Questa particolare configurazione rende possibile lo scambio reversibile
dell’ossigeno, un aspetto cruciale per la fisiologia respiratoria.
4. Istidina prossimale e legame ferro-proteina
All’interno della proteina, il ferro del gruppo eme è stabilizzato da un amminoacido
specifico chiamato istidina prossimale, indicata spesso come His F8. Questa istidina
fornisce uno dei sei legami di coordinazione al ferro e permette al gruppo eme di
essere ancorato saldamente nella cavità della proteina. In pratica, ciò significa che:
l’istidina F8 si lega direttamente al ferro;
stabilizza il gruppo eme nella posizione corretta all’interno della proteina;
lascia libera una posizione del ferro per poter legare l’ossigeno.
Senza questo ancoraggio, il ferro sarebbe instabile e la proteina non
funzionerebbe correttamente.
5. Istidina distale e stabilizzazione del legame con O₂
Accanto all’istidina prossimale esiste un’altra istidina chiamata istidina distale (His
E7), che non si lega direttamente al ferro ma svolge un ruolo fondamentale nella
selettività del legame con l’ossigeno. L’istidina distale stabilizza il legame Fe–O₂
attraverso un debole legame a idrogeno e rende il sito meno accessibile a molecole
indesiderate. Il suo ruolo si può riassumere così:
stabilizza l’ossigeno una volta legato al ferro;
riduce l’affinità del ferro per il monossido di carbonio (CO);
protegge il ferro dall’ossidazione a Fe³⁺, forma che non lega più O₂.
Senza l’istidina distale, il gruppo eme sarebbe troppo reattivo e molto più
vulnerabile al CO.
6. Affinità del CO per l’eme
Il monossido di carbonio ha un’affinità molto alta per il ferro del gruppo eme, e questo
rappresenta un pericolo biologico perché può impedire all’ossigeno di legarsi. Tuttavia,
la presenza della proteina riduce in modo significativo questo rischio. Infatti:
l’eme libero lega il CO circa 20.000 volte meglio dell’ossigeno;
nella mioglobina e nell’emoglobina, l’affinità scende a circa 200 volte, grazie
all’interferenza dell’istidina distale;
la proteina quindi “obbliga” il CO a legarsi in una posizione sfavorevole,
riducendo la tossicità.
Questo è un perfetto esempio di come la struttura della proteina modifichi
profondamente il comportamento del gruppo prostetico.
7. Struttura della mioglobina
La mioglobina è una proteina semplice nella struttura ma molto efficiente nel suo
compito di trattenere ossigeno nei muscoli. È composta da un’unica catena di 153
amminoacidi e presenta una struttura globulare formata da otto α-eliche, organizzate
in modo da creare una tasca idrofobica dove si inserisce il gruppo eme. I suoi elementi
essenziali comprendono:
8 α-eliche indicate come A–H;
una cavità idrofobica che ospita l’eme;
due istidine interne: una prossimale (F8) e una distale (E7);
alta affinità per l’ossigeno, utile per il deposito muscolare.
La mioglobina non trasporta ossigeno a lunga distanza ma lo conserva
localmente per situazioni di forte richiesta energetica.
8. Curva di legame della mioglobina
Il modo in cui la mioglobina lega l’ossigeno è descritto da una curva iperbolica,
caratteristica delle proteine non cooperative. Ciò significa che il legame dell’ossigeno
avviene sempre nello stesso modo, indipendentemente da quante molecole siano già
state legate. I punti da ricordare sono:
la curva è iperbolica, non sigmoide;
la mioglobina ha una P50 molto bassa (2 Torr), indice di altissima affinità;
non presenta cooperatività perché possiede un solo sito di legame.
Per questo motivo, la mioglobina trattiene l’ossigeno con grande forza,
caratteristica utile per il deposito muscolare ma non adatta al trasporto.
9. Struttura dell’emoglobina
L’emoglobina è molto più complessa della mioglobina perché deve svolgere una
funzione diversa: il trasporto dell’ossigeno nel sangue. È un tetramero formato da
quattro subunità, due α e due β, che lavorano insieme in modo coordinato. Le sue
caratteristiche principali sono:
struttura α₂β₂ (emoglobina adulta HbA);
quattro gruppi eme, uno per ciascuna subunità;
capacità di legare quattro molecole di ossigeno;
somiglianza strutturale delle subunità con la mioglobina;
presenza di vari tipi di Hb (HbA, HbA₂, HbF).
Questa struttura quaternaria è essenziale per la cooperatività.
Stati T e R dell’emoglobina
L’emoglobina può assumere due stati strutturali differenti che determinano il modo in cui lega
l’ossigeno, e questa caratteristica è fondamentale per capire la sua funzione biologica. Lo stato T
(tense) è la forma meno affine all’ossigeno: la struttura è più rigida, le subunità sono legate da più
interazioni ioniche e la cavità centrale è più ampia. Al contrario, lo stato R (relaxed) è la forma ad
alta affinità: quando una molecola di ossigeno si lega a una subunità, avviene un cambiamento
conformazionale che facilita il legame dell’ossigeno alle altre subunità. Gli elementi essenziali della
transizione T↔R possono essere riassunti in:
stato T: bassa affinità, struttura più compatta e vincolata; ₂
stato R: alta affinità, struttura più aperta e stabile quando O è presente;
₂
il passaggio da T a R viene innescato dal primo legame con O .
