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Dunque, l’effetto giuridico prodotto dal provvedimento di autorizzazione, che come detto è un
provvedimento di regola discrezionale, è quello di, secondo una visione più tradizionale, di rimuovere un
determinato limite posto dalla legge all'esercizio di un diritto che la legge già attribuisce in capo a un
determinato soggetto.
Secondo l'orientamento, invece, minoritario il potere di autorizzazione ha un effetto costitutivo, cioè quello
di costituire in capo a determinati soggetti nuove situazioni giuridiche soggettive che questi non avevano in
base alla legge.
Il potere di autorizzazione è un potere di solito discrezionale, ciò in quanto, in attuazione della direttiva
Bolkestein, la legge ha sostanzialmente eliminato le cosiddette autorizzazioni vincolate sostituendole, oggi
soprattutto alla luce della riforma data dalla Legge Mania, con la Segnalazione certificata di inizio attività
che costituisce un atto di natura privatistica conservando un controllo successivo della pubblica
amministrazione.
Quindi, il potere amministrativo:
- arretra quanto alle autorizzazioni vincolate sotto il profilo preventivo;
- permanendo, invece, sotto il profilo del controllo successivo.
Per quanto riguarda l’esigenza di semplificazione che sempre si pone in relazione all'attività della pubblica
amministrazione, molte autorizzazioni discrezionali sono sostituite dal meccanismo del silenzio-assenso,
per cui il provvedimento conserva la sua natura discrezionale ma la legge stabilisce che: in luogo della
adozione di un provvedimento espresso, la pubblica amministrazione tenga un comportamento il quale a
seguito del termine di conclusione del procedimento produca effetti equipollenti a quelli di un
provvedimento espresso di assenso; quindi, il silenzio copre i casi di autorizzazione discrezionali ed è così
che si forma un provvedimento tacito di assenso.
Quanto al rapporto che sussiste tra l'amministrazione autorizzatrice e il soggetto titolare
dell'autorizzazione, abbiamo già accennato, che il potere è un potere, di solito, di controllo successivo, ossia
il potere dell'amministrazione di vigilare sul rispetto da parte del soggetto privato delle condizioni delle
prescrizioni che, di solito, vengono impartite attraverso la autorizzazione.
Dal potere autorizzatorio si distingue il potere concessorio, il quale ha invece una funzione di conformare e
di organizzare le attività economiche, così prevedendo una definizione dell'offerta di beni e servizi su un
dato mercato da parte della pubblica amministrazione e, in particolare, in quei casi si può supporre che non
vi sia un mercato perché la attività o il bene non siano oggetto di interesse da parte di operatori economici
privati.
D'altro canto, la concessione consente anche di organizzare in modo economico e funzionale l'attività della
pubblica amministrazione di carattere economico, conferendo a soggetti privati il diritto di esercitare in
modo esclusivo una determinata attività riservata alla pubblica amministrazione o di sfruttare sempre in
modo esclusivo beni di appartenenza della pubblica amministrazione, in particolare beni del demanio o del
patrimonio indisponibile.
L'effetto della concessione è un effetto surrogatorio, perché a differenza, per esempio, degli appalti, il
soggetto privato titolare della concessione non rende una prestazione nei confronti della pubblica
amministrazione ma svolge direttamente e a proprio rischio una attività di pubblico interesse, sotto il
controllo di regola della pubblica amministrazione.
Questo carattere surrogatorio fa sì che la struttura della concessione sia una struttura di tipo trilaterale
perché la gestione a proprio rischio implica che vi sia un rapporto diretto tra il concessionario e gli utenti
che fruiscono del bene o del servizio da questo realizzato. In particolare, la concessione ha per oggetto la
realizzazione e la gestione di opere di interesse pubblico ma [anche] lo sfruttamento economico di beni
pubblici e la gestione di erogazione di servizi pubblici.
Dunque, parlavamo della struttura trilaterale per specificare come il soggetto privato concessionario, oltre
al diritto di gestire il servizio oppure di realizzare l'opera o di gestire il bene, ha anche la possibilità di
remunerare il proprio investimento attraverso la riscossione dei corrispettivi che l’utenza è tenuta a versare
al fine di fruire, appunto, del bene o del servizio oppure, in ogni caso, dell'attività esercitata dal
concessionario. In modo tale che non vi sia più un rapporto diretto tra pubblica amministrazione e utenza,
ma due rapporti:
- uno tra pubblica amministrazione concessionaria;
- l’altro tra concessionario e utenza stessa.
Di regola, l’amministrazione conserva, invece, rispetto all'autorizzazione, potere di ingerenza e di controllo
proprio sull’attività del concessionario. Potere che può assumere diverse connotazioni: dalla direzione alla
revoca in caso di inadempimento o alla autorizzazione.
In particolare, mi riferisco, ad esempio, alle sub-concessioni quelle in particolare disciplinate dal codice
della navigazione, ossia le concessioni di beni demaniali, dove, quando il concessionario voglia affidare a un
terzo la esecuzione di alcune attività che rientrano nell’oggetto della concessione, la amministrazione ha il
potere di autorizzare il soggetto appunto ad affidare al terzo attività che rientrano nell'oggetto della
concessione. Si ritiene, quindi, che in questo caso la pubblica amministrazione abbia un potere di ingerenza
e ciò si riverbera sulla natura degli atti che intercorrono tra la pubblica amministrazione e il concessionario
come anche tra il concessionario e i terzi, connotando tutti questi rapporti (atti) in una connotazione di tipo
pubblicistico, con ogni conseguenza in termini di giurisdizione appunto del G.A.
