.

Una buona vita. Lette in alcune prospettive tutte queste specificazioni del principio di nonmaleficenza portavano a mantenere in vita tutte le contrapposizioni etiche di cui parlavano prima. Tutto ciò che viene trattato in riferimento alla somministrazione di trattamenti alla fine della vita dipende non solo da una interpretazione del principio di non maleficenza, ma anche da una valutazione dei contenuti del principio di non maleficenza. Allora succedeva nel dibattito etico, e anche nell'etica medica diffusa, che ci fosse una differenza dal punto di vista morale tra non iniziare un trattamento e sospendere un trattamento. Non iniziare veniva interpretato come un'omissione, come qualcosa di meno grave. Ma d'altra parte sospendere veniva interpretato come commettere un'azione. E quindi questa veniva considerata di peso morale maggiore come negatività rispetto al non iniziare. Infatti molti operatori ritenevano, e ancora oggi, che diversamente

da un'interruzione di un trattamento, nel caso in cui non si inizi un trattamento non vi sia una responsabilità causale relativamente alla morte del paziente. Queste circostanze hanno spesso influenzato il comportamento degli operatori sanitari nell'ambito del fine vita. Però la distinzione tra non iniziare e sospendere, dal punto di vista morale, non ha una rilevanza. Se io non sotto trattamento inizio, l'omissione porta ad un "non fare" si rischia dal punto di vista deontologico in quanto non si assiste adeguatamente il paziente. Lo stesso un eccessivo mantenimento di trattamento salva vita può portare alla trattamento situazione del "non fare". Per cui se si da la priorità al concetto di "non iniziare" rispetto al concetto di "sospendere" si rischia di assistenza al paziente di causare un accanimento terapeutico (over treatment). Al contrario può portare in una situazione nella quale non si inizia e non siassiste adeguatamente il paziente. Dal punto di vista morale non vi è distinzione tra la responsabilità di sospendere o non iniziare, è solo l'azione che è diversa. Tecnologie mediche di sostegno finale: esempio idratazione e nutrizione artificiale. Questa distinzione era utilizzata soprattutto dall'etica cattolica in riferimento alla vita chirurgica per stabilire se il trattamento dovesse essere considerato suicidio oppure no. Solo il rifiuto di trattamenti straordinari, quindi atipici e inusuali, nella prospettiva dell'etica cattolica NON erano suicidio e quindi anche gli operatori sanitari che accettavano questo rifiuto da parte del paziente non avevano nulla da temere sotto il profilo della valutazione morale. Nel contesto anglosassone la distinzione era tra trattamenti medici e tecnologie di sostegno vitale, mentre nel nostro ordinamento la distinzione era tra trattamenti medici e ordinarie misure di accudimento. Questa era un'altra.distinzione che tendeva, nell'etica cattolica, a vietare tutto quello che rientrava nel contesto nelle ordinarie misure di accudimento che non potevano essere rifiutate -> si facevano rientrante tra le ordinarie misure di accudimento anche i trattamenti salvavita. Su questo si è giocata la sentenza Englaro. Con una recente sentenza si è stabilito che i trattamenti salvavita sono dei trattamenti medici e non delle semplici misure di accudimento, quindi possono essere oggetto di rifiuto. Dal punto di vista etico, questo tipo di distinzione è irrilevante perché il diritto al rifiuto di trattamento non dipende dalla tecnologia usata nel caso contingente, ma dalla volontà del paziente e se non ricostruibile dalla valutazione circa l'utilità e il beneficio che la tecnologia arreca al paziente. La distinzione tra trattamenti medici e misure di accudimento è moralmente irrilevante perché il diritto al rifiuto di trattamento.perché questo dipende dalla volontà del paziente e non dal tipo di tecnologia. Quali argomenti venivano portati per sostenere la tesi che i trattamenti salvavita fossero misure di mantenimento? Serve per garantire la dignità del paziente, se non lo facessimo è come se stessimo facendo morire di fame o sete il paziente. Questi sono argomenti fallaci perché operano un tentativo di equiparazione tra quello che accade nella vita di tutti i giorni (dove chi non mangia o beve muore di fame o sete) e invece a situazioni che non possono essere paragonate alla vita normale, infatti i pazienti sono in stato vegetativo, non hanno fame e non hanno sete. Ci sono molti studi empirici dimostrano che i pazienti che possono morire senza nutrizione o idratazione artificiale, in determinate circostanze muoiono più confortevolmente di chi investe le subisce. Infatti la somministrazione di questi trattamenti ritardano l'avvento della morte. Inoltre la malnutrizione di un

paziente morente non è la stessa cosa dellafame, la sua disidratazione non è la stessa cosa della sete e si può intervenire anche in altri modi che risultano più opportuni (come idratare la bocca con un panno bagnato).

