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Estratto del documento

Capacitas e legislazione caducaria. La Leges Iulia de maritandis ordinibus e

Papia Poppaea parlarono di capacitas (diritto ad ereditare) e di capere con riguardo ai

caelibes (celibi) e agli orbi disponendo un regime tutto proprio per quanto riguarda i

beni ereditari:

caelibes = non coniugati in età matrimoniali

 orbi = coniugati senza figli

Ad entrambi si negò la capacità di acquistare per testamento: totale per i celibi, per la

metà di quanto disposto in loro favore per gli orbi. La capacitas doveva esserci alla

morte del testatore: ma per i caelibes avrebbero potuto conseguirla nei 100 giorni

successivi. Tutto ciò che non era acquistabile dai “non capaces” si accresceva in favore

dei coeredi che fossero ascendenti o non discendenti del testatore. Se mancavano i

discendenti o gli ascendenti del testatore, il testamento diventava caducum (la metà

dell’eredità che perdevano gli sposati senza prole); in assenza, all’aerarium populi

Romani. In età classica fu sostituito dal fisco. 212-217 d.C: l’imperatore Antonio

Caracalla modificò le leggi augustee per incrementare il patrimonio pubblico. La

quota vacante caducum doveva essere devoluta al fisco come anche altri privilegi

degli eredi. Durante il Basso Impero (avvento del Cristianesimo) le Legis Iulia e Papia

furono abrogate e tornò in vigore lo ius antiquum (diritto antico, il regime precedente

alle leggi augustee).

Indegnità a succedere. Sia il senatoconsulti che le costituzioni imperiali andarono

sanzionando con l’indegnità di chi si ritenessero indigni (non meritevoli) di subentrare

al defunto iure ereditario, sia ab intestato sia ex testamento. Gli indegni non furono

ritenuti incapaci di acquistare iure ereditario ma ciò che acquistavano a questo titolo

veniva rivendicato extra ordinem dall’aerarium populi Romani e, dall’età classica

avanza, dal fisco. Gli indegni una volta divenuti heredes restavano tali ma non poteva

esercitare le azioni ereditarie perché erano negate dal pretore. Erano l’uccisore

dell’ereditando, chi avesse impedito all’ereditando di testare, chi impegnasse il

testamento come falso, i rei d’adulerio (colpevole di tradimento).

L’acquisto dell’eredità. Gli eredi “necessari”. Gli eredi potevano essere

necessari = sia i sia gli manomessi nel testamento dal dominus e nello

 sui schiavi

stesso testamento istituiti eredi. Si dissero “necessari” perché diventavano

automaticamente e necessariamente eredi con la morte dell’ereditando, senza

bisogno di accettazione ma pure senza possibilità. I sui erano i familiari

immediatamente soggetti alla potestas dell’ereditando al tempo della sua morte,

gli stessi familiari che con la morte dell’ereditando, avrebbero acquistato lo status

di sui iuris. Costoro avevano la qualifica di sui sia nella successione legittima sia in

quella testamentaria. Poiché d’altronde patria potestas e manus erano prerogative

maschili, ad avere heredes sui avrebbe potuto essere solo un ereditando maschio.

Gli eredi subentravano al de cuius sia nell’attivo sia nel passivo; cosicché, se il

passivo superava l’attivo gli eredi avrebbero dovuto onorare il passivo ereditario col

proprio patrimonio personale. Dall’ultima repubblica il pretore concesse agli eredi il

beneficium abstinendi perché essi potessero evitare la proscriptio. A volte infatti

l’ereditando metteva nel testamento un proprio schiavo rendendolo erede,

diventando così servo heredes necessarius.

volontari

Gli eredi volontari. Sui e servi = eredi necessari. Gli altri chiamati all’eredità, sia

che succedessero ab intestato sia che succedessero ex testamento, erano invece eredi

“volontari”. Furono detti anche heredes extranei. Essi non diventavano eredi

automaticamente per effetto della chiamata come gli eredi necessari, ma di seguito ad

accettazione o adizione. Prima dell’accettazione l’eredità era considerata giacente ed

esposta all’eventualità di usucapio pro herede.

L’accettazione dell’eredità. L’accettazione poteva aver luogo o mediante cretio o

pro herede gestio.

CRETIO = atto formale che si effettuava con la pronunzia di parole determinate

ù che esprimevano la volontà di accettare l’eredità. Alla cretio si doveva fare

necessariamente ricorso, quando il testatore nell’istituire taluno erede, subordinava

l’istituzione alla condizione che l’istituito accettasse mediante cretio ed entro un

certo limite. La cretio non venne più impiegata da età postclassica, e scomparve

dall’uso.

PRO HEREDE GESTIO = era un’accettazione tacita dell’eredità che consisteva

ù in comportamenti che mostravano senza possibilità di equivoci la volontà di

accettare: erano atti di gestione del patrimonio del defunto (es. esigere crediti,

pagare debiti ereditari). In età postclassica la pro herede gestio rimase l’unico

modo possibile di accettare l’eredità. L’adizione doveva essere compiuta

personalmente, senza né condizioni né termini e comunque dopo che avesse avuto

luogo la delazione.

La rinunzia all’eredità. Il chiamato all’eredità, purché erede volontario, avrebbe

potuto rinunziare. Alla rinunzia non si potevano aggiungere né condizioni né termini,

pena la nullità.

