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RUOLO DELLO STATO NEI SETTORI STRATEGICI DELL’ECONOMIA
NOTE INTRODUTTIVE SUI POTERI SPECIALI DELLO STATO NEI SETTORI ECONOMICI STRATEGICI
Il ruolo dello stato nei settori strategici dell’economia ha vissuto un’evoluzione durante l’ultimo
ventennio, in cui si è partiti da un sistema basato sulla gestione statale dell’attività
imprenditoriale, fino alla progressiva privatizzazione delle imprese un tempo pubbliche.
L’esigenza di mantenere presidi a tutela dell’interesse generale, nei settori economici strategici,
ha giustificato, nel 1994, l’attribuzione allo Stato di poteri speciali nelle società ormai privatizzate
ed operanti nei settori economici strategici, a prescindere dalla partecipazione del socio pubblico
al capitale sociale di tali imprese (Golden Share).
Questi diritti particolari, che attribuivano allo Stato poteri di influenza sulle società strategiche in
misura sproporzionata rispetto al rischio imprenditoriale assunto (investimenti troppo bassi per
avere così tanto potere), hanno sollevato le censure della Corte di Giustizia Europea con
riguardo alla loro compatibilità con il principio di libertà posto a fondamento della costruzione
comunitaria.
Come noto, l’attribuzione di poteri speciali allo Stato sulle società privatizzate, è stata oggetto di
censura da parte della Commissione Europea e della Corte di Giustizia.
La sostanziale equiparazione, fra impresa pubblica e privata, ha attribuito al Governo Italiano la
titolarità di nuovi poteri di intervento sugli assetti proprietari e sull’operatività straordinaria delle
imprese che operano nei settori economici strategici (sicurezza nazionale, energia e trasporti).
NUOVA FORMA DI PROTEZIONE DEGLI INTERESSI PUBBLICI ESSENZIALI
L’elemento di novità, dell’attuale quadro normativo, risiede nell’ampliamento delle attività
economiche strategiche influenzate dai poteri speciali dello Stato.
Questi ultimi, oggi si estendono oltre il perimetro delle società privatizzate (un tempo pubbliche),
sino a ricomprendere tutti gli attivi di interesse dello Stato.
Ciò spiega il motivo per cui i poteri speciali attribuiti allo Stato, sono chiamati “Golden Powers” e non più
“Golden Share” essendosi assentata ogni connessione con una pregressa partecipazione azionaria
dello Stato al capitale sociale dell’impresa strategica soggetta all’influenza statale
(ormai lo stato ha potere nelle società che ormai sono state privatizzate, ma senza investirci nulla!!!!).
In sostanza, il legislatore italiano ha ridimensionato il carattere dei poteri speciali alla conservazione di
un’influenza pubblica, successiva alla perdita del controllo societario sulle imprese strategiche
privatizzate (solo quelle che un tempo erano sue); è stata preferita l’adozione di meccanismi di
salvaguardia degli interessi pubblici essenziali che siano in grado di operare ogni volta che risultino in
pericolo le attività strategiche.
Mentre, prima del 2012, l’assoggettamento di una società privatizzata al regime dei poteri
speciali richiedeva l’inserimento di una clausola statuaria precisa, oggi con le “Golden Powers” si opera
solo sulla base di indicazioni di normativa primaria e secondaria.
La scelta legislativa indicata, ha il privilegio di proteggere le attività strategiche domestiche da
rischi derivanti dall’influenza significativa di investitori esteri che dovessero rivelarsi animati da
intenti speculativi pregiudizievoli per gli interessi pubblici essenziali.
Si è quindi in linea con la soluzione per cui, è sacrificata un’autonomia imprenditoriale ogni qual
volta essa configga con gli interessi pubblici essenziali.
lOMoARcPSD|7274107
L’INFLUENZA DELLO STATO NEI SETTORI DELLA DIFESA E DELLA SICUREZZA NAZIONALE
I poteri speciali che lo Stato, può esercitare nei settori della difesa e della sicurezza nazionale,
sono più invasivi rispetto a quelli riguardanti i settori dell’energia, dei trasporti e delle
comunicazioni; questo è dato dal fatto che la difesa e la sicurezza nazionale rivestono un ruolo
importante nella scala degli interessi essenziali dello Stato ed in considerazione del fatto che
questi settori sono ritenuti di competenza nazionale e non Europea.
Il perimetro di applicazione, dei “Golden Powers” in tali aree, è definito da più decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri che potrà esercitare tali poteri:
•Imposizione di specifiche condizioni in caso di acquisto (da parte di soggetti UE o extra UE) di
partecipazioni, in imprese Italiane che svolgono attività di rilevanza strategica nei settori indicati
ed in grado di compromettere gli interessi della difesa e sicurezza nazionale;
•Diritto di veto se vengono adottate delibere societarie aventi particolare incidenza gestionale.
Mentre il 1º punto limita l’autonomia negoziale dei soci riguardo alle partecipazioni,
il 2º punto invece, circoscrive l’autonomia imprenditoriale di cui godono gli organi societari delle
imprese strategiche.
Se ricorre uno dei presupposti idonei ad azionare l’esercizio dei poteri speciali, allora trova
applicazione la disciplina sui Golden Powers.
