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Se invece una confessione religiosa si da un’organizzazione propria con delle norme giuridiche
proprie e queste norme sono conformi al nostro ordinamento, saranno queste norme a regolare i
rapporti tra i fedeli.
Se invece la confessione religiosa si da un’organizzazione ma questa non è conforme
all’ordinamento italiano, per lo Stato quell’organizzazione giuridica non esiste e quindi i rapporti
fra i fedeli devono essere regolati dal diritto civile.
ART. 8 COMMA 3 COSTITUZIONE
“I rapporti tra lo Stato italiano e le confessioni religiose diverse dalla cattolica sono regolati per
legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”
Quindi questo comma obbliga lo Stato a:
Utilizzare la legge parlamentare come fonte di diritto se vuole occuparsi di una confessione
• religiosa di minoranza. Quindi se lo Stato sente l’esigenza di stabilire come una confessione
religiosa può agire nella società civile deve utilizzare per forza la legge e quindi questo testo
passerà prima alla Camera e poi al Senato.
Stringere delle intese. Lo Stato italiano, prima di formulare un disegno di legge che riguarda
• una confessione religiosa diversa dalla cattolica, deve contattare la confessione religiosa e
iniziare un dialogo o trattativa per stabilire insieme quali contenuti deve avere questa legge;
quindi lo Stato italiano non si impone con una propria normativa specifica su una
confessione religiosa. Ovviamente il meccanismo previsto dall’art. 8 comma 3 Cost. non è
un meccanismo perfetto, perché l’iniziativa spetta sostanzialmente allo Stato. Una
confessione religiosa può chiedere allo Stato di iniziare una trattativa per raggiungere
un’intesa che poi servirà per la legge, però lo Stato per vari motivi può rifiutarsi. Se non c’è
volontà politica da ambo le parti allora la confessione religiosa opera nel nostro territorio
secondo la nostra Costituzione ( quindi con tutte le garanzie costituzionali ) e nello specifico
opera secondo la Legge n. 1159\1929 ( legge che ancora si applica alle confessioni religiose
diverse dalla cattolica che non hanno stipulato intese con lo Stato. Può anche accadere, come
nel caso dei Testimoni di Geova, che le due parti concordano un disegno di legge ma quando
il Governo si presenta in Parlamento ed espone il disegno di legge, questo disegno non viene
approvato. Quindi in tal caso c’è il disegno ( intesa ) ma non c’è la legge di esecuzione di
questa intesa.
L’art. 8 comma 3 Costituzione ha suscitato molti problemi in sede interpretativa ed applicativa.
Intanto c’è stato un enorme ritardo nell’attuare questo articolo. La nostra Costituzione è entrata in
vigore nel 1948, ma la prima intesa con una confessione religiosa diversa dalla cattolica si è avuta
solo nel 1984. Soprattutto era difficile capire il significato della forma dell’art. 8 comma 3.
C’erano una seria di problemi:
1. Problema della posizione delle intese nel procedimento legislativo finalizzato ad emanare
una legge su una confessione religiosa diversa dalla cattolica.
2. Problema della capacità delle confessioni religiose a stipulare delle intese ossia il problema
di stabilire quale confessione religiosa può effettivamente stipulare un’intesa.
3. Problema del contenuto delle intese.
4. Problema del valore giuridico delle intese e cioè non si capiva a quale categoria giuridica
appartenevano queste intese.
Come sono stati risolti questi problemi?
Problema 1
Le possibilità interpretative erano 2:
– ritenere che le intese non fossero atti giuridici bensì accordi meramente politici.
– ritenere che le intese fossero delle condizioni di legittimità costituzionale delle leggi volte a
disciplinare una confessione religiosa di minoranza.
Queste due interpretazioni sono tra loro contrastanti e portano ad effetti giuridici contrapposti.
Questo perché se noi pensiamo che le intese sono un atto meramente politico e quindi un mero
accordo non vincolante tra lo Stato italiano e le confessioni religiose, allora dobbiamo ammettere la
possibilità di leggi che non hanno alla loro base un accordo con le confessioni religiose ( perché se
questo accordo non è vincolante e quindi non è giuridico lo Stato può poi elaborare una legge che
non rispetti questo accordo ).
Se invece intendiamo che le intese siano delle condizioni di legittimità costituzionale, quindi degli
atti non solo giuridici, non solo vincolanti, ma con la stessa forza vincolante della Costituzione
allora lo Stato è obbligato a stipulare un’intesa e una volta che questa è stipulata lo Stato è obbligato
a introdurre i contenuti dell’intesa nel disegno di legge altrimenti la legge non si può fare. Questo è
il motivo per il quale i Testimoni di Geova non hanno una legge → l’intesa c’è, il parlamento non
vuole emanare una legge che rispetti i contenuti dell’intesa e quindi manca la legge di esecuzione
dell’intesa, perché non può essere approvata l’intesa altrimenti sarebbe illegittima.
Problema 2
Si è trattato di capire se le intese potevano essere stipulate da tutte le confessioni religiose o solo
dalla confessioni religiose organizzate con uno statuto.
