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Antropologia - parte 4 Pag. 1
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Capitolo Due: Le credenze "apparentemente irrazionali" e il pensiero metaforico

Alcuni popoli sostengono di incontrare le anime dei defunti in sogno.

Nel 1894, Karl von de Steinen pubblica uno studio sui Bororo dove veniva riportata l'affermazione "Noi uomini bororo siamo arara rossi".

Tale commento divenne celebre grazie al commento di Lévy-Bruhl il quale lo definì come un preologismo tipico dei primitivi, ovvero, incapaci di distinguere tra immagini e modelli, tra uomo e animale e tra quest'ultimo e il proprio antenato mitico (Ex. Pappagallo per gli arara).

Il profondo solco tra la frase dei Bororo e il ragionamento ordinario si attenua se pensiamo che, anche noi, parliamo per mezzo di metafore.

Gli antropologi sono giunti alla conclusione che la dimensione pratica e simbolica della società finiscono per produrre la dimensione metaforica, con tre fattori da prendere in considerazione:

I. L'iridescenza delle piume degli arara

è una “manifestazione” dello spirito aroe.

II. La società si caratterizza per un sistema di discendenza matrilineare e un modello di residenzauxorilocale, ovvero, i villaggi sono divisi in due metà: un uomo deve stabilirsi nella metà delvillaggio in cui risiede la famiglia della moglie e per questo non si sente mai a casa propria.

III. I loro unici animali da compagnia sono i pappagalli, simbolo dello spirito aroe per il loropiumaggio. La frase “noi uomini siamo arara” è l’ironia della condizione maschile.

2. La magia e le sue interpretazioni

Per “magia” si intende un insieme di gesti, atti e forme vernali. Un atto magico sarebbe un’azionecompiuta da un soggetto nell’intento di esercitare un’influenza su qualcuno o qualcosa.

I primi antropologi interpretarono la magia come aberrazione intellettuale, sintomo di unamancanza di coerenza logica nell’uomo primitivo; altri, invece, la definirono

Scienza perfetta, un tentativo di manipolare la natura in cui si intuivano regolarità e costanti. Secondo James G. Frazer, la magia era divisa in:

  1. Magia Imitativa: essa si risolveva nell'idea che imitando la natura, la si sarebbe potuta influenzare.
  2. Magia Contagiosa: si fonda sull'idea che due cose, per il fatto di essere state a contatto, conserverebbero, anche una volta allontanate, il potere di agire l'una sull'altra.

Veniva ritenuto, inoltre, che ci fosse uno stretto legame tra scienza e magia. Sempre Frazer riteneva che magia, religione e scienza fossero tra loro legate dall'eterno tentativo dell'uomo di spiegare l'origine dei fenomeni e le relazioni tra di essi.

Un'altra teoria fu elaborata da Bronislav Malinowski negli anni Trenta, a partire dalla sua esperienza di ricerca nelle isole Trobriand. Egli distinse tra loro magia, religione e scienza.

- La religione non è chiamata a spiegare l'origine dei fenomeni, ma a

Fornire certezze di fronte ai grandi "misteri" della vita. - La magia ha finalità pratiche; i Trobriand praticavano la magia in alcune sfere dell'attività pratica (partire per un viaggio in mare, piantare l'igname, fabbricare imbarcazioni). La magia era, dunque, una cosa a sé stante. Malinowski aveva una concezione strumentale e operativa della cultura, grazie alla quale l'uomo poteva sopravvivere in un ambiente pieno di ostacoli; egli riteneva che la magia fosse un mezzo per rispondere a situazioni generatrici d'ansia. Compiendo, dunque, una serie di atti particolari di natura pagana (imitativa o contagiosa), cercavano di prefigurare il nuovo esito dell'impresa. La magia, secondo Malinowski, consiste in una serie di "atti sostitutivi"; essa non sarebbe quindi "anteriore" alla religione o alla scienza ma, piuttosto, "un tratto primordiale che afferma il potere autonomo dell'uomo di creare dei fini.

desiderati.”; e aggiunge “mette l’uomo in grado di compiere con fiducia i suoi compiti importanti, di mantenere il suo equilibrio. La sua funzione è quella di ritualizzare l’ottimismo dell’uomo.”

3. Magia e “presenza”

Ernesto De Martino afferma che l’universo magico può essere compreso solo in relazione all’angoscia della “perdita della presenza”.

Questa “presenza”, secondo De Martino, è un concetto complesso, in cui confluiscono le riflessioni importanti dei filosofi del Novecento come Jasper e Heidegger.

Egli fa riferimento a una condizione che l’essere umano non cessa di immaginare e di costruire per sottrarsi all’idea, angosciosa, di non esserci.