Consiglio d'Europa, maggio 2014 -> leggi sul sito del consiglio d'Europa.

La dottrina del doppio effetto e la sedazione terminale

Ci sono stati tante discussioni anche sulla sedazione continua profonda, ora disciplinata. Questa sedazione spegne gradualmente la coscienza e ha lo scopo di lasciare che la morte naturale faccia il suo corso.

Il problema era, soprattutto nell'ambito religioso, quello di trovare una giustificazione. Si è giustificando sulla base della dottrina del doppio effetto che distingue tra effetti voluti e effetti meramente previsti, cioè laddove il paziente terminale quando il medico interviene lo fa per alleviare le sue sofferenze, quindi l'aspetto voluto è quello di alleviare le

Sua sofferenze, nondi cagionarne la morte. L'effetto voluto quindi è un effetto positivo, non vaconfusa con l'eutanasia o il suicidio medicalmente assistito che invece hannocome prima finalista quella di causare la morte.

In molti casi però non accelerarono la morte, ma vivono qualche giorno più alungo con questa sedazione profonda.

Il problema che si è posto è se questa distinzione regge o no: la definizioneche è stata data nel 2007 dalla SIC (società italiana cure palliative) era chequesta riduce la vigilanza ecc...

Il problema è che la dottrina del doppio effetto funziona per la sedazioneprofonda, ma non funziona per quelle categorie di soggetti che non potevanofare ricorso a questo strumento. "Chi decide che per un determinato pazientesia un bene o un male?" Il paziente? Se fosse davvero il paziente a decideresarebbe irrilevante l'effetto è l'obiettivo che il trattamento si propone diavere.

A questa domanda la dottrina del doppio effetto non può rispondere.

Sentenza 242/2019

Riguarda la legittimità costituzionale dell'art. 580 cp a carico di Marco Cappato, colui che ha aiutato Dj Fabo al suicidio medicalmente assistito. Dj Fabo aveva avuto un incidente molto grave, dal quale ne era uscito paralizzato, cieco, ma perfettamente cosciente. Aveva delle sofferenze enormi per cui, tramite i suoi familiari, è riuscito ad entrare in contatto con Marco Cappato che si è offerto di portarlo in Svizzera per porre fine alle sue sofferenze. Dj Fabo aveva cercato delle cure alternative, ma ormai la sua vita non rispecchiava più i valori che hanno sempre circondato la sua vita.

In Svizzera è possibile accedere, con una procedura non semplicissima perché vi è bisogno che vi siano tutta una serie di requisiti da rispettare, ricorrere al suicidio medicalmente assistito. Non è legittimata l'eutanasia, cioè non è un

medico che può porre direttamente fine alla vita di un paziente, ma il medico può mettere a disposizione i farmaci necessari affinché il paziente agisca in autonomia. Marco Cappato l'aveva accompagnato. Il suicidio medicalmente assistito diventa per Dj Fabo la fine di un incubo. Perché in Italia non poteva trovare la risposta? Lui apparteneva ad una di quelle categorie di soggetti che se avessero chiesto di far ricorso alla sedazione palliativa profonda sarebbero rimasti in quella condizione per molto tempo, per un tempo che non gli permetteva di sopportare l'idea che la sua famiglia dovessero soffrire nel vederlo in quella condizione. Tra i trattamenti a disposizione che avrebbe potuto legittimamente richiedere o rifiutare, quindi rifiutare i trattamenti salvavita e che vi fosse messa in atto la sedazione profonda. Questo però non avrebbe prodotto un risultato immediato e privo di ulteriori sofferenze per la famiglia, per c

Dettagli
A.A. 2019-2020
90 pagine
2 download
SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher JuliaLabollitaa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Bioetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Salardi Silvia.