vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
E’ una visione fortemente concettuale della rappresentazione del
reale. 7
Negli anni poi la cosa diventa autobiografica, le affermazioni
"consumazione dell'arte dinamica” e “divorare l’arte” si concretizzano
con le Uova (consacrate dall’artista) dove Manzoni imprime la propria
impronta. L’artista sceglie l’uovo perché è simbolo della rinascita e
dell’esistenza, riproponendo il pensiero
duchampiano.
Queste uova sode “consacrate” son fatte per essere
consumate, ingoiate.
Il corpo assume un valore, dal punto di vista filosofico, molto importante.
L’impronta di un artista su un elemento che viene inglobato nel proprio corpo
vuol dire metabolizzare quell’artista e la sua essenza,
entrare nel suo operare, consumarlo e farlo proprio,
digerirlo e poi espellerlo, cosa che fa lui con Merda
d’artista.
Perché ogni cosa che l’artista tocca è arte perché lo decide la critica.
La Merda d’artista non è altro che l’essenza più pura che ha fatto l’artista,
cioè vivere, quel che rimane della sua esistenza, la merda.
Presentando così un altro corpo del reato.
Il paradosso non paradosso che crea l’arte contemporanea è :
“perché c’era bisogno del marmo e del gesso per rappresentare me stesso se ci sono già io?”.
Tale paradosso mette in crisi definitivamente l’arte e la vita, un rapporto che è valido dall’Antica
Grecia sino ai giorni nostri ma che è visto in maniera totalmente diversa nei vari secoli e che l’arte
contemporanea mette completamente in discussione.
Marina Abramovich e Ulay nel 1972 son riusciti a portare
Imponderabilia a Bologna.
C’era un monitor dove gli spettatori/partecipanti si osservavano
mentre loro stessi passavano attraverso due corpi nudi (quelli di
Marina e Ulay), e il loro corpo diventava quindi oggetto/immagine
del video. Il corpo è sia il protagonista in prima persona, in un
rapporto stretto e diretto col pubblico, sia come rappresentazione.
Dopo mezz’ora arrivarono i carabinieri e arrestarono i due artisti
per essersi denudati in luogo pubblico, poiché fino agli 80 era
ancora presente la censura.
Alla biennale di Venezia, Gino De Dominicis, artista anconetano che vive a
Roma, presenta Seconda soluzione d’Immortalità, che consiste in un
giovane ragazzo con la sindrome di down seduto su una sedia all’interno
dello spazio espositivo, presentato proprio come un opera d’arte.
Ovviamente crea uno scalpore non da poco, i benpensanti criticano De
Dominicis, il quale voleva parlare della diversità di cui parlano tutti ma che
diversità non è, per questo motivo sceglie un ragazzo con la sindrome di
down, facendolo diventare opera d’arte con la forza e la provocazione di
mettere in discussione il concetto di diverso.
Ogni corpo è diverso l’uno dall’altro e questo fatto ha a che fare con la
diversità, non quella dei ben pensanti ma quella che ci differenzia
l'uno dall'altro.
Gino De Dominicis vuol andare contro la natura di chi dice che il down
è diverso, o contro la natura stessa che, quando un sasso cade in
acqua, provoca forme circolari, cercando di farle diventare quadrate,
e ancora va contro le leggi naturali quanto presenta il suo manifesto
funebre da morto quando ovviamente l’artista è ancora vivo e vegeto,
presente persino alla mostra. 8
Il tema del sé e dell’altro da sé è ancora
attualissima quando si parla di
immigrazione, un esempio è l’artista
Domenico Antonio Mancini ( —> Mare
Nostrum), o quando si parla di
transgender, o di chirurgia estetica
attorno alla quale non c’è più il concetto
di unicità ma esisterà un esercito
composto da bellezze tutte uguali e
omologate. Un altro esempio sono i
tatuaggi, praticati e usati da indigeni
moderni della società dell’immagine e
della sua fantasmagoria, lo xerox della
cultura.
Il corpo quindi diventa portatore di messaggi.
Se prima facevamo scalpore nudi ora lo facciamo da vestiti Documentare l’arte e fare arte.
Questa tematica si apre perché l’azione e la performance permettono di lasciare una traccia
evocativa ma non un segno tangibile dell’arte.
Documentare come nascono queste esperienze del corpo e come questa documentazione può
avere un valore archivistico o addirittura di opera d’arte: ci sono possibilità differenti.
Angela Vettese, storica dell’arte, parla di questa transizione come quella di un rapporto da un
corpo chiuso a un corpo diffuso, cioè dal corpo dell’artista che è distante dall’opera al corpo
dell’artista che diventa arte stessa.
In questo periodo gli artisti si dividono in quelli che sfruttano il consumo della materia, sfociando
nella pop art, e in quelli che si occupano del corpo come opera d’arte, body art.
Come il gruppo Fluxus, un collettivo di artisti neo dada che rivendica l'intrinseca artisticità dei
gesti più comuni ed elementari e promuove lo sconfinamento dell'atto creativo nel flusso della vita
quotidiana, un “fluxus” deve entrare dall’opera all’interno dell’esistenza umana.
“La body art è interessante solo se apporta un nuovo fondamentale e non un “tutto è arte” come
diceva Marcel Duchamp” - Ben Vautier. Ma per cambiare l’arte bisogna cambiare l’uomo.