L’emersione del pensiero magico è il primo tentativo coerente di affermare la presenza umana nel mondo. Il concetto di presenza, non ha mai una concezione definitiva, bensì, rimanda a qualcosa che può essere

Messa in discussione dalla crisi individuale o collettiva. Un rito magico ha come scopo di affrontare la crisi della presenza che minaccia la comunità difronte a un evento come la morte. Il rito funebre è l'esigenza di affermare la presenza di un mondo subalterno, non avendo preso coscienza alla propria identità storica e di classe: era legato alle forme primitive di affermazione della propria presenza nel mondo.

CAPITOLO TRE

1. Il pensiero mitico

Le cosmologie sono famose per i loro miti sulla creazione, i "racconti" relativi all'origine del mondo fisico, la società, le tecniche.

Il tema del mito, per gli antropologi, corrisponde al provare di spiegare la loro origine, coerenza e legame con i riti. I riti fanno spesso riferimento ai miti.

La celebrazione di un rito è, spesso, collegata al racconto di un fatto accaduto in un tempo indeterminato, ritenuto responsabile dello stato attuale delle cose e della condizione dell'uomo.

Esistono,

però, comunità prive di miti ma ricche di riti.

2. Caratteristiche e protagonisti del racconto mitico

Esistono diversi tipi di mito:

  • Cosmologia: teorie sull'origine dell'universo
  • Teogonie: storie di lotte tra divinità o spiriti
  • Vicende di un passato senza tempo

I miti esprimono un mondo fantastico, di ricostruzione o giustificazione storica di eventi o fatti realmente accaduti.

Le sue caratteristiche sono:

  • Ignora lo spazio e il tempo, i miti giocano con essi
  • Le azioni dei protagonisti non tengono conto dell'anteriorità o successione temporale
  • I personaggi abitano in luoghi improbabili (cielo, stelle, Luna, nuvole)
  • I miti producono un'antropomorfizzazione delle cose e degli animali dandogli caratteristiche umane

La creazione del mondo è sempre il risultato di un processo di allontanamento e separazioni, da cui prenderà spunto Platone per il suo simposio (uomo e donna nascono uniti e poi si separano).

separano, passando tutta la loro esistenza a cercarsi e ricongiungersi). In Europa e Africa subsahariana la rottura dell'equilibrio originario è rappresentata per mezzo di un essere metà uomo e metà animale: il tricker, un essere senza regole e senza freni. Comportandosi in questo modo preculturale, essa plasma la realtà come gli uomini la conoscono e la esprimono: piena di contraddizioni.

3. Le funzioni del mito

Malinowski aveva una concezione pratico-operativa della cultura e vedeva i miti come un'autorizzazione a compiere certi riti, la "giustificazione dell'ordine esistente". Esso sarebbe, inoltre, una legge morale dei rapporti tra gli uomini e tra i gruppi; qualcosa che fissa un codice di comportamento, pensiero, disposizioni.

Il mito può fungere da modelli d'ordine atti a legittimare lo stato delle cose presenti. Alfred R. Radcliffe-Brown analizzò e comparò i miti dei nativi nordamericani con alcuni

Miti degli aborigeni australiani. In queste società organizzate in metà matrimoniali, alcuni miti hanno come protagonisti animali che parlano e agiscono come umani. Ogni animale mitico è associato a un gruppo sociale come simbolo (totem). Redcliffe-Brown giunse alla conclusione che: "il mondo della vita animale è rappresentato in termini di relazioni sociali simili a quelle della società umana"; e le coppie d'opposizione costituite dagli animali-simbolo sono l'applicazione di una determinato "principio strutturale". Tale applicazione consiste nella combinazione delle due idee di "contrario" e "opponente". La prima caratterizza come contrarie due specie sulla base di certe caratteristiche; pur rientrando nella categoria di "uccelli mangiatori di carne", la prima specie di ogni coppia caccia e la seconda pulisce. L'idea di opponente mette in risalto la loro relazione.

complementare che appare come tale solo in rapporto con l'organizzazione sociale. Le due speci sono talvolta rivali, in un rapporto di opposizione complementare. Essa esprime l'opposizione di due gruppi che sono rivali ma strutturalmente uniti in relazione funzionale come lo sono le due metà di un gruppo australiano o nordamericano. I miti australiani e nordamericani hanno la funzione di rappresentare la realtà sociale nei suoi aspetti complementari, funzionali e contraddittori.

4. Il pensiero che pensa se stesso?

Secondo Claude Lévi-Strauss il mito è un'attività speculativa; esso va analizzato in termini di strutture minime, dette mitemi. A partire dal modello della linguistica culturale, il mito è un'entità

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
5 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher itsmartiz di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Vignato Silvia.