Questa caratteristica spiega la capacità dell’emoglobina di rilasciare facilmente ossigeno nei
tessuti pur legandolo con forza nei polmoni.
11. Curva di legame dell’emoglobina
La curva di saturazione dell’emoglobina ha una forma sigmoide, a differenza della
mioglobina che presenta una curva iperbolica. Questa differenza nasce dal
comportamento cooperativo dell’emoglobina: il legame della prima molecola di
ossigeno facilita il legame delle successive, rendendo la curva più ripida nella zona
intermedia. La forma sigmoide permette di comprendere tre aspetti:
a basse pressioni di O₂, l’affinità di Hb è bassa (stato T dominante);
a pressioni intermedie, il legame aumenta rapidamente (cooperatività);
a pressioni alte, Hb è quasi completamente saturata (stato R dominante).
Il valore della P50 dell’emoglobina è circa 26 Torr, molto più alto di quello della
mioglobina, indicando che l’emoglobina rilascia l’ossigeno molto più facilmente
ai tessuti. È proprio questa modulazione dell’affinità che rende l’emoglobina
perfetta per il trasporto.
12. Affinità e rilascio dell’ossigeno: Mb vs Hb
La diversa affinità per l’ossigeno tra mioglobina ed emoglobina mostra come queste
due proteine, pur avendo strutture simili, abbiano ruoli differenti. La mioglobina, con la
sua affinità molto alta, trattiene saldamente l’ossigeno e lo rilascia solo quando la
concentrazione è estremamente bassa, come accade nei muscoli durante uno sforzo
intenso. L’emoglobina, al contrario, è progettata per caricare O₂ nei polmoni e
rilasciarlo nei tessuti. Questa differenza si manifesta nel fatto che:
Mb ha P50 = 2 Torr → trattiene O₂;
Hb ha P50 = 26 Torr → rilascia O₂ facilmente;
Hb è cooperativa, Mb no.
Insieme formano un sistema perfetto: Hb porta l’ossigeno e Mb lo conserva
dove serve.
13. Cooperatività e allosterismo dell’emoglobina
L’emoglobina è un classico esempio di proteina allosterica: la sua attività viene
regolata dal legame di molecole che non sono necessariamente il substrato principale.
Questo comportamento, chiamato cooperatività, fa sì che il legame di una molecola
di ossigeno faciliti il legame delle successive. L’emoglobina è regolata non solo
dall’ossigeno stesso (modulazione omotropica), ma anche da altre molecole che
modificano la sua affinità. Tra queste troviamo:
BPG (2,3-bisfosfoglicerato);
ioni H⁺ (pH, effetto Bohr);
CO₂;
temperatura.
Questi fattori permettono all’emoglobina di adattare il suo comportamento alle
esigenze fisiologiche del corpo, come durante l’esercizio o in condizioni di
ipossia.
14. Regolazione da parte del BPG
Il 2,3-bisfosfoglicerato (BPG) è una molecola fondamentale per il corretto
funzionamento dell’emoglobina adulta. Si lega alla cavità centrale della forma T e ne
stabilizza la struttura, riducendo l’affinità per l’ossigeno e facilitandone il rilascio ai
tessuti. L’azione del BPG è importante perché senza di esso l’emoglobina sarebbe
troppo affine all’ossigeno e difficilmente lo rilascerebbe. I concetti da ricordare sono:
il BPG si lega solo alla forma T;
stabilizza lo stato a bassa affinità;
riduce la capacità dell’Hb di trattenere O₂;
permette un buon rilascio di O₂ ai tessuti.
Questa regolazione è essenziale soprattutto in condizioni di necessità
energetica o di ipossia.
15. Variazioni fisiologiche del BPG
La concentrazione del BPG può cambiare in risposta a diverse condizioni fisiologiche,
permettendo all’organismo di modulare il rilascio di ossigeno a seconda delle
esigenze. L’aumento del BPG porta a una riduzione dell’affinità dell’emoglobina per
l’ossigeno, aiutando così i tessuti a riceverne di più. Questo incremento si osserva in:
altitudine elevata, dove la pressione dell’ossigeno è più bassa;
ipossia cronica, come nelle malattie respiratorie;
anemia, dove il corpo compensa la minore Hb migliorando la distribuzione
dell’O₂;
trasfusioni di sangue conservato, povero di BPG.
Grazie al BPG, l’emoglobina può adattarsi rapidamente ai cambiamenti
ambientali e fisiologici.
16. Effetto Bohr (influenza del pH)
Il pH influisce profondamente sul comportamento dell’emoglobina attraverso il
cosiddetto effetto Bohr, secondo cui un abbassamento del pH diminuisce l’affinità
dell’emoglobina per l’ossigeno. In pratica, quando l’ambiente diventa più acido,
l’emoglobina tende a rilasciare più facilmente l’ossigeno. Questo fenomeno è
particolarmente importante durante l’attività muscolare, dove la produzione di acido
lattico e CO₂ abbassa il pH. I principali effetti del pH sono:
pH basso → stabilizzazione dello stato T;
pH basso → ril