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E’ formato da cellule immunitarie, organi linfatici e
tessuto linfoide disperso in tutto il corpo. Inoltre, è
costituito da vasi linfatici che trasportano la linfa dai
tessuti periferici al sistema venoso.
La linfa corrisponde al liquido extracellulare e
assomiglia al plasma sanguigno, anche se possiede
una minor concentrazione di proteine.
I capillari linfatici presentano differenze con i
capillari sanguigni, poiché nascono a fondo cieco,
sono di dimensioni maggiori e hanno una parete più
sottile.
Il piano di sezione al microscopio
Il piano di sezione ci mostra un’organizzazione che
può essere molto diversa, quindi bisogna tenerne
conto per l’osservazione.
Vediamo l’organizzazione degli organi dal punto di
vista strutturale.
Gli organi pieni sono rivestiti da una capsula, un
tessuto connettivo di cellule fibrose, fibro-elastiche e
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Giorgia Palladino
fibro-muscolari che permette all’organo di essere spostato e asportato, e lo rende indipendente dagli
altri organi. Dal versante interno della capsula si addentrano tranci connettivali sempre più sottili,
che vanno a formare un reticolo. Questo reticolo, sempre di natura connettivale, si chiama stroma
ed è necessario per il passaggio dei nervi e dei vasi, che lo attraversano. A riempimento dello
stroma si trova il parenchima, ovvero il tessuto caratteristico dell’organo.
Le modalità di vascolarizzazione dell’organo possono essere differenti. Il rene, ad esempio, è
vascolarizzato da un’unica arteria renale che penetra in una zona precisa, l’ilo dell’organo. In
questo caso, si dirà che l’organo ha una distribuzione di tipo ilare. Un’altra modalità di
distribuzione è quella per cui più vasi concorrono a vascolarizzare lo stesso organo. I vasi si portano
a livello della capsula e i tralci dello stroma danno un passaggio a diversi vasi più piccoli. In questo
caso, si parla di distribuzione, o dipendenza, capsulare.
Gli organi cavi sono costituiti da visceri e vasi e la parete è costituita da tonache sovrapposte.
Partendo dal lume e andando verso l’esterno, troveremo la tonaca mucosa, la tonaca sottomucosa
(non sempre presente), la tonaca muscolare e la tonaca di rivestimento.
La tonaca mucosa è la più interna e presenta un epitelio che riveste il lume dell’organo. Sotto
questo epitelio si trovano sempre il tessuto connettivo e la membrana basale dell’epitelio che,
insieme, formano la lamina propria. Questa lamina propria, poi, può o meno contenere delle
ghiandole. Lo strato detto “muscolaris mucosae” (muscolatura della mucosa) è uno strato peculiare
dell’apparato digerente.
La tonaca sottomucosa è uno strato di connettivo lasso che può contenere ghiandole. È la sede di
transito di vasi le cui diramazioni più piccole arrivano sotto l’epitelio. In questo strato è presente il
plesso nervoso che ha la funzione di promuovere la secrezione delle ghiandole o la vasocostrizione.
La tonaca muscolare è sempre uno strato di fibrocellule muscolari lisce, che si vanno ad
organizzare in più strati per permettere la peristalsi, ovvero il movimento del materiale all’interno
del lume dell’organo. Questi strati di muscolatura liscia si coordinano sincronicamente. Anche qui,
tra i vari strati, esiste un plesso nervoso responsabile della contrazione.
La tonaca di rivestimento può essere una tonaca sierosa, come nel cuore, oppure una tonaca
avventizia di connettivo denso.
L’organizzazione dei vasi
Anche in questo caso, troviamo più tonache a rivestimento dei vasi. Vediamo innanzitutto le arterie.
La tonaca intima, quella più interna partendo dal lume de vaso, è composta da uno strato di
endotelio, cioè epitelio, e da uno strato sottoendoteliale, ovvero il connettivo della membrana
basale. La tonaca media, invece, è formata da fibrocellule muscolari, oppure da fibre elastiche. La
tonaca avventizia, la più esterna rispetto al lume del vaso, è uno strato di rivestimento connettivo.
Nei capillari, i tre strati si riducono alla sola tonaca intima e si riduce anche lo spessore della parete;
solo in questo modo possono avvenire gli scambi. Nei capillari continui, la lamina basale e lo strato
epiteliale sono continui, in modo che i gas diffondano e le molecole più piccole possano passare
transitando attraverso la parete. Nei capillari fenestrati, invece, si trovano delle discontinuità più o
meno grandi nella parete, che aumentano la capacità di scambio. Questi capillari possono avere la
membrana basale continua oppure discontinua. I capillari sinusoide, infine, hanno un calibro molto
ampio, grandi fenestrazioni e membrana basale molto discontinua. Gli scambi, così, sono molto
accentuati; questo tipo di capillari si trova solo nel fegato.
Dopo i capillari, si ha il ritorno venoso del sangue. Le vene sono riconoscibili, rispetto alle arterie,
perché hanno una tonaca media più sottile.
Secondo il normale scambio tra arterie e vene,
otteniamo uno schema di questo tipo. Possiamo,
però, avere anche schemi di scambio differenti.
arteria capillare vena 14
Giorgia Palladino Nel rene, ad esempio, nel primo capillare
non avviene lo scambio, che avviene
invece nel secondo.
arteria capillare arteria capillare vena Nel fegato, il sangue venoso forma una
nuova capillarizzazione, o ipofisi.
arteria capillare vena capillare vena
I vasi linfatici
I vasi linfatici sono formati solo da un sottile endotelio. I capillari linfatici nascono a fondo cieco,
ovvero hanno l’estremità chiusa, e il sistema linfatico è un sistema aperto, cioè non è un circolo
continuo. Tutta la linfa, infatti, ritorna al circolo venoso.
