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IL CROLLO DI WALL STREET E IL NEW DEAL
Quali furono nel primo dopoguerra i fattori del declino del
colonialismo?
Una delle conseguenze più importanti del conflitto mondiale fu
l'inizio del declino del colonialismo europeo.
Le ragioni di questo declino furono due: 1) in primo luogo le
difficoltà economiche del dopoguerra che impedivano agli stati il
mantenimento di possedimenti così vasti; 2) in secondo luogo il
desiderio di autonomia nazionale dei paesi coloniali.
Essi, infatti, durante il conflitto mondiale erano entrati in contatto
con le idee europee di autodeterminazione degli stati ed
uguaglianza sociale: di conseguenza iniziarono ad avere desiderio di
indipendenza nazionale.
Di fronte a questa situazione Gran Bretagna e Francia reagirono in
maniera diversa.
Il governo inglese cercò di attuare una politica di compromesso e
trasformò i territori coloniali in “dominions” ossia stati governati
autonomamente, ma legati da interessi economici comuni e fedeli
alla corona inglese: il Commonwealth.
Inoltre la Gran Bretagna dovette affrontare la pressione
dell’indipendentismo irlandese e nel 1921 fu costretta a riconoscere
il libero stato d'Irlanda a maggioranza cattolica e che
comprendeva la parte centro meridionale dell'isola; mentre la parte
settentrionale a maggioranza protestante rimase parte integrante
del Regno Unito. Gli scontri tuttavia proseguirono e nel 1937 fu
proclamata la Repubblica d'Irlanda.
La Francia, invece, attuò una politica estera aggressiva e autoritaria
che portò allo scoppio di sanguinose rivolte soprattutto in Marocco e
in Siria.
In quali regioni si fecero avvertire le istanze
indipendentistiche nel dopoguerra?
Il sentimento nazionalistico si fece sentire anche in Egitto che
ottenne l'indipendenza dal Regno unito nel 1922. La Gran Bretagna
ottenne, però, dal re Fuad I il mantenimento del controllo del canale
di Suez in cambio di aiuti finanziari.
In Palestina negli stessi anni vi fu un'ondata migratoria ebraica
sostenuta dal movimento sionista che voleva la creazione di uno
Stato ebraico in territorio palestinese.
Negli stessi anni le aspirazioni di indipendenza raggiunsero anche il
continente asiatico e in particolare l'India: qui il movimento
nazionalista ottenne importanti successi grazie soprattutto al suo
prestigioso leader Gandhi.
Convinto assertore della non violenza, Ghandi riuscì a convincere le
masse popolari ad attuare azioni dimostrative che misero in
difficoltà il governo inglese: nel 1947 i britannici annunciarono il loro
ritiro dall’India.
Quali furono le ragioni della grande crescita economica
degli USA negli anni Venti?
Nel dopoguerra gli Stati Uniti assunsero un ruolo di guida del
capitalismo mondiale.
Infatti per sostenere le spese di guerra i paesi europei si erano
fortemente indebitati soprattutto con gli Stati Uniti che possedeva
quasi la metà delle riserve mondiali di oro.
Successivamente, fra il 1919 ed il 1929, gli Stati Uniti continuarono
la loro politica di prestiti all'Europa ed ebbero una crescita
economica straordinaria: la loro produzione interna infatti aumentò
sino a diventare il 45% di quella mondiale.
Questi risultati furono dovuti a una nuova organizzazione del lavoro:
infatti Henry Ford, proprietario dell'omonima fabbrica
automobilistica, aveva introdotto “la catena di montaggio” che
portava un abbattimento dei tempi di produzione delle merci.
Questo metodo, detto fordismo, venne quindi attuato in tutte le
principali aziende dell'epoca e portò a un aumento della quantità di
beni prodotti, a un aumento dei salari e ad una diminuzione del
prezzo delle merci: tutto ciò portò ad un aumento del consumo di
massa che innalzò il tenore di vita della popolazione.
Perché si parlò di anni ruggenti negli Stati Uniti?
Fino alla prima guerra mondiale gli americani depositavano i loro
risparmi sul conto corrente in banca. Soltanto chi era in
possesso di un alto reddito investiva in titoli offerti da enti statali e
società industriali.
Dopo la guerra, invece, lo sviluppo economico indusse milioni di
piccoli risparmiatori a entrare nel gioco di borsa attratti dalle
prospettive di guadagni facili e rapidi. Il sistema bancario
permetteva loro di procurarsi i soldi da investire chiedendo dei
prestiti.
Ogni giorno, senza alcun controllo, venivano scambiati diversi
milioni di azioni e gli speculatori di professione aspettavano che il
prezzo salisse per rivenderle, guadagnando così ingenti cifre.
Questo mercato azionario fu sostenuto fino al 1926 da una costante
crescita del prodotto nazionale lordo che garantiva il valore delle
azioni.
Tuttavia il meccanismo si inceppò a partire dal 1927 quando
l'attività produttiva iniziò a rallentare per la saturazione del
mercato.
La banca centrale americana, la Federal Reserve, non intervenne in
quanto la politica iperliberista dei governi repubblicani vietava ogni
intervento in economia.
Si formò così un “economia di carta” che era del tutto svincolata
dall’economia reale. Infatti il valore delle azioni veniva determinato
indipendentemente dalle condizioni economiche delle aziende che
le avevano emesse.
Come si manifestò la crisi del 1929 negli Stati Uniti?