Il compositore sperimentale John Cage è un
esempio di come il pensiero della Gesamtkunstwerk
è ancora costante e via via più forte, con il brano
4:33 Cage ha inserito la vita dentro un opera d’arte
semplicemente lasciando che lo spettatore, rumori o
suoni non provenienti dallo strumento prendessero
parte all’opera.
4:33 è una composizione in tre movimenti, composta per qualunque strumento musicale o
ensemble. Lo spartito dà istruzione all’esecutore di non suonare per tutta la durata del brano, che
è appunto di 4 minuti e 33 secondi. La composizione è stata concepita da Cage per esser
composta dai suoni emessi dall’ambiente in cui viene eseguita, elevando ad importanza
l’ambiente stesso. Rumori di strada, suoni naturali, mormorii o persino grida di disapprovazione,
questi ultimi perché 4:33 creò non poco scalpore alla prima esecuzione pubblica.
Sono 4 minuti e 33 secondi di silenzio da parte del compositore/artista che ascolta la vita.
A chi assiste ad una performance come questa resta non restava nulla a parte l’evocazione,
quando ancora non c’erano i video, per cui il mezzo fotografico diventa il mezzo per raccontare e
per vedere queste esperienze. Il fotografo, come in qualsiasi fotografia d’azione, deve esser
bravo a cogliere i momenti culminanti dell’azione stessa che non possono essere ripetuti.
In questo caso, la fotografia si mette a servizio del performer. E il fotografo deve capire quanto
all'interno può entrare dentro alla scena e se può farne parte o deve attenersi alla sola
documentazione. 9
Una performance come Aktion di Hermann Nitsch,
presentata alla biennale di Cuba, è per un fotografo molto
impegnativo. Nitsch ha da sempre lavorato su azioni che
partono da rituali sacrificali pagani e cristiani, l’artista parla
dell’estetica dell’orrore negli anni in cui il corpo si deve
raffrontare a concetti di morte ed esistenzialismo, derivanti
dalle grandi tragedie delle due guerre.
In questo ritorno ad una condizione pagano/cristiana del
sacrificio, che l’artista può far durare anche due o tre giorni, i
performers subiscono un abuso invasivo psicologico e
mentale, rappresentando la condizione dell’essere umano negli anni ’60, che da un lato furono
anni felici per la rinascita post bellica della mass culture (come mostra Warhol) ma dall’altro lato si
ha a che fare con un altro tipo di concretezza, il consumo stesso dell’essere umano che la società
dei consumi porta. Il lato più esistenzialmente complesso della stessa medaglia.
Con Azione sentimentale di Gina Pane il corpo è al tempo stesso progetto,
materiale ed esecutore, e trova il suo supporto logico nell’immagine attraverso
il mezzo fotografico. La fotografia è un mezzo sociologico che permette di
cogliere la realtà.
Dentro l’opera, le rose sono una metafora dell’organo femminile, metafora
sessuale ed erotica, e le sue spine sono le spine dell’esistenza umana che
attraversano il corpo. Il sangue che fuoriesce non è altro che la materia con cui
siamo fatti e la cui assenza ci conduce alla morte.
Esistono molti tipi di immagini, una sola immagine può contenere il grado zero
della significazione (nascita del simbolico), la didascalia con cui spesso è
accompagnata è utilizzata per riportare l’eccesso di indicazione ad una sola
ed unica. La fotografia non è un oggetto neutrale.
Vito Acconci nel 1972 con Seedbed aveva creato un pavimento rialzato sopra il quale
camminava il pubblico mentre l’artista al di sotto si masturbava. Acconci aveva voluto stare
fisicamente e metaforicamente sotto al pubblico, in una posizione quindi inferiore. Lo spettatore si
aggirava per la sala, ai suoi occhi vuota, alla ricerca dell’opera, non sapendo dove essa poteva
trovarsi, non rendendosi conto invece che l’opera si stava compiendo in quel momento e lo
spettatore ne era partecipe. L’hic et nunc, o aura, dell’artista
Nella stanza a prima vista vuota erano presenti però delle casse che amplificavano i gemiti
dell’artista, riprodotti ad un volume basso per costringere gli spettatori ad avvicinarsi alle casse
per riuscire a capire la natura e il significato di quei suoni. Intanto, tutta la performance veniva
documentata da videocamere, rivolte sia agli spettatori sia all’artista sotto al pavimento.
Murakami Saburo con Iriguchi sfonda le tele direttamente con tutto il suo
corpo, come il gesto che fa Fontana, il corpo che va oltre la tela e che
passa oltre.
E di questa sua performance si vendono le tele e le fotografie.
Se non ci fosse stata la body art o la performance non ci sarebbe stata
questa svolta nella fotografia, e viceversa: tutti gli artisti che hanno a che
fare con il corpo, con il proprio o con il corpo altrui (attori o spettatori)
hanno fatto dello strumento fotografico uno strumento di lavoro. La
fotografia è lo strumento necessario che ha accompagnato il lavoro del
corpo senza il quale avremmo avuto l'immateriale.
Fotografia quindi è rappresentazione, opera o riproduzione? Dipende.Potrebbe essere cronaca,
parte dell’opera o opera stessa, e dipende anche dall’occhio di chi la