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RNA.

Un gene un enzima

Beadle e Tatum studiarono a lungo la relazione tra le mutazioni geniche e le proteine. Essi

infatti trattarono la muffa del pane (Neurospora crassa), capace di crescere in un terreno

minimo, con raggi X per indurre mutazioni. I due scienziati notarono che i ceppi mutanti

prodotti non erano più in grado di crescere in un terreno minimo poiché avevano perso la

capacità di sintetizzare alcuni amminoacidi o vitamine. In un primo momento queste muffe

mutanti vennero posizionate in un terreno di coltura differente e così giunsero alla

conclusione che essi erano impossibilitati a sintetizzare solo un particolare amminoacido o

una particolare vitamina. Essendo la sintesi degli amminoacidi e quella delle vitamine un

processo che si sviluppa in più passaggi i due scienziati provarono a capire quali di essi

era stato inibito dalle mutazioni: essi misero nel terreno minimo non più l’amminoacido o la

vitamina ma loro precursori metabolici. Trovando il precursore che permetteva la crescita

di un particolare ceppo mutante, Tatum e Beadle furono in grado di definire che ciascuna

mutazione corrispondeva all’inattivazione di un unico enzima che catalizzava un

passaggio responsabile della sintesi di uno specifico composto. In questo modo essi

dimostrarono la corrispondenza diretta tra le mutazioni geniche e la perdita di uno

specifico enzima. Alla luce di questo esperimento si giunse alla conclusione che ogni

sequenza genica controlla la produzione di una singola molecola enzimatica.

Un gene una catena polipeptidica

Linus Pauling era uno scienziato alle prese con la malattia ereditaria dell’anemia

falciforme. Cercando il motivo di questa malattia egli analizzò l’emoglobina dei globuli rossi

affetti. Essendo l’emoglobina una molecola carica egli attraverso l’elettroforesi (materiale

organico immerso in un gel sottoposto all’effetto di un campo elettrico) notò che

l’emoglobina delle cellule falciformi migrava con velocità differente rispetto all’emoglobina

di una cellula sana. Poiché alcuni amminoacidi presentano gruppi carichi, Linus giunse

alla conclusione che l’emoglobina delle cellule falciformi differiva da quella delle cellule

sane per la sua composizione amminoacidica. Per verificare questa ipotesi però

bisognava sequenziare l’intera proteina di emoglobina, cosa impossibile con gli strumenti

dell’epoca. Fu Vernon Ingram che riuscì a confermare l’ipotesi di Pauling senza

sequenziare l’intera molecola. Infatti egli utilizzò la proteasi tripsina per tagliare

l’emoglobina in frammenti peptidici i quali vennero poi separati grazie all’elettroforesi ed in

seguito attraverso la cromatografia. Dall’analisi del quadro peptidico dell’emoglobina

falciforme e di quella normale, Vernon osservò che esse differivano per un solo

amminoacido, infatti nella molecola falciforme l’acido glutammico era stato sostituito da

una valina. Questa sostituzione, dovuta al cambiamento di un singola coppia di basi nel

DNA, è sufficiente ad alterare il modo in cui le molecole di emoglobina si aggregano nei

28

globuli rossi. Infatti l’emoglobina normale presenta una consistenza gelatinosa quando

rilascia l’ossigeno e lega l’anidride carbonica; l’emoglobina falciforme invece assume una

consistenza di tipo cristallino che modifica la forma dei globuli rossi e gli impedisce di

muoversi liberamente nel flusso sanguigno.

Studi successivi a quelli di Pauling hanno dimostrato che esistono altre mutazioni della

molecola di emoglobina dovute a geni che codificano per il domino alfa ed il dominio beta

della molecola. Non essendo l’emoglobina un enzima la concezione di un gene un enzima

fu soppiantata da quella di un gene una proteina, ma avendo visto che determinati geni

codificano anche solo per parti di proteine si giunse alla conclusione che i geni codificano

per catene polipeptidiche. In seguito si scoprì però che determinati geni possono

codificare non solo per la sintesi di catene polipeptidiche ma anche per la sintesi di RNA.

Il codice genetico a triplette

Siccome i nucleotidi di un gene determinano da quali amminoacidi deve essere composta

la catena polipeptidica, ad ogni amminoacido quante coppie di nucleotidi corrispondono?

2

Se fossero due coppie (4 = 16) sarebbe troppo poco poiché gli amminoacidi che formano

le proteine sono 20; si giunse quindi alla conclusione che per ogni tre coppie di nucleotidi

3

(triplette) corrisponde un amminoacido (4 =64).

La conferma del codice a triplette

Crick e Brenner sottoposero dei batteriofagi T4 all’azione mutagena della proflavina.

Questo agente mutagene è un colorante all’acridina che causa l’aggiunta o la delezione di

una singola coppia di basi (mutazioni frameshift) che comporta lo scivolamento

dell’intera cornice di lettura; il messaggio nucleotidico risulta quindi alterato dal punto della

mutazione in poi. I due scienziati notarono però che due mutazioni inverse (+ ; —) molto

vicine riportavano il batteriofago nella forma fenotipica originale (pseudo wild-type). Ciò

non avveniva quando le mutazioni erano entrambe dello stesso segno. Crick e Brenner

ottenere anche tripli mutanti ed osservarono che quando le mutazioni erano tutte dello

stesso segno (+ + +; ———) il batteriofago ripresentava il fenotipo wild-type. Alla luce di

ciò la teoria del codice genetico a triplette era confermata poiché:

Due mutazioni di segno diverso alterano la cornice di lettura unicamente tra la prima

