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CAPITOLO 1
VARIABILI MACROECONOMICHE FONDAMENTALI
- PRODUZIONE e TASSO DI CRESCITA della produzione → Tasso a cui la produzione cambia nel tempo → La produzione aggregata (totale) si calcola con il PIL (Prodotto interno lordo)
- TASSO DI DISOCCUPAZIONE → Proporzione di lavoratori nell'economia non occupati, in cerca di occupazione → Per la disoccupazione si fa riferimento al tasso di disoccupazione (numero di disoccupati/forza lavoro)
- TASSO DI INFLAZIONE → Tasso di crescita del prezzo medio dei beni nell'economia → L’inflazione si misura con il tasso di inflazione
CAPITOLO 2
PRODUZIONE AGGREGATA
La misura principale della produzione aggregata nella contabilità nazionale è chiamata PIL (Prodotto Interno Lordo). Non è la sola misura che possiamo utilizzare, ma è la più conosciuta ed utilizzata nei vari paesi.
Ci sono 3 modi equivalenti per definire il PIL di un paese:
- Valore dei beni e servizi finali prodotti nell'economia in un dato periodo di tempo
- Somma del valore aggiunto nell'economia in un dato periodo di tempo (dove con valore aggiunto si intende la differenza tra valore della produzione - valore dei beni intermedi)
- Somma dei redditi dell'economia in un dato periodo di tempo (redditi da lavoro + reddito da capitale + imposte indirette)
Le prime due definizioni, vedono il PIL dal lato della produzione (cosa viene prodotto e chi lo acquista), mentre la terza definizione vede il PIL dal lato del reddito (chi riceve cosa?). Comunque sia, danno tutti lo stesso risultato.
EsempioSiamo in un’economia ideale con solo 2 attività: un’impresa mineraria che estrae oro ed un orafo che utilizza l’oro nella sua produzione. Calcolare il PIL nelle sue tre definizioni.
- Impresa minerariaRicavi → €100Costi → Salari €75Profitti → €25
- OreficeRicavi → €400Costi → Salari €50, Materie prime €100Profitti → €250
PIL come valore dei beni/servizi finali prodotti nell'economia → 400€ (Si considerano solo i ricavi dell’orefice perché l’oro è un bene intermedio!)
Valore aggiunto dell'impresa mineraria = 100€ (ricavi)Valore aggiunto dell'orefice = 400-100 = 300€ (ricavi - materie prime)PIL come somma del valore aggiunto → 100 + 300 = 400€
Profitti impresa mineraria = 25€ Salari impresa mineraria = 75€Profitti orefice = 250€ Salari orefice = 50€PIL come somma dei redditi = 25 + 75 + 250 + 50 = 400€
Michela Sedda
PIL NOMINALE E PIL REALE
Il PIL è la variabile macroeconomica più importante.
PIL NOMINALE (ΕΥ) →
E’ la somma della quantità dei beni e servizi finali valutati al prezzo corrente (al tempo t)
La crescita del PIL nominale dipende da due fattori:
- crescita della produzione di beni e servizi nel tempo (varia la quantità prodotta)
- aumento dei prezzi dei beni e servizi nel tempo (inflazione)
Sinonimi di PIL nominale → PIL a valori o a prezzi correnti
PIL REALE (Yt) →
Somma delle quantità di beni finali valutati a prezzi costanti dell’anno base
Misura la dimensione economica di un Paese.
PIL reale pro-capite → PIL reale / totale della popolazione in un paese.
Sinonimi di PIL reale → PIL a prezzi costanti, PIL in termini di beni, PIL aggiustato per l'inflazione, PIL ai prezzi del 2020 (anno base 2020)
Evoluzione del PIL REALE e PIL NOMINALE in Italia dal 1970.
La differenza tra i due valori dipende dall’aumento dei prezzi registrato nel periodo.
Il PIL nominale è più alto rispetto al PIL reale, ovviamente perché il PIL nominale si calcola facendo quantità x prezzo.