Il panico iniziò a diffondersi nell’autunno 1929 quando ci fu un forte
caldo di vendite nei due settori principali del boom economico:
l’automobilistico e l’edilizio.
Di fronte ai primi sintomi di recessione del sistema industriale vi fu
una corsa alle vendite delle azioni che portò al cosiddetto “giovedì
nero”, il 24 ottobre 1929, quando vennero immesse nel mercato 12
milioni di azioni che nessuno voleva comprare, causando così il
ribasso del loro valore. Ci furono disordini, scene di disperazione e
suicidi.
Le perdite proseguirono ancora a lungo: dall’ottobre del 1929 al
giugno del 1932 le azioni persero l’85% del loro valore. Centinaia di
banche si videro costrette alla chiusura. Gli imprenditori, non
riuscendo più ad ottenere prestiti diminuirono gli investimenti.
Nell’arco di un anno il prodotto nazionale lordo diminuì e la
disoccupazione crebbe in maniera spaventosa: la grande
depressione era iniziata.
Quali furono le conseguenze del proibizionismo negli Stati
Uniti?
I ruggenti anni '20 furono dominati dal partito repubblicano che
nel 1919 conquistò la maggioranza al Congresso.
In politica interna i repubblicani seguirono una linea conservatrice,
intollerante nei confronti di opposizioni e stranieri.
Un esempio di intolleranza fu il proibizionismo: associazioni
religiose e gruppi politici conservatori caratterizzati da un forte
moralismo, si scagliarono contro il benessere economico degli anni
'20 che aveva prodotto un consumismo sfrenato ed una società
corrotta e priva di fede religiosa.
Ritenendo che soprattutto gli alcolici fossero la causa principale dei
comportamenti immorali, questi gruppi fecero pressione sul partito
repubblicano affinché ne vietasse il consumo.
Nel 1919 con il 18º emendamento alla Costituzione furono proibiti,
entro i confini degli Stati Uniti, la fabbricazione, vendita, trasporto e
consumo dei liquori.
Questo emendamento ebbe gravi ripercussioni sociali: favorì, infatti,
la formazione di un estesa rete clandestina di produzione e
distribuzione degli alcolici direttamente controllata dalla criminalità
organizzata.
I “ruggenti anni '20” sono indissolubilmente collegati al
proibizionismo ed al gangsterismo: i gangsters gestivano
direttamente le loro attività in locali clandestini dove si entrava con
una parola d'ordine e dove si poteva trovare, oltre all'alcol, il gioco
d'azzardo, lo sfruttamento della prostituzione ed il commercio di
sostanze stupefacenti. In questi anni regnò uno dei maggiori
criminali della storia americana, Al Capone.
Considerato il suo evidente fallimento, il proibizionismo fu abrogato
nel dicembre 1933 con il 20º emendamento.
Su quale principio si basò la strategia adottata da Roosevelt
per combattere la crisi?
Roosevelt era convinto che l'economia si sarebbe rilanciata solo
quando i consumatori sarebbero stati di nuovo in grado di
acquistare le merci prodotte dall’industria e dell’agricoltura. Per fare
questo era necessario far crescere l'occupazione: i disoccupati,
ottenuto un lavoro, avrebbero ricominciato a disporre di un reddito
con cui pagare i consumi, le industrie sarebbero tornate a vendere e
a guadagnare e quindi ad assumere altri lavoratori.
Per dare inizio a questo processo, visto che le aziende private erano
in piena crisi, Roosevelt intraprese un vasto programma di lavori
pubblici: costruzione di strade, dighe, restauro di monumenti.
L'opera più grandiosa fu la costituzione di un’impresa idroelettrica
pubblica: la Tennessee Valley Authority che doveva sfruttare le
acque del fiume Tennessee per ottenere energia elettrica.
L'iniziativa diede lavoro ad intere regioni arretrate del Sud ed ebbe
anche l'effetto di calmierare il prezzo delle tariffe elettriche grazie
alla distribuzione di energia a prezzi decisamente inferiori a quelli
praticati dalle compagnie private.
Roosevelt intervenne anche nel campo dell’agricoltura cercando
di impedire la produzione di eccedenze. Per ottenere questo scopo
offrì un indennizzo agli agricoltori disposti a ridurre la produzione.
Inoltre offrì finanziamenti per il rinnovo degli attrezzi agricoli e per il
pagamento di ipoteche su case e terreni.
Inoltre il governo sottopose a controlli la Borsa e le banche per
evitare fenomeni speculativi.
Quali grandi riforme vennero introdotte nella seconda fase
del New Deal?
Per finanziare tutte queste attività, considerando lo stato di crisi in
cui versava il paese, Roosevelt scelse la strada dell'
indebitamento dello Stato ossia spese più di quanto avrebbe
potuto incassare con l'idea poi che, in futuro, a ripresa avvenuta,
avrebbe potuto riscuotere nuove tasse e quindi colmare il
disavanzo.
A partire dal 1935 si può parlare di un secondo New Deal:
1) Nel 1935 costituì la Works progress Administration, un
ente governativo che aveva il compito di realizzare grandi
opere pubbliche: venne così realizzato così il Parco di
Yellowstone ed i bacini idroelettrici del Colorado.
2) Sempre nel 1935 Roosevelt riprese la politica di difesa delle
classi lavoratrici e con la legge Wagner istituì una struttura
federale indipendente incaricata di verificare il funzionamento
delle organizzazioni sindacali durante le contrattazioni
collettive