vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Secondo Leibniz i principi del diritto sono da ricercare nella volontà
divina perché Dio è vincolato dalle regole della natura, Leibniz è un
giusnaturalista, e dalle regole di giustizia. Leibniz ha strutturato
queste leggi di natura in modo da renderle intellegibili anche agli
uomini e come possono farlo? Attraverso regole basate sulla
matematica e sulla biologia, nasce qui il concetto di biologia
giuridica. Leibniz non distingue tra diritto e morale religiosa, anzi,
polemizza in modo violento la laicizzazione della giurisprudenza e
questa è una mentalità diversa da Pufendorf e Thomasius, è un
conservatore che non condivide le istanze liberistiche ed è legato al
retaggio passato. Il compito del giurista è quello di riuscire ad
ordinare il diritto in un’unità coerente e razionale e non in un
complesso di regole astratte. Leibniz vuole riordinare il diritto
positivo, ma non vuole innovarlo: è un conservatore nei programmi
e innovatore nei metodi. Quando elabora questa teoria, ha presente
il diritto positivo germanico e il diritto romano comune, che rimane
la base. Le critiche che vengono poi fatte al vecchio sistema del
diritto comune è quello di essere un sistema confuso, complicato e
troppo interpretato dai giuristi. Quello che inizia a delinearsi con gli
illuministi è la necessità di razionalizzare il diritto in modo
universale. Però ha delle idee innovative perché anticipa l’idea di
completezza dell’ordinamento giuridico e che si afferma con la
codificazione. Il suo metodo si basa sulla struttura grammaticale
della norma; qual è il compito del legislatore? Secondo Leibniz il
legislatore deve essere capace di individuare tra le norme vigenti
ciò che rappresenta la rigorosa enunciazione di una verità. E come
si individua la verità? La si deduce da una preesistente regola già
enunciata come vera, che è l’assioma. In questa annunziazione di
verità, la norma deve essere chiaramente formulata e deve essere
formulata come una proposizione. Grammaticalmente le
proposizioni si compongono di soggetto, copula e predicato; il
predicato indica – in diritto – il diritto o il dovere e viene attribuito
ad un soggetto giuridico attraverso un legale verbale, la copula.
Secondo Leibniz questa struttura grammaticale delle norme rende
possibile la costruzione di un sistema logicamente ordinato e
matematicamente organizzato dei dati vigenti. In un tale sistema si
fissano quindi quelle che sono le proposizioni verità, cioè gli assiomi
di partenza, le categorie e i principi generali, ed è da questi principi
generali e verità di partenza che si possono ricavare le norme
particolari e attraverso un ragionamento logico. Qual è il compito
2
del giurista? Di definire le proposizioni di partenza, i principi
generali da cui dipartono le altre norme, individuando le singole
eccezioni ai principi generali. Leibniz propone l’elaborazione, la
stesura da parte dello Stato di un codice breve e chiaro di questo
diritto romano germanico: Leibniz vede sviluppata la sua teoria
all’interno delle norme e tradizioni germaniche che si appoggiano al
diritto comune. Questo ragionamento così contorto è importante
perché si pongono in primo piano i principi che porteranno poi alla
codificazione. Prima di tutto il sistema che è logicamente ordinato
ed esaustivo; in secondo luogo questa sua struttura grammaticale
della norma è un’introduzione a come sarà la norma – precettiva,
che stabilisce il dovere o il diritto, il soggetto cui è indirizzato ed
infine la pena in caso di inosservanza della norma – nella sua
struttura. Nel codice la norma è molto secca, al contrario delle
consolidazioni prolisse in cui viene spiegato tutto il ragionamento
logico, e nella dottrina di Leibniz si vede la necessità di cambiare le
modalità in cui devono essere espresse le norme, oltre ad esserci
l’idea che quello che è il diritto è diritto positivo, ossia posto dallo
Stato. Di fatto Leibniz propone la redazione da parte dello Stato di
un codice breve e chiaro, oltre che sintetico. Naturalmente questa
teoria si contrappone a quelle di Thomasius e Pufendorf, che si
basavano sulla separazione tra diritto e teologia. Leibniz polemizza
con loro due, partendo dall’idea di giustizia: non è una virtù
negativa, ma positiva perché consiste nel fare il bene e comprende
la carità, intensa come una propensione a godere dell’altrui felicità.