Al fine di ponderare l’eventuale esercizio dei poteri speciali che riguardano i trasferimenti di
partecipazioni, il Governo valuterà l’esistenza di un grave pregiudizio agli interessi pubblici
essenziali. Sarà da guida in questa valutazione, il riferimento agli elementi che attribuiscono
rilievo alla capacità economica dell’acquirente, nonché ai riflessi del progetto industriale di cui si
tratta della corretta esecuzione degli organi contrattuali assunti nei confronti delle pubbliche
amministrazioni.
A giustificazione dell’esercizio dei poteri speciali, possono essere utilizzati anche argomenti
politici, come l’esistenza di legami fra l’acquirente e paesi terzi che non riconoscono i principi di
democrazia o non rispettano le norme di diritto internazionale.
Al fine di consentire il vaglio governativo, le operazioni poste in essere dalle società strategiche
dovranno essere notificate da queste ultime alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; la
circolazione di partecipazioni rilevanti dovrà essere comunicata dal soggetto acquirente.
In quest’ultimo caso, i diritti di voto connessi alla partecipazione rilevante sono sospesi. In caso
di esercizio del potere di opposizione, il cessionario non poterà esercitare i diritti sociali relativi
alla partecipazione rilevante, che è obbligatorio cedere entro un anno
lOMoARcPSD|7274107
LA LIMITATA AZIONE STATALE NEI SETTORI DELL’ENERGIA, DEI TRASPORTI E DELLE COMUNICAZIONI
I poteri speciali che spettano allo Stato nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni
sono disciplinati dal decreto legge 21/2012.
Si ha riguardo, in particolare, alle società che detengono attivi strategici rientranti nel seguente
catalogo:
•Reti e Impianti, compresi quelli necessari ad assicurare l’operatività dei servizi pubblici
essenziali;
•Beni e Rapporti di rilevanza strategica per l’interesse nazionale nei settori di energia, trasporti
e comunicazione.
Anche in tali settori, i poteri speciali dello Stato possono essere esercitati con riguardo sia ad
alcune operazioni deliberate dalle società strategiche (qualora possano pregiudicare gli interessi
pubblici rilevanti), sia al trasferimento di partecipazioni di controllo di tali società (solo nel caso in
cui l’acquirente è un soggetto extracomunitario).
Nel primo dei casi menzionati, il Governo può esercitare il veto nei confronti di qualsiasi delibera
che modifichi il controllo degli attivi strategici.
Nel secondo, invece, il Governo può limitare l’acquisto di partecipazioni in società strategiche,
solo nell’ipotesi in cui le stesse siano di rilevanza tale da determinare l’insediamento di una
posizione di controllo stabile dell’acquirente.
In questo caso, il Governo potrà sia condizionarne l’efficacia dell’acquisto da parte dell’acquirente,
all’assunzione di impegni per garantire la tutela degli interessi dello Stato in tali settori, sia opporsi
all’acquisto stesso, qualora si versi in presenza di rischi per la tutela di interessi che non siano
eliminabili attraverso l’assunzione degli impegni appena indicati.
Nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni, infatti, affinché un’operazione
societaria possa essere vietata, non basta una minaccia agli interessi essenziali, bensì si deve
venire a creare una situazione eccezionale (non disciplinata dalla normativa nazionale) di
minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza ed al funzionamento
delle reti e degli impianti.
LA TRANSIZIONE DALLO STATO IMPRENDITORE A QUELLO SUPERVISORE
L’equilibrio sistematico, che si è instaurato con la normativa del 2012, manifesta una scelta di
fondo diretta a perseguire la protezione degli interessi generali nei settori economici strategici,
senza distinzione fra impresa pubblica e privata; tale scelta risulta subordinata al fatto che
l’intervento abusivo del Governo, sia giustificato da circostanze in cui siano minacciati gli
interessi vitali dello Stato che sono prevalenti rispetto alla libertà di iniziativa economica privata.
Si avverte un’evoluzione dei poteri speciali, improntata ad un progressivo abbandono
dell’obbligatorietà alla privatizzazione delle imprese che un tempo erano pubbliche.
Tale orientamento normativo, appare preordinato al fine di attivare strumenti di vigilanza esterna in
grado di influenzare l’operatività di tutte le imprese dei settori strategici, ogni volta che gli interessi
pubblici essenziali siano minacciati.
In sintesi, al ricorrere di determinate circostanze, l’interesse pubblico alla vigilanza e
salvaguardia dei settori strategici, prevale sull’interesse privato.
In tale contesto appare significativa la prevalenza del ruolo dello Stato, rispetto a quello dei
privati, espressa sul terreno pubblicistico (e non come in passato sul piano dei rapporti
societari). lOMoARcPSD|7274107
Ciò segna il compimento di una transizione dalla logica dello “Stato imprenditore” a quella in cui
l'impresa strategica rimane affare fra soci, che tuttavia cede sovranità decisionale ad uno “Stato
supervisore” ogni qualvolta l'evoluzione dell'impresa possa pregiudicare interessi di rango
superiore (come quelli di interesse pubblico).
La preferenza per uno Stato supervisore, invece di uno imprenditore, oltre ad essere più
coerente con i principi del diritto europeo, non impedisce tuttavia al potere pubblico di
riacquistare (in limitate circosta