DISINFORMAZIONE
La disinformazione, nelle scienze della comunicazione, è il fenomeno che si verifica quando
le informazioni che percepisce un soggetto possono non corrispondere alla stessa
intenzione per cui queste sono state diffuse, andando così a confondere o modificare le
opinioni di qualcuno o dell'intera opinione pubblica nei confronti di una persona, un
argomento, una situazione.
Misinformazione, disinformazione e malinformazione
È possibile distinguere tra misinformazione, disinformazione e malinformazione in base ai
criteri di veridicità e intenzionalità:
- misinformazione: è un'informazione fuorviante, imprecisa o completamente falsa che
viene diffusa senza l'esplicita intenzione di ingannare.
- disinformazione: è un'informazione falsa diffusa con l'intenzione di ingannare le
persone.
La misinformazione è un inganno. La disinformazione è un imbroglio. Misinformazione e
disinformazione sono spesso ed erroneamente usati come sinonimi, ma uno dei due termini
denota un fenomeno molto più pericoloso perché la principale differenza tra i due è
l'intenzionalità.
- malinformazione: si tratta di una pubblicazione deliberata di informazioni vere che,
spesso grazie a un’interpretazione faziosa o alla mancanza di contesto, vengono
diffuse allo scopo di mettere zizzania, di creare confusione nel pubblico oppure fare
un danno alle persone che sono protagoniste di queste informazioni.
Strategie di rilevamento della disinformazione
Il fenomeno della disinformazione, nelle sue diverse forme, è diventato una preoccupazione
crescente, il che ha determinato un rilevante impegno teso a rilevare e contrastare la
diffusione della disinformazione, in particolare sui social media e precocemente. Ecco
alcune strategie per affrontare il problema ed evitare di rimanere vittima di una bufala:
- verifica le fonti → prima di condividere o credere a una notizia, verifica sempre la
fonte; le fonti affidabili sono testate giornalistiche riconosciute o istituzioni ufficiali;
- controlla la data → assicurati che le informazioni siano aggiornate e pertinenti
controllando la data di pubblicazione;
- verifica la coerenza → controlla se la notizia è coerente con altre fonti attendibili;
- attenzione al clickbait → fai attenzione agli articoli con titoli sensazionalistici o
clickbait che cercano solo di generare clic e condivisioni;
- consulta fact-checker → utilizza siti web e organizzazioni di fact-checking per
verificare la veridicità delle notizie;
- valuta il tono e la formattazione → presta attenzione a errori grammaticali o
formattazioni sospette;
- educarti sulla disinformazione → impara a riconoscere le tattiche comuni per
diffondere notizie false;
- non condividere senza verifica → prima di condividere una notizia, assicurati che sia
verificata per non contribuire alla diffusione della fake news
- segnala le notizie false → usa gli strumenti disponibili per segnalare notizie false o
contenuti ingannevoli.
Forme di disinformazione
Le forme più diffuse di contenuti falsi sui social media sono:
- estratti di videogame: si tratta di estratti dei videogame spacciati per filmati di
attualità.
- GAN - Generated Fake Images: si tratta di fotografie generate da un’intelligenza
artificiale e del tutto indistinguibili da quelle reali.
- fake videos e deepfakes: si tratta di una tecnica che parte da immagini reali e che
sfrutta l’apprendimento automatico dell’intelligenza artificiale per dare vita a filmati
del tutto originali.
- multimodal content: si parla di disinformazione di natura multimodale quando gli
articoli e i post di notizie false che vengono postati online sono composti da più tipi di
dati combinati insieme, ad esempio un'immagine modificata insieme a un testo
correlato all'immagine.
Politiche comunitarie in tema di disinformazione
Il 2018 è un anno fondamentale per l’azione comunitaria di contrasto alla disinformazione: la
Commissione europea e l'alto rappresentante hanno definito un approccio per combattere
appunto la disinformazione. Abbiamo, in sintesi:
- un codice di condotta sulla disinformazione (ottobre 2018);
- piano d'azione contro la disinformazione (dicembre 2018);
- rafforzamento del codice di condotta contro la disinformazione (2022).
BIG DATA E PRIVACY
Il caso di Cambridge Analytica
Cambridge Analytica è stata fondata nel 2013 da Robert Mercer, un miliardario imprenditore
statunitense con idee molto conservatrici. Si tratta di una società di consulenza britannica,
finalizzata ad analizzare i dati degli utenti dei social network per fornire ai propri clienti
suggerimenti e strategie di marketing, ma anche cambiamenti di atteggiamento.
Cambridge Analytica è specializzata nel raccogliere dai social network un’enorme quantità di
dati sui loro utenti: quanti Mi piace mettono e su quali post, dove lasciano il maggior numero
di commenti, il luogo da cui condividono i loro contenuti e così via. Queste informazioni sono
poi elaborate da modelli e algoritmi per creare profili di ogni singolo utente, con un approccio
simile a quello della psicometria, il campo della psicologia che si occupa di misurare abilità,
comportamenti e più in generale le caratteristiche della personalità. Più Mi piace, commenti,
tweet e altri contenuti sono analizzati, più è preciso il profilo psicometrico di ogni utente.
