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Antropologia: lo studio delle diversità del mondo occidentale

Oggi gli antropologi non studiano più solo i popoli provenienti da paesi lontani, bensì si occupano anche delle diversità del mondo occidentale, a cui loro appartengono. Gli antropologi si soffermano su ogni aspetto di una popolazione, come le ondate migratorie, gli ospedali, la tossicodipendenza, il commercio di organi, il nazionalismo, ecc.

Nella seconda metà dell'800, quei popoli venivano studiati a distanza; la svolta avvenne nel 20esimo secolo, quando gli antropologi iniziarono a viaggiare ed entrare in contatto con le popolazioni che volevano studiare. Fino a quel momento, si avvalevano delle testimonianze di militari, viaggiatori ed esploratori; ora andranno a toccare con mano quello che loro volevano studiare. In questo momento si dà il via alla fase dell'antropologia e della metodologia di ricerca. Inaugurarono così la ricerca sul campo.

Le osservazioni di un antropologo, però, non vengono direttamente da loro; essi sono

soliticonfrontarsi con i loro colleghi per una visione più ampia e uno studio più accurato. Fareantropologia, dunque, non è solo studiare una popolazione ma è, innanzitutto, voler affrontarel’incontro con esseri umani, coniugando la personale esperienza di osservazione, riflessione ericerca.

1.3 I "primitivi" e il mondo moderno

Negli ultimi trent'anni, non si è più usato parlare di antropologia come "scienza delle societàprimitive", poiché esse non esistono più, oppure molti dei loro membri hanno cambiato stile di vita.Come nel caso degli aborigeni australiani, costretti ad abbandonare gli ambienti delle loro cultureper via dei colonizzatori.Se vi sono ancora popoli che mantengono una certa continuità nelle loro forme di vita è solo graziea delle associazioni che si adoperano per il riconoscimento dei loro dirittiSpesso, grazie a degli strumenti fornitigli da queste associazioni,

Riescono a salvaguardarsi; come nel caso dei pigmei della foresta congolese. Essi sono provvisti di un GPS che permette loro dimostrare alle associazioni taglia legna, quali sono i luoghi sacri che dovranno evitare di disboscare.

I primi a ingegnarsi a trovare una soluzione, sono i paesi "più deboli". Negli anni '70, per esempio, i beduini d'Arabia si dotarono di radio portatili per avere informazioni sulle precipitazioni nelle diverse aree del loro territorio.

Oggi, alcuni nativi collaborano attivamente con gli antropologi per mantenere viva la loro memoria culturale. I loro contributi vengono espressi soprattutto di fronte a gruppi di persone, contestimonianze relative la loro cultura, tradizioni e riti.

Nonostante i numerosi cambiamenti, la ricerca antropologica mette al centro del suo progetto il dialogo.

1.4 Un nuovo contesto per il mestiere di antropologo

Le nuove forme di schiavitù si accompagnano con forme di violenza contro i civili nei paesi di guerra.

Il commercio degli organi, l'impiego di bambini in eserciti mercenari e milizie; le religioni si trasformano in armi di confronto e di scontro ideologico e politico.

Oggi gli antropologi si trovano, di conseguenza, a fare ricerche in paesi caratterizzati da povertà, malattie e guerre.

Box 3: Lewis Henry Morgan

Fu tra i primi studiosi ad avere una conoscenza diretta con le società indiane d'America. Egli non è un antropologo accademico, bensì, i suoi studi rappresentarono un momento decisivo per lo sviluppo della disciplina. Il suo capolavoro è intitolato Sistemi di consanguineità e di affinità della famiglia umana, che gettò le basi dello studio di sistemi di parentela.

2. Quante sono le antropologie?

Non esistono, al mondo, antropologi prettamente occidentali o provenienti da civiltà più sviluppate. Spesso è presso i popoli più semplici ma preposte allo studio dell'essere umano che

possiamo trovare affascinanti visioni della natura dell'uomo e del cosmo. Con i loro miti inerenti alla creazione, al concepimento e alla "sostanza" costitutiva del corpo e della psiche umana, i primitivi sono ritenuti dei filosofi. Tale idea ci ricorda che gli occidentali non possiedono il monopolio della riflessione sul gene umano. Da questo punto di vista, ne esce che esistono "tante antropologie"; infatti, oltre alla nostra, ben solida è quella giapponese, sviluppatasi autonomamente. L'antropologia a cui faremo riferimento è legata a un contesto storico che ne ha reso possibile lo sviluppo; un sapere che è andato trasformandosi nel tempo, in relazione ai mutamenti della società euro-americana. L'antropologia, inoltre, è un sapere che riflette criticamente su se stesso; ma non c'è dubbio che, a differenza di queste forme di riflessione, quella antropologica moderna è in grado si non

Rimanere prigioniera nei propri orizzonti locali. La visione antropologica e, infatti, comparativa e globale; comprende il senso dell'esperienza e della vita di un singolo popolo nel confronto con l'esperienza di altri. È una forma di riflessione basata sul viaggio, lo spostamento, l'incontro, sviluppate in maniera sistematica da una società, in un momento preciso del tempo.

Se "pensare antropologicamente" equivale a elaborare tanto una visione della natura umana, quanto un'idea delle differenze tra gli esseri umani e tra questi e il mondo della natura, possiamo dire che l'antropologia è un fatto universale che accomuna tutti i popoli.

CAPITOLO 2

È possibile definire la cultura?