Il sistema linfatico è formato da cellule immunitarie, come linfociti e globuli bianchi, organi
linfatici e tessuto linfoide disperso in ogni distretto. La linfa che riempie i vasi corrisponde al
liquido extracellulare che bagna i tessuti e che deve essere sempre drenato all’interno del sistema
venoso. I vasi linfatici sono dotati di valvole, perché la direzione della linfa sia verso il circolo
venoso, cioè sia unidirezionale. Infatti, come abbiamo detto, tutto il circolo linfatico si apre a livello
del circolo venoso. Nel dotto toracico, che si va ad aprire nel circolo venoso tra la vena succlavia e
la giugulare sinistra, vi confluisce tutta la linfa proveniente dalla sinistra del corpo e dal basso.
Invece, nel dotto linfatico destro, che si apre tra la vena succlavia e la giugulare destra, confluisce
tutta la linfa proveniente dall’arto destro e dalla testa. La cisterna del chilo, invece, è raggiunta dai
tronchi linfatici provenienti dagli arti e dal sistema digerente. Una delle funzioni della linfa è
drenare i lipidi.
Il timo
Il timo si adagia al di sopra del pericardio ed è un organo linfatico primario, al cui interno si
differenziano i linfociti T. Il timo è un organo pieno, con un rivestimento esterno che va a costituire
tutta la capsula. Da questa, si dipartono dei setti, in cui decorrono vasi e nervi, che suddividono il
parenchima in tante piccole porzioni, i lobuli timici. Il parenchima presenta due zone: quella
corticale è esterna e la indentifichiamo con un colore blu/viola, mentre quella midollare è interna e
la identifichiamo con un colore rosato. Questa differenza di colore si realizza grazie ad una
differente concentrazione di cellule, per cui possiamo dedurre che queste siano molto concentrate
nella zona corticale, mentre sono rade in quella midollare. Mentre abbiamo visto che la capsula di
rivestimento e i setti sono connettivali, il parenchima che si trova all’interno dello stroma, e che
costituisce il tessuto caratteristico del timo, è un tessuto epiteliale. Questo reticolo epiteliale è
formato da diversi tipi di epiteliociti. Gli epiteliociti sottocapsulari si trovano subito al di sotto della
capsula di rivestimento e formano uno strato continuo; gli epiteliociti perivascolari, invece,
avvolgono i vasi sanguigni che penetrano nel timo con il loro prolungamento. I perivascolari si
possono trovare nella zona corticale, dove formano giunzioni tra loro a creare una barriera emato-
timica, grazie alla quale non vi sono influenze ematiche nel timo corticale. Gli stessi perivascolari,
però, possono trovarsi anche nella zona midollare, dove non presentano giunzioni strette e
consentono ai timociti maturi di entrare nel circolo sanguigno.
Oltre a quelli già visti, nel timo possiamo trovare ancora altri epiteliociti. Gli epiteliociti stellati,
invece, sono cellule nutrici corticali e midollari che consentono il trofismo ai timociti, ovvero li
nutrono. Vi sono, poi, anche epiteliociti che producono e rilasciano sostanze timiche, cioè ormoni.
Infine, nel timo troviamo anche macrofagi, cellule dendritiche, cellule contrattili e pochi fibroblasti.
I linfociti T che si trovano a livello corticale, nella porzione più esterna, sono ancora in grado di
dividersi (ci sono protinaci). Man mano che decorrono verso la midollare, però, solo una piccola
parte di questi linfociti diventa matura, mentre gli altri sono eliminati per apoptosi secondo un
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Giorgia Palladino
processo detto selezione clonale. Quelli che raggiungono la midollare sono i timociti maturi, che
entrano nel circolo sanguigno e sono distribuiti a tutti i tessuti.
Nel corso della vita, il timo subisce dei cambiamenti, ovvero va incontro ad una progressiva
involuzione. Aumenta, al suo interno, il tessuto adiposo, che va a costituire il parenchima del timo,
mentre nella midollare si vanno a formare delle formazioni tondeggianti, i corpuscoli di Hassal, a
strati concentrici. Questi corpuscoli, formati da epiteliociti morti rimasti impilati tra loro, diventano
sempre più grandi all’aumentare dell’età.
Abbiamo detto che i linfociti maturi vengono distribuiti a tutti i tessuti di tutti gli organi dal circolo
sanguigno. Tuttavia, sono gli organi cavi quelli che presentano una maggior quantità di tessuto
linfatico, soprattutto se sono connessi verso l’esterno. Il tessuto linfatico, infatti, si va ad associare
alle mucose e lo troviamo sia disseminato a livello della lamina propria, sia organizzato a formare
formazioni più grandi, il cosiddetto tessuto linfatico organizzato. I linfociti, infatti, vanno a
rilasciare immunoglobuline che resistono all’esterno.
Il tessuto linfatico organizzato si può trovare a formare semplici noduli linfatici, composti
soprattutto di linfociti B aggregati, o in formazioni più grandi, come le tonsille. Negli spazi tra un
nodulo linfatico e l’altro si trovano linfociti T, più dispersi. Nelle tonsille palatine, i linfociti vanno
a colonizzare tutta la lamina propria sottostante l’epitelio pavimentoso stratifica