La sapienza, invece, è intesa come idoneità a riconoscere le cause
della felicità. Qual è la conseguenza di questo ragionamento? Solo il
sapiente può conoscere cosa serve alla perfezione dell’uomo e alla
sua felicità. Partendo da questo ragionamento, Leibniz estrapola tre
ragioni che portano a praticare la giustizia e partono dal livello più
basso; il primo motivo che spinge l’uomo a cercare e praticare la
giustizia è l’utilità e questo livello è quello che si chiama della
prudenza. Nel secondo livello, quello medio, si pratica la giustizia
per il piacere di fare il bene e questo secondo livello è quello della
giustizia in senso proprio. Il terzo livello, il più alto, vede
praticarsi la giustizia per amore di Dio. i tre gradi che Pufendorf
e Thomasius istituivano e dividevano in diritto, morale e religione,
sono per Leibniz tre gradi differenti della giustizia. Quali sono le
conseguenze di questa costruzione? La giustizia è una sola e la
giurisprudenza ha per oggetto la giustizia nel suo complesso, non si
3
può dividere la giustizia divina da quella terrena. Il primo livello
scriptum ius
viene individuato nello , nell’applicazione della norma
letterale. Il livello più basso della giustizia vede un precetto
principale: il non fare male a nessuno; ha, come fine, la tranquillità
e questo primo livello realizza la giustizia contrattuale o
commutativa. Il secondo livello è quello della giustizia
ius societatis
equitativa, si incarna nello e il precetto è quello di
dare a ciascuno il suo, mentre il fine è la comodità. Realizza la
giustizia distributiva, ossia di dare l’uguale all’uguale, ossia dare
secondo il merito, bisogno o rango. Il terzo livello è rappresentato
ius pietatis
dal diritto dell’amore di Dio, lo , ha come precetto il
vivere onestamente, ha come fine la salvezza e realizza la giustizia
universale. Tutta questa teoria come viene riscontrata nella realtà
scriptum ius,
umana? Il primo livello di giustizia, lo si realizza nello
stato di natura: tutti gli uomini sono uguali e i loro rapporti vengono
regolati dall’uguaglianza dei termini dello scambio (es. la vendetta
nei rapporti tra gli uomini); questa uguaglianza assicura la
tranquillità. Quando si passa allo stato sociale, si realizza il diritto
equitativo: gli uomini rinunciano all’uguaglianza dello stato di
natura e i rapporti sono regolati dell’eguaglianza per eguali
situazioni sociali, la teoria è basata principalmente sulla realtà fatta
di ceti sociali e privilegi, riproducendo in questa teoria lo stato
sociale del tempo. Il principio che regola lo stato sociale è che a
ciascuno è attribuito ciò che spetta al suo stato sociale. Il terzo
livello si realizza quando gli uomini entrano in società anche con Dio
e i rapporti sono regolati dal pio vivere e dalla sottomissione e
obbedienza alla legge di Dio. Questo avviene più facilmente quando
la società è ordinata in modo armonico con la società divina ed è
per questo che non deve esserci contrasto tra etica e morale
religiosa. Leibniz capovolge l’ideologia giuridica secondo cui il diritto
naturale era gerarchicamente superiore al diritto positivo. In tutti
questi ragionamenti viene presa ad esempio la società germanica
del tempo e dà molta importanza al diritto germanico di allora, un
insieme di diritto romano e consuetudini locali. Leibniz dà al diritto
patrio maggiore importanza nel sistema di diritto, quando fino ad
allora si dava più importanza al Corpus Iuris Civilis nelle
interpretazioni medioevali. L’aspetto notevole è che vuole
razionalizzare e inquadrare il diritto all’interno di una formulazione
di proposizioni chiare e per principi generali. Questo sistema dei
principi generali da cui derivano le altre norme specifiche è
4
un’impostazione che influenzerà anche la codificazione germanica
rispetto a quella italiana e francese. Le radici dottrinarie emergono
ora, tra ‘600 e ‘700.
CHRISTIAN WOLFF
Altro rappresentante del secondo filone è Christian Wolff – che vive
tra il 1670 e 1754 – il quale è anche lui un matematico, filosofo e
giurista. La sua scuola wolffiana svilupperà e divulgherà tutti quegli
aspetti sistematici del pensiero di Leibniz. Anche Wolff accetta la
teoria contrattualistica dello Stato e lo stato di natura/stato sociale,
insiste sul fatto che il diritto di natura debba seguire un metodo
scientifico: appoggia molto il pensiero di Leibniz, ma la sua grande
innovazione è che pone l’individuo come soggetto di diritti naturali
innati. È l’individuo che viene individuato come fulcro del sistema
verso cui sono indirizzate le norme/proposizioni che egli delinea. In
altre parole, Wolff mette al centro del sistema giuridico l’uomo
naturale, perché per il semplice fatto di essere nato ha dei diritti
innati e precorre quello che è un pensiero solo successivo. È la
prima volta che si teorizza l’idea che i diritti siano individuali,
indirizzati ad un individuo soggetto; Wolff sostiene che è l’uomo
naturale al centro del sistema giuridico, l’uomo naturale nasce con
diritti naturali innati, ha obblighi naturali cui adempie tramite i diritti
naturali. Wolff individua come destinatario di quelle norme che
impongono doveri e istituiscono diritti un tipo unico ed
indeterminato di soggetto. Introduce per la prima volta il concetto di
unicità del soggetto giuridico. Qual è la caratteristica che
distingue la codificazione da tutte le raccolte fatte
precedentemente, dalle consolidazioni? L’unicità del soggetto
giuridico. Al centro del sistema giuridico di Wolff c’è l’individuo.
Quali sono i legami con Leibniz? Ha uno stesso atteggiamento
ideologico e politico, accetta l’organizzazione politica dei principati
tedeschi perché razionali. Rifiuta di distinguere tra morale, religione
e diritto; ha lo stesso atteggiamento anche nella met