Quindi, per quanto riguarda la natura giuridica della concessione:
_ se tradizionalmente si riteneva che essa costituisse un provvedimento amministrativo;
_ oggi, è invalsa la concezione dell'Amministrazione come atto misto, o meglio nella concessione-contratto.
Nel senso che la concessione si ritiene una fattispecie complessa e mista composta da:
- un provvedimento, con il quale viene affidata la concessione;
- un contratto che, invece, ne regola i rapporti patrimoniali.
Dunque, attribuendo direttamente dei vantaggi economici anche solo concernenti il diritto di uso esclusivo
(l'esercizio esclusivo) di una attività, la concessione configura un contratto di tipo contendibile e per questo
motivo soggiace al principio concorrenziale che richiede alla pubblica amministrazione di rispettare i criteri
e i principi dell’evidenza pubblica nell'affidamento della concessione. In particolare, quando si tratta di
contratti c.d. attivi della pubblica amministrazione, in cui la pubblica amministrazione consente l'utilizzo e
lo sfruttamento di un bene contro un canone da parte del concessionario, oggi il Codice dei Contratti
Pubblici di cui al Decreto 50 del 2016, assoggetta questo tipo di concessioni (concessione di beni pubblici) ai
principi generali, quindi di proporzionalità, trasparenza, non discriminazione e di pubblicità.
Al contrario, le concessioni che fanno parte di contratti normativi della pubblica amministrazione, ossia le
concessioni di servizi e quelle relative alla realizzazione e alla gestione di opere pubbliche, seguono invece
in modo più specifico i criteri di aggiudicazione, sanciti dal Codice stesso con qualche differenza rispetto alla
disciplina che invece regge gli appalti della pubblica amministrazione; differenze che appunto derivano dal
carattere misto della concessione come provvedimento ma anche come contratto.
Tutto ciò, senza quindi che vi sia quella scissione così netta tra fase di affidamento pubblicistico e fase
privatistica di esecuzione del contatto che invece connota i contratti di appalto.
Passiamo adesso al potere sanzionatorio, al quale abbiamo già fatto un riferimento in precedenza.
Il potere sanzionatorio è il potere di applicare in modo coattivo una misura patrimoniale oppure personale
di carattere afflittivo nei confronti del soggetto che si accerta essere il responsabile per la commissione di
un fatto illecito, fatto che consiste nella violazione di una norma oppure di un provvedimento
amministrativo.
Sotto il profilo storico, l’illecito amministrativo è stato previsto in una funzione di deflazione del sistema
penale attraverso gli interventi di c.d. de-penalizzazione e nei tempi più recenti al fine di poter configurare
una responsabilità da reato a carico non più delle persone fisiche ma delle persone giuridiche.
Sotto il profilo, invece, della natura giuridica va evidenziato che il potere sanzionatorio non costituisce
neppure un vero e proprio potere amministrativo ma un potere che ha diverse affinità con la funzione
giurisdizionale, in quanto il potere sanzionatorio quando è attribuito alla pubblica amministrazione deve far
sì che così come il giudice anche la P.A. applichi la legge al fine di garantire il rispetto di una norma giuridica
e non già, come di regola è per il potere amministrativo, al fine di curare un interesse pubblico specifico e
concreto.
Infatti, la finalità di garantire il rispetto della norma giuridica e quindi di garantire la legalità in generale, è
l'unica finalità che il giudice può perseguire essendo leggi soggetto soltanto alla legge ed essendo al giudice
vietato di perseguire interessi diversi rispetto all’accertamento dei fatti e alla comminatoria della funzione
[non sento bene, potrebbe essere sanzione].
Ne consegue che la pubblica amministrazione quando esercita il potere sanzionatorio non valuta interessi
oppure fatti in vista della realizzazione di uno specifico interesse pubblico, ma esercita un'attività di mero
accertamento; di conseguenza, incide non più su interessi legittimi ma su diritti soggettivi.
Infatti, la giurisdizione sulle sanzioni amministrative di regola spetta al giudice ordinario che, peraltro, ha
cognizione e poteri molto più ampi rispetto a quelli che la legge volitiva del contenzioso amministrativo gli
riconosce nei confronti dei provvedimenti della pubblica amministrazione.
Come è noto, infatti, il giudice ordinario (ma ci torneremo poi più avanti quando parleremo nello specifico
dell’interesse legittimo) ha una cognizione solo incidentale sui provvedimenti amministrativi non
sanzionatori, non ha il potere di annullarli ma solo quello di non applicarli quando riscontri un contrasto
rispetto alla norma che ne costituisce il parametro di validità.
Al contrario, il giudice ordinario quando ha cognizione sulle funzioni ha una cognizione che:
- innanzitutto, è diretta e non incidentale;
- inoltre, il sindacato è un sindacat