• mutazione e la seconda ma il numero di nucleotidi rimarrà sempre un multiplo di tre;

inoltre se le mutazioni sono molto vicine le sequenze alterate comprendono solo poche

triplette e quindi il fenotipo risulta essere wild-type

Due mutazioni di segno uguale alterano tutta la cornice di lettura a partire dalla prima

• mutazione

Tre mutazioni dello stesso segno alterano la cornice di lettura solo tra la prima e l’ultima

• mutazione e l’intera sequenza nucleotidica rimane comunque un multiplo di tre; inoltre

quando queste mutazioni sono molto vicine questi errori possono essere tollerati nella

formazione di una proteina e perciò il fenotipo risulta essere wild-type. 29

Il codice genetico è degenerato e non sovrapposto

Se soltanto 20 delle 64 possibili triplette codificassero per amminoacidi utilizzati nelle

catene polipeptidiche, la presenza di mutazioni ridurrebbe drasticamente il numero di

organismi mutanti compatibili con la vita. Ciò però, grazie agli esperimenti di Brenner e

Crick, risulta non essere vero. I due scienziati infatti giunsero alla conclusione che il codice

genetico è un codice degenerato ossia un singolo amminoacido può essere codificato da

più di una tripletta di nucleotidi, in questo modo si diminuisce anche il rischio di una

mancata comprensione di una cornice di lettura a seguito di mutazioni.

I due scienziati giunsero anche alla conclusione che il codice genetico è non

sovrapposto, ossia la lettura dei nucleotidi avviene di tripletta in tripletta e quindi ogni

nucleotide viene letto una sola volta. Se il codice genetico fosse sovrapposto la cornice di

lettura dovrebbe avanzare solo di un nucleotide alla volta così che ogni nucleotide sarebbe

letto tre volte. In un codice sovrapposto una mutazione frameshift porterebbe all’inserzione

o alla delezione di un amminoacido

in un punto del polipeptide e

cambierebbe alcuni amminoacidi

adiacenti ma non avrebbe effetto

sulla cornice di lettura della

rimanente porzione del gene.

Questo significa che se il codice

genetico fosse sovrapposto Crick

e Brenner non avrebbero

osservato le mutazioni frameshift.

In conclusione quindi ogni

nucleotide è parte di una sola

tripletta. In realtà si è scoperto

successivamente che esistono dei

virus che presentano un codice

genetico sovrapposto.

L’RNA messaggero dirige la sintesi proteica

La dimostrazione che le molecole di mRNA, ottenute dalla trascrizione, sono responsabili

dell’ordine degli amminoacidi nella sintesi di una catena polipeptidica è stata ottenuta

grazie all’esperimento di Nirenberg e Matthei. Questi due scienziati studiarono la sintesi

proteica in un sistema acellulare, ossia al di fuori della cellula in una miscela di ribosomi

isolati, amminoacidi, una fonte di energia ed un estratto cellulare contenente i componenti

solubili del citoplasma. I due ricercatori osservarono che l’aggiunta di RNA al sistema

acellulare aumentava la velocità della sintesi proteica. A questo punto decisero di

aggiungere ad un sistema cellulare delle molecole di RNA sintetiche derivate dall’enzima

polinucleotide fosforilasi il quale appaia in maniera lineare i ribonucleotidi a

disposizione. Per questo esperimento gli unici ribonucleotidi utilizzati furono quelli UTP e

quindi la molecola di RNA sintetizzata era formata unicamente da uracile (omopolimero),

RNA poli(U). Una volta aggiunto questo acido nucleico sintetico nel sistema acellulare i

due scienziati osservarono che le catene polipeptidiche presentavano molteplici

amminoacidi fenilalanina. Molecole di RNA sintetico contenenti basi differenti non

stimolavano l’incorporazione della fenilalanina. Da questi risultati Nirenberg e Matthei

giunsero alla conclusione che le molecole di RNA determinano l’ordine in cui gli

amminoacidi vengono uniti durante la sintesi proteica.

Gli mRNA sintetici ed il dizionario delle triplette

Le triplette dell’mRNA prendono il nome di codoni e sono proprio queste sequenze

nucleotidiche a dirigere la sintesi delle proteine. Poiché le molecole di mRNA vengono

30

sintetizzate in direzione 5’ 3’ e sono tradotte cominciando dall’estremità 5’, i 64 codoni

per convenzione sono scritti nell’ordine 5’ 3’. A partire dall’esperimento di Nirenberg e

Matthei, i quali scoprirono che la tripletta UUU codifica per la fenilalanina, ulteriori

esperimenti portata vanti con omopolimeri portarono alla scoperta delle triplette AAA

(lisina) e CCC (prolina). Successivamente si utilizzarono copolimeri sintetici di mRNA

contenenti soltanto due basi azotate ma ciò rendeva più difficile capire a quale tripletta

corrispondeva un determinato amminoacido in quanto la polinucleotide fosforilasi appaiava

casualmente i nucleotidi. Così i ricercatori sintetizzarono mRNA contenti soltanto tre

nucleotidi e riuscirono a catalogare la maggior parte dei codoni e degli amminoacidi

corrispondenti. In seguito Gobind Khorana nel suo laboratorio riuscì a sintetizzare RNA

con triplette determinate capendo più facilmente gli amminoacidi corrispondenti. Una volta

confrontati i dati ottenuti con quelli dei due scienziati si giunse ad un primo dizionario delle

triplette.

De

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
106 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/06 Anatomia comparata e citologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alessia200022 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Campanelli Anna Rita.