La fusione dei patrimoni: rimedi. Con la successione ereditaria, il patrimonio

ereditato si univa al patrimonio dell’erede/i. Quando, però, l’hereditas era damnona (il

passivo ereditario superava l’attivo) gli eredi volontari si sottraevano dall’adozione. In

questo modo i creditori ereditari non avrebbero potuto agire sul patrimonio del

defunto. I classici trovarono delle soluzioni:

L’hereditas

1. = secondo lo ius civile era l’oggetto della successione universale

mortis causa. I giuristi romani la qualificarono hereditas universitas: complesso

unitariamente considerato

di corpora: beni di proprietà

o e iura: crediti e debiti

o

I romani concepirono l’hereditas come ius avente ad oggetto la stessa universitas e di

sé spettante a quanti avessero la qualità di heredes. L’hereditas comprendeva

situazioni soggettive trasmissibili che facevano capo al defunto al tempo della sua

morte. Non entravano a far parte dell’hereditas ma si estinguevano con la morte del

titolare le potestà familiari, tutela e curatela. La potestà sui servi si trasmetteva

insieme col dominium su di essi.

L’hereditatis petitio

2. = l’azione speficia a tutela dell’hereditas era la vindicatio

legis actiones

hereditatis, detta anche hereditatis petitio. Nella il rito proprio era

processo formulare

quello della legis actio sacramenti in rem. Nel si agiva con

formula petitoria, del tutto simile a quella della rei vindicatio. Dal regime proprio

della rivendica la hereditatis petitio si andò differenziando in alcuni punti, per

effetto di elaborazione giurisprudenziale; il cui regime dettato per la caducorum

vindicatio fu presto esteso alle liti ereditarie tra privati. Viene in considerazione al

riguardo la legittimazione passiva. Il principio espresso nei testi classici è che

l’azione compete contro il possessore di cose ereditarie purché possessore pro

herede o pro possessore. A questo fine possedeva pro herede chi non adduceva

alcun titolo del proprio possesso, e che pertanto alla domanda “a che titolo

possiedi?” rispondeva evasivamente “posseggo perché posseggo”. Che se invece il

convenuto invocava a giustificazione del suo possesso uno specifico ttolo

particolare, ecco che contro di lui l’attore avrebbe dovuto procedere con la

rivendica e non con l’hereditatis petitio. Nel corso dell’età classica la hereditatis

petitio fu inoltre ammessa contro “qui liti se optulit” (colui che ha accettato

l’eredità per distogliere l’attore dal vero legittimato); e fu ammessa pure contro

colui che possessor pro herede o possessor pro possessore, avesse prima della litis

contestatio cessato dolosamente di possedere.

La coeredità

3. = detta anche comunione di eredità. Ha il regime giuridico simile a

quello della comunione di proprietà: ogni erede era titolare di una quota ideale con

diritti e doveri analoghi a quelli del comproprietario sul bene comune. Talune

peculiarità emergono a proposito di ius adcrescendi e divisione dell’eredità

- ius adcrescendi: detto anche diritto di accrescimento. 1 o più contitolari in

proporzione alla propria quota in alcuni casi acquistavano automaticamente la quota

di un altro contitolare. L’accrescimento accadeva quando uno dei chiamati all’eredità

per incapacità/rinunzia/altro non divenisse coerede. Era un procedimento automatico

in favore degli altri chiamati alla stessa eredità sempre che questi, divenuti eredi,

avessero acquisitato quanto loro deferito. Nella successione testamentaria al ius

adcrescendi si derogava quando trovava applicazione la legislazione caducaria,

quando il testatore aveva provveduto alla nomina di un substitutus, quando il

testatore aveva istituito congiuntamente più eredi per la stessa quota: che per effetto

della coniunctio, la parte del coerede istituito coniunctim e che non acquistava

l’eredità si accresceva in favore soltanto degli altri che fossero stati istituiti eredi nella

stessa quota.

- divisione dell’eredità: erano esclusi debiti e crediti ereditari: perché si imputavano

direttamente ai coeredi in proporzione alla loro quota. Le obbligazioni

se divisibili = attive o passive, seguivano il regime delle obbligazioni parziarie

ù se indivisibili = regime delle obbligazioni solidali attive

ù

L’actio familiae erciscundae. L’azione propria per la divisione dell’eredità era

l’actio familiae erciscundae. Essa aveva fondamento nella Legge delle 12 Tavole, che

aveva disposto che per essa si dovesse procedere con la legis actio per iudicis

arbitrive postulationem. Procedura: il giudice (arbiter) procedeva alla distribuzione dei

fonti di reddito (cespiti) ereditari in più lotti, tanti quante le quote ereditarie, e poi

mediante adiudicatio li aggiudicava ai partecipanti alla divisione, trasferendo effetti

della proprietà ed altri diritti reali.

La successione universale mortis causa secondo il diritto pretorio. La

bonorum possessio. Ultima età repubblicana: si sviluppò a Roma un sistema di

successione universale mortis causa pretorio, che si attuava mediante la concessione

della bonorum possessio. Tale sistema pretorio non era oppo

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Publisher
A.A. 2022-2023
12 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elicensi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti del diritto europeo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Frunzio Marina.