Il PIL nominale è uguale al PIL reale nell'intersezione del 2015 (anno base), ciò vuol dire che il PIL reale quell'anno è stato calcolato utilizzando i prezzi di quell'anno. → Nell'anno base i due PIL sono uguali, perché sono costruiti utilizzando lo stesso insieme dei prezzi.
Michela Sedda
Indice dei Prezzi al Consumo - IPC
Il deflatore del Pil contiene informazioni in merito al prezzo medio della produzione, cioè dei beni finali prodotti nell'economia. Tuttavia, i consumatori sono interessati al prezzo medio dei beni che consumano.
Questi due prezzi medi possono differire perché i beni prodotti nell'economia non coincidono necessariamente con i beni acquistati dai consumatori, per due ragioni:
- Alcuni dei beni che compongono il PIL non sono venduti ai consumatori, ma alle imprese, oppure al governo o all'estero
- Alcuni beni acquistati dai consumatori non sono prodotti all'interno dell'economia, ma importati all'estero.
Per misurare il prezzo medio del consumo, o il cosiddetto costo della vita, i macroeconomisti utilizzano l’INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO. In Italia, l'Istat si occupa della costruzione di tale indice, che riflette le variazioni dei prezzi del paniere di beni tipicamente consumato dalle famiglie italiane. In Europa, invece, l'inflazione dei prezzi al consumo è misurata con l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (Iapc)
L'IPC è un indice più ristretto che non considera tutti i beni prodotti in un’economia. Misura il livello dei prezzi medi al consumo → E’ una misura di quanto costa (costo in valuta, €) un determinato paniere di beni tipicamente consumato dalle famiglie italiane. E’ un numero indice: il suo livello è scelto arbitrariamente, è uguale a 100 nell’anno base.
Il suo tasso di variazione può essere usato per misurare il tasso di inflazione.
Perché gli economisti si preoccupano dell’inflazione?
Durante le fasi inflattive, molto tutti i prezzi e i salari aumentano proporzionalmente. L'inflazione influenza pertanto la distribuzione del reddito.
Per esempio, in molti paesi le pensioni non vengono indicizzate al livello dei prezzi. Quindi quando l'inflazione è alta i pensionati perdono potere d'acquisto rispetto ad altri gruppi sociali, per esempio rispetto ai lavoratori i cui salari vengono invece adeguati alla crescita dei prezzi. Questo non succede in Europa e negli Stati Uniti, dove le pensioni ed altri trasferimenti previdenziali sono indicizzati al livello dei prezzi, proteggendo i pensionati dall’inflazione. Ma durante il periodo di elevata inflazione verificatosi in Russia negli anni Novanta, i pensionati non ricevevano pagamenti indicizzati all’inflazione e si ritrovarono così al limite della sopravvivenza.
L'inflazione crea una serie di altre distorsioni. Le variazioni dei prezzi relativi generano un clima di maggiore incertezza, rendendo più difficile per le imprese prendere decisioni sul futuro, come quelle sugli investimenti. Alcuni prezzi, che sono fissati per legge, rimangono fermi mentre altri aumentano e ciò dà luogo a variazioni dei prezzi relativi. Anche la tassazione interagisce con l'inflazione creando ulteriori distorsioni. Quando gli scaglioni dell'imposta sul reddito non tengono conto dell’inflazione, per esempio, i contributi a carico di una fascia reddituale a quella più alta (ad esempio da un’aliquota media del 30 al 35%) semplicemente per effetto dell’aumento dei prezzi, a parità di reddito reale.
Una deflazione elevata crea molti degli stessi problemi creati da un’elevata inflazione, dalle distorsioni all’aumento dell’incertezza. Anche un basso tasso di deflazione riduce le capacità della politica monetaria di influenzare il livello di produzione. Ma allora, qual è il tasso ottimo di inflazione? Molti economisti credono che il miglior tasso di inflazione sia basso e stabile, tra l’1 e il 4%.
Michela Sedda