Nel 1568, nell'arcipelago indonesiano delle isole Salomone, alcune navi spagnole approdarono su tali isole. Essi, entrati in contatto con le popolazioni "selvagge", chiamati Aré Aré, e notarono subito che al collo

portavano dei bastoni, con un pietra d'oro posta all'estremità. Tramite il baratto, essi scambiatolo i loro cappelli da marinaio con le pietre d'oro, finché non si accorsero che, in realtà, l'oro non era altro che un materiale ferroso di colore dorato. Gli Aré Aré consideravano il cappello da marinaio come simbolo di autorità, poiché somigliava al cappello portato dai capi delle loro popolazioni: uomini autoritari e di potere; i marinai, invece, nelle pietre videro possibilità di ricchezza. Questa storia illustra come i due popoli hanno agito secondo degli schemi mentali, già noti. Entrambe le popolazioni percepivano la novità in base a ciò che per loro erano delle verità consolidate e sperimentate. La definizione di cultura è, quindi:

La cultura è un complesso di idee, simboli, di comportamenti e di disposizioni storicamente tramandati, acquisiti, selezionati e largamente

condivisi da un certo numero di individui, con cui questi ultimi si accostano al mondo, in senso sia pratico sia intellettuale. Ma oltre alle diversità, l'antropologia cerca di mettere in luce anche ciò che di simile c'è tra diversi gruppi umani. Tali comportamenti e idee di un gruppo sono espressione di un'attitudine umana, che fa dell'uomo un produttore di cultura. 2. Le origini del concetto antropologico di cultura La prima definizione di cultura risale all'antropologo Edward B. Tylor, autore di Primitive Culture (1871). Tylor elaborò il suo concetto di cultura a partire da idee espresse in campo filosofico e ne fece un concetto-chiave che si accordava con il progetto scientifico dell'antropologia della sua epoca: antropologia evoluzionista. La cultura, o civiltà, intesa nel suo senso etnografico più ampio, è quell'insieme complesso che include le conoscenze, le credenze, l'arte, la morale, il diritto,

Il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dell'uomo in quanto membro della società. La sua definizione di cultura coincide con l'estensione del termine, a indicare tutte le attività umane, comprese le manifestazioni più strane, come il cannibalismo, la stregoneria, etc. La cultura si manifesta nelle singole società come cultura specifica di coloro che nascono in quella determinata società. Ulf Hannerz, nel 1992, scrisse: la cultura è una struttura di significato che viaggia su reti di comunicazione non localizzate in singoli territori.

3. La cultura e la sua "natura"

Gli esseri umani dipendono dalla propria capacità di sopravvivenza che dai geni e dalla cultura. Aristotele fu il primo a teorizzare l'uomo come essere incompleto; l'uomo, dal momento in cui nasce, ha bisogno dell'affiancamento di un suo simile per sopravvivere, a differenza di un cucciolo animale, predisposto.

All'istinto per la sopravvivenza. Lo sviluppo delle connessioni neurali del cervello umano avviene in larga parte dopo la nascita. Lo psicologo svizzero Jean Piaget studiò che lo sviluppo delle facoltà intellettuali in un bambino europeo non giunge a compimento prima del compimento dei 15 anni. Ciò che il nostro gruppo sa e ci insegna è il frutto di una lunga storia di relazioni con l'ambiente e interazioni tra gli esseri umani.

Gli esseri umani sono determinati, dal momento che, per vivere in mezzo ai loro simili, devono adottare dei codici di comportamento sia pratico che mentale che siano riconoscibili e condivisi da altri. La loro cultura è il complesso di codici comportamentali e ideazioni riconoscibili dal gruppo in cui gli esseri umani vengono al mondo e nel quale sono educati. La maturazione dell'individuo dura tutta la vita, poiché gli esseri umani sono in grado di accumulare esperienze e rielaborarle continuamente.

In base ai codici culturali in suo possesso. Questi insieme di idee e comportamenti rivelano spesso un'altra capacità di adattamento e trasformazione.

3.1 La cultura come complesso di modelli

I modelli comportamentali sono introiettati nell'uomo grazie all'educazione - implicita o esplicita, diretta o indiretta - che essi hanno ricevuto dal gruppo nel quale sono cresciute.

Questi modelli possono essere divisi in:

  • Modelli per: modelli guida per il comportamento e per il pensiero in contesti "culturali" diversi.
  • Modelli di: modelli attraverso cui noi pensiamo qualcosa, lo rendiamo coerente con altre cose e poi lo consideriamo una rappresentazione di come sono o dovrebbero essere le cose.

Questi sono i modelli attraverso cui noi pensiamo qualcosa, lo rendiamo coerente con altre cose e poi lo consideriamo una rappresentazione di come sono o dovrebbero essere le cose.

Senza modelli, per e di, gli umani non sarebbero quello che sono.

3.2 La cultura è

a sottolineato l'importanza dell'azione pratica nella vita umana, affermando che l'essere umano è un "animale operativo". Questo significa che gli esseri umani sono costantemente impegnati in attività pratiche, come lavorare, mangiare, dormire, ecc. Queste azioni pratiche sono fondamentali per la sopravvivenza e il benessere dell'individuo. D'altra parte, gli esseri umani si accostano anche al mondo in senso intellettuale. Siamo in grado di pensare, ragionare, riflettere e comprendere il mondo che ci circonda. Questa dimensione intellettuale ci permette di acquisire conoscenze, sviluppare teorie e creare concetti astratti. In sintesi, gli esseri umani sono sia creature pratiche che intellettuali. Abbiamo bisogno di agire nel mondo per soddisfare i nostri bisogni materiali, ma allo stesso tempo abbiamo anche la capacità di riflettere sulle nostre azioni e comprendere il significato e le implicazioni di ciò che facciamo. Questo equilibrio tra azione pratica e pensiero intellettuale è ciò che ci distingue come esseri umani e ci permette di adattarci e prosperare nel mondo in cui viviamo.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
12 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher itsmartiz di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Vignato Silvia.