L’interpretazione che è prevalsa è quella per la quale una confessione religiosa può stabilire
un’intesa solo se ha uno statuto organizzativo. Questo perché solo una confessione organizzata in
modo chiaro può esprimere dei rappresentanti certi, riconosciuti, che concordano intese con lo
Stato.
Poi le intese possono essere stipulate sia da una confessione religiosa ( quindi ogni confessione
stipula la propria intesa ) sia da più confessioni che si mettono insieme.
L’organo competente a stipulare intese è il Governo.
Se l’intesa è generale è il presidente del consiglio dei ministri che entra in relazione con la
confessione religiosa.
Se invece l’intese riguarda una materia specifica ( es: sanità ) allora l’organo competente è il
singolo ministro. Nella prassi il Governo nomina una commissione di studio che si occupa di
mandare avanti le trattative con la confessione religiosa.
Le intese possono avere qualsiasi contenuto che riguardi la dimensione religiosa.
Ora invece resta l’ultimo problema, che è quello più complesso e riguarda la natura giuridica delle
intese. Cioè si tratta di stabilire se le intese nominate dall’art. 8 comma 3 Cost. sono atti giuridici
interni all’ordinamento italiano e quindi sono dei negozi\accordi privati o se invece le intese sono
atti esterni all’ordinamento italiano assimilabili ai trattati internazionali.
La risposta dipende da come consideriamo le confessioni religiose diverse dalla cattolica.
Se noi riteniamo le confessioni religiose diverse dalla cattolica come dei gruppi subordinati allo
Stato, allora le intese e quindi questi accordi che lo Stato stipula con le confessioni religiose sono
atti giuridici interni all’ordinamento italiano e le confessioni religiose di minoranza devono essere
ritenute come delle entità incapaci di darsi un ordinamento giuridico primario.
Se invece riteniamo le confessioni religiose di minoranza come dei gruppi che sono in grado di
darsi un ordinamento giuridico primario ed originario, allora le intese sono necessariamente atti
giuridici che si collocano in un ordinamento esterno a quello italiano.
Dalla logica che emerge da tutta la nostra Costituzione è evidente che le intese sono atti di diritto
esterno, perché in modo particolare l’art. 8 comma 2 Cost. attribuisce alla confessioni religiose il
diritto di darsi una propria organizzazione, quindi per la nostra Costituzione le confessioni religiose
di minoranza sono entità pari allo Stato e quindi gli accordi tra queste confessioni e lo Stato devono
per forza collocarsi in un ordinamento che non è quello statale, perché se fosse quello statale le
confessioni religiose nello stipulare queste intese sarebbero entità subordinate allo Stato ( invece
sono pari allo Stato almeno nel momento della trattativa ).
Il problema giuridico è quello di stabilire qual’è questo ordinamento, esterno all’ordinamento
statale, nel quale si collocano le intese ossia qual’è il diritto non statale che disciplina le intese.
Il problema si pone perché lo Stati quando non agiscono nel proprio ordinamento agisce o
nell’ordinamento internazionale o nell’ordinamento europeo.
Quando invece uno Stato entra in trattativa con una confessione religiosa, entra in trattativa con un
soggetto che non vive ne nell’ordinamento internazionale né nell’ordinamento europeo e quindi si
pone il problema di dare una qualifica giuridica a queste intese.
Questo problema non si pone nel caso degli accordi con la Chiesa cattolica.
Non si pone perché tutti gli accordi fra queste due parti trovano collocazione nel diritto
internazionale, perché il Capo della Chiesa cattolica ( papa ) è un soggetto internazionale.
Nel caso delle confessioni religiose di minoranza ( diverse dalla cattolica ) l’ordinamento non può
essere quello internazionale.
Questo problema di definizione giuridica è stato risolto dalla dottrina e in modo particolare dal
professor Finocchiaro sostenendo che le intese cono degli atti giuridici che si collocano in un
ordinamento esterno a quello italiano, un ordinamento che non è quello internazionale ma è un
ordinamento particolare costituito di volta in volta dall’incontro della volontà dello Stato con la
volontà delle confessioni religiose; quindi è come se Stato e confessioni religiose di minoranza
quando entrano in trattativa creano un ordinamento, che è esterno a quello statale. Quindi le intese
sarebbero disciplinate secondo i criteri formali di volta in volta decisi dalle parti, mentre per ciò che
riguarda i loro contenuti le intese sarebbero stipulate secondo le regole di buona fede e di lealtà che
normalmente vengono applicate nei rapporti fra ordinamenti sovrani.
Questa è la tesi più seguita che si basa sul fatto che l’art. 8 comma 3 Cost. nel porre le intese come
presupposto di legittimità costituzionale della legge che disciplinerà una determinata confessione
religiosa di minoranza definisce i rapporti fra lo Stato e questa confessione come i rapporti che si
svolgono in un ordinamento esterno rispetto a quello statale. Questa tesi trova sostegno nel fatto che
l’ordinamento italiano riconosce come ordinamenti esterni norme che sono poste da soggetti che
non appartengono a pieno titolo all’ordinamento internazionale; il che accadde soprattutto in un
caso abbastanza noto → Il Sovrano ordine di Malta ( Cavalie