Nel 2014, un ricercatore dell’Università di Cambridge, Aleksandr Kogan, realizzò
un’applicazione che si chiamava thisisyourdigitallife (letteralmente questa è la tua vita
digitale), un’app che prometteva di produrre profili psicologici e di previsione del proprio
comportamento, basandosi sulle attività online svolte. Attraverso l’applicazione
thisisyourdigitallife l'azienda ha ottenuto l'accesso a 320.000 profili utente e ai dati dei loro
amici. È stata in grado di raccogliere dati da più di 50 milioni di utenti di Facebook senza il
loro consenso. Sebbene i 320.000 utenti di Facebook avessero dato il loro consenso
all'utilizzo da parte dell'app dei propri dati e di quelli dei propri amici, a questi ultimi non è
stato mai chiesto il consenso a trasmettere i propri dati a Cambridge Analytica. L’uso
dell’applicazione avveniva attraverso la registrazione con il login di Facebook, con il quale si
accettava che il sito ottenesse non solo alcuni dei propri dati personali (nome, cognome,
email, sesso ed età…) ma anche i dati riguardanti la rete delle amicizie su Facebook.
Datification
L’espressione datificazione, coniata un decennio fa nell’ambito della data science, si riferisce
al processo tecnologico che trasforma prima in dati e poi in informazioni con valore
economico, una molteplicità di aspetti appartenenti alla vita sociale o individuale delle
persone. I processi di datificazione consistono nel:
- raccogliere i dati;
- digitalizzarli, se sono ancora in forma analogica;
- processarli;
- utilizzarli per migliorare i prodotti e i servizi;
- trasformare i dati in informazioni dotate anche di valore economico.
Il mondo delle aziende data-driven può utilizzare la datification per:
- realizzare prodotti più efficaci e servizi più efficienti;
- ottimizzare i processi di business;
- migliorare i processi di decision making;
- creare nuovi fonti di reddito.
Possiamo citare numerosi esempi di datificazione. Prendiamo il mondo delle Big Tech:
- Facebook ha datificato la nostra rete di conoscenze e amicizie;
- Google ha datificato la ricerca e recupero di informazioni;
- LinkedIn ha sottoposto a processo di datification le connessioni professionali di
lavoratori e professionisti;
- Twitter lo ha fatto con le news e le informazioni in tempo reale.
GDPR - iniziative comunitarie per la protezione dei dati
Dal 2016 al 2018 la protezione dei dati è stata un tema centrale in molte iniziative
comunitarie. Tra le più importanti troviamo l’EU General Data Protection Regulation, detto
GDPR.
Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (UE) 2016/679, noto come GDPR, è una
legge dell’Unione Europea entrata in vigore il 25 maggio 2018. Ha lo scopo di proteggere i
dati personali dei cittadini dell’UE e di regolare come le aziende raccolgono, conservano e
utilizzano queste informazioni.
I principi fondamentali del GDPR sono:
- Liceità, correttezza e trasparenza
- Limitazione della finalità (usare i dati solo per lo scopo dichiarato)
- Minimizzazione dei dati (raccogliere solo i dati necessari)
- Esattezza dei dati
- Limitazione della conservazione
- Integrità e riservatezza (protezione dei dati)
- Responsabilità del titolare del trattamento
Il GDPR inoltre riconosce 8 diritti fondamentali per gli individui:
1. Diritto all'informazione
2. Diritto di accesso ai propri dati
3. Diritto di rettifica
4. Diritto alla cancellazione ("diritto all’oblio")
5. Diritto alla limitazione del trattamento
6. Diritto alla portabilità dei dati
7. Diritto di opposizione
8. Diritto a non essere sottoposto a decisioni automatizzate
BIG DATA E SOCIAL MEDIA
Le V dei big data
Big Data sono insiemi di dati molto grandi, complessi e in continua crescita, che non
possono essere gestiti, analizzati o elaborati con i tradizionali strumenti informatici ma
necessitano di essere analizzati con strumenti avanzati che permettono così di fornire
informazioni preziose ad aziende, governi, scienza e tecnologia.
Nel 2001 Doug Laney pubblica un report nel quale definisce i Big Data con il modello che
sarà in seguito definito come "Il modello delle 3 V": volume, velocità e varietà.
- volume: descrive la dimensione dell'insieme di dati di un sistema di Big Data e si
riferisce all'enorme quantità di dati disponibili per l'analisi.
- velocità: si riferisce alla velocità (praticamente in tempo reale) con cui i dati vengono
generati o elaborati.
- varietà: si riferisce alla complessità dei formati possibili per i Big Data. Infatti oltre ai
database strutturati, vi sono anche grandi flussi di documenti non strutturati,
immagini, messaggi di posta elettronica, video, collegamenti tra dispositivi e altre
forme che creano un insieme eterogeneo di dati.
I Big Data sono poi definiti anche in base ad ulteriori caratteristiche quali:
- variabilità: si riferisce alla corretta comprensione e interpretazione dei significati dei
dati grezzi a seconda del loro contesto.
- veridicità: si riferisce all'affidabilit&a
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