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SIGNORE SERVO/SCHIAVO
Colui che non temendo la morte nella lotta della vita cerca di rischiare la vita (va in guerra, arrendersi, temendo la morte, non possiede beni, castelli), non si rischia la vita e gode dell'indietro, non si rifugia nella protezione del signore.
Non si subordina ad altri, e questa è libertà; subordinato ad altri, e rinuncia alla sua libertà; autocoscienza di dominio e potere.
Avviene un rovesciamento dello spirito dialettico, tra di loro sembrano inizialmente che il padrone domina il servo, poi invece è il padrone a dipendere dal servo, poiché il servo è colui che coltiva le terre e il raccolto per il signore, e quindi il signore, per continuare a rimanere signore, deve continuare a dipendere dal servizio del servo, che permette la continuazione della sua vita.
Per Hegel il padrone non può essere autonomo, poiché ha necessariamente bisogno del
lavoro del servo. Non esiste il padrone senza il servo e viceversa.
Lo schiavo attraverso il lavoro della terra, producendo il raccolto, consente di realizzarsi, di riconoscersi e di diventare autocoscente. Vede oggi i risultati del suo lavoro (cosa non presente nel signore). Il servo ha qualcosa in più del padrone, il quale è diventato servo del servo. Quindi l'autocoscienza è diventare consapevole della dipendenza dalle cose (possibile per il servo, no per il padrone). È un meccanismo che dipende dal lavoro.
Un altro esempio può essere il capolarato: persone che lavorano in nero, sfruttate senza contratto, con poca retribuzione.
DUE FIGURE: due correnti che si elliniscono, che rappresentano il tentativo che l'uomo (coscienza) mette in atto per liberarsi di questa dipendenza dalle cose, prodotto del lavoro.
3. STOICISMO
Per gli stoici il mondo è governato dal logos (ordine razionale) che caratterizza la realtà.
quindi tu o deve accadere necessariamente perché deve accadere. Ce un'identà tra la natura e la ragione. Il saggio stoico accetta in modo fatalistico ciò che accade, accettando l'ordine razionale del cosmo egli vive in armonia. APATIA: mancanza di pathos, emozioni, strumento per non lasciarsi travolgere dalle passioni (manene il distacco dagli eventi della vita). L'autocoscienza dello stoicismo sta nell'essere autonomo e indipendente rispetto al mondo, agli accadimenti, dalla realtà esterna. Forma di liberazione dai condizionamenti della realtà (non deve condizionare la mia felicità), verso la libertà che è solo interiore e non esteriore (Seneca diceva siamo liberi anche in catene, è una libertà di pensiero). Per Hegel il LIMITE sta nell'essere un'autonomia solo interiore, e non reale. Quindi per Hegel l'autocoscienza dello stoico è ancora in divenire/trasformazione, ed è.incompleta.tt tti tti tt ti ttitt fi tt fi tt ti tt tt tt ti ti tt ti ti ti ti ti ti tt4. SCETTICISMO
Secondo loro la verità è irraggiungibile (non c'è una verità assoluta) e l'indipendenza dalla verità la si raggiunge pensando che la verità è inconoscibile. Vi è la sospensione del giudizio, secondo gli scettici il dubbio è l'unica cosa possibile. Per essere indipendente dalla realtà dicono che non c'è nulla di vero, ma dire così ammette che almeno una verità c'è. Quindi è presente una contraddizione interna, che non porta alla piena autonomia dell'autocoscienza.
Vi è un assoluto, che si manifesta nella ragione degli stoici, e nella verità degli scettici. L'autocoscienza inizia ad essere consapevole della presenza dell'assoluto della ragione, senza possibilità di raggiungerlo pienamente. È un'intuizione (del
rapporto tra nito e in nito) che non è pienamente consapevole, e questa situazione di SCISSIONE tra se (autocoscienza), l'assoluto, viene espressa mediante la figura della coscienza infelice. 3- COSCIENZA INFELICE la coscienza è infelice. la coscienza di fronte all'assoluto si sente una nullità, e ciò causa la sua infelicita. Allo scetticismo segue il cristianesimo, una figura storico ideale che è manifestazione del tentativo di avvicinarsi all'assoluto, ovvero Dio. la coscienza del cristiano si sente piccolo rispetto alla grandezza dell'onnipotenza di Dio ovvero l'assoluto. MOMENTO CULMINE STORICO: L'espressione di questa lontananza della coscienza da Dio ed è il suo tentativo di ridurla, è quella dell'asceta medievale (ascetismo), chi pensa di poter sacrificare la propria vita, rinuncia alla dimensione terrena, mondana, per avvicinarsi all'assoluto (Dio). Si nota il tentativo di liberazione dal mondo fatto di desideri e passioni, per raggiungere una dimensione superiore.aspemateriali. Questo tentativo di avvicinamento con l'assoluto, passa attraverso il dolore ed è causa di infelicità, poiché per Hegel, Dio ha lasciato nell'autocoscienza una presenza, una tensione verso di lui, ma è sempre lontano e irraggiungibile. La coscienza si sente inadeguata e "umiliata" nei confronti di Dio (consapevolezza della propria inadeguatezza).
Ora l'autocoscienza è una coscienza pronta al passaggio successivo della ragione.
- Ragione, (sintesi, terzo momento della fenomenologia dello spirito)
Siamo sul piano storico del Rinascimento e dell'età moderna. (in cui la coscienza è diventata consapevole di essere ogni realtà, e di fare parte di ogni realtà, identità tra reale e razionale)
È attraverso la negazione di sé per avvicinarsi a Dio che la coscienza ha intuito che l'assoluto lo deve cercare.
- RAGIONE OSSERVATIVA
- RAGIONE ATTIVA
- RAGIONE LEGISLATRICE ED ESAMINATRICE DELLE LEGGI
La coscienza entra in connessione con l'universale e l'individuale. Questo tentativo porta al fallimento, la visione della felicità è parziale.
TERZA FIGURA: moralità kan ana. Hegel fa riferimento alla morale Kantiana. Perché il sommo bene (virtù + felicità) hanno l'intento di stare insieme, ma la morale si fonda sul dovere. Secondo Hegel, Kant pretende di imporre alla collettività il dovere per il dovere. Per Hegel, la virtù non è in noi o nella ragione (come per Kant), ma è nella storia, nella realtà, nella ragione in senso assoluto, collettiva e non individuale.
Il risultato comune a queste tre figure e tre tentativi (dal punto di vista soggettivo) è che il soggetto ha cercato è che se ci si pone dal punto di vista dell'individuo, si è condannati a non raggiungere mai l'universale, l'infinito, l'assoluto.
conscia di essere tu a la realtà, l'autocoscienza cerca in se stessa le leggi che possono avere valore universale. È la figura corrispondente alla morale Kantiana: la ragione, autonoma da ogni circostanza esterna, si fa principio di una legislazione universale. C'è una critica alla pretesa della morale Kantiana di conciliare la soggettività della morale con la pretesa di universalità. Secondo Hegel questa caratteristica non sarà mai compiuta, poiché la realtà soggettiva non è possibile renderla universale, è un limite della ragione legislatrice. Secondo Hegel, in altre parole, la legge morale kantiana vincola ciascuno ad agire come ciascuno immagina che anche gli altri debbano agire, ma non prescrive in concreto nulla. L'universalità della legge.