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ATZINGER
L’esegesi cristiana oggi,
P (ed.), Piemme, Casale Monferrato (AL) 1991, 93-125: 94.
ACOMIO
3 Attraverso le forze affettive (universali narrativi) che governano la lettura, cioè la suspense che rende avvincente la narrazione;
la curiosità ottenuta mediante l’omissione evidente di particolari che fa procedere nella lettura con attenzione «diagnostica» e sguardo
«all’indietro» per colmare le lacune; la sorpresa che disarciona il lettore comunicandogli in un secondo momento elementi prima passati
tacitamente sotto silenzio e costringendolo a rivedere le conoscenze acquisite (Cfr. M. S , The Poetics of Biblical Narrative.
TERNBERG
Ideological Literature and the Drama of Reading, Indiana University Press, Bloomington 1987, 265-283; R. B , La tension
ARONI
narrative. Suspense, curiositè et surprise, Poétique, Paris 2007, 40-44. 91-158).
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– –
acquisizione, mediante segnali che il lettore deve decifrare. «Come il tennis infatti la lettura si gioca
4
a due» e non è una pratica passiva, ma ha la potenzialità di far rivivere il testo e di aprirne i significati.
Studiando il racconto biblico attraverso l’analisi narrativa ed esaminandone il funzionamento è possibile,
- allora, farne emergere la teologia.
- La teologia prodotta dal racconto è una teologia che del narrativo si nutre e che incontra, più di un dogma,
la ricerca delle persone di oggi, in un dialogo di libertà.
– –,
Se il racconto della Bibbia è il luogo di molteplici trame scrive infatti Jean-Pierre Sonnet ve ne è una che le
attraversa tutte: quella che fa dialogare la libertà di Dio e la libertà dell’essere 5
umano .
In questo senso, anche la lettura di un racconto richiede intelligenza: l’intelligenza narrativa è un tipo di intelligenza
che si sviluppa attraverso la decifrazione (o la composizione) di trame narrative.
In più, i dati che vengono così fatti emergere sono fondamentali per le altre discipline teologiche.
Così si esprime ancora la PCB:
l’esegesi, essendo essa stessa una disciplina teologica, “fides intrattiene con le altre discipline teologiche
quaerens intellectum”,
relazioni strette e complesse. Da una parte, infatti, la teologia sistematica ha un influsso sulla precomprensione con la qule gli
esegeti affrontano i testi biblici. Ma, d’altra parte, l’esegesi offre alle altre discipline teologiche dati che sono per essi fondamentali
(EB 1488)
Il principale vantaggio di una teologia narrativa e ciò che ad essa viene richiesto, sta nella possibilità di riabilitare, in
nuovi contesti storici, «i modi di comunicazione e di significazione propri del racconto biblico, allo scopo di aprire meglio
6
la strada alla sua efficacia per la salvezza» . In questa richiesta viene vista una reazione contro «la riduzione del testo
7
ispirato ad una serie di tesi teologiche formulate spesso secondo delle categorie e un linguaggio non scritturistici» e
spesso non immediatamente comprensibili al giorno d’oggi, per i mutati riferimenti culturali.
La teologia narrativa sarebbe quindi antitetica alla teologia speculativa e dogmatica? Non direi. Una semplice
8
riflessione sulla nascita dei dogmi dovrebbe far comprendere che i termini della questione sono mal posti . Piuttosto si
può dire che la teologia narrativa può dare il proprio contributo al rinnovamento di tali discipline, perché non rimangano
fredde nei loro assunti, ma incontrino, con nuova intelligenza, le istanze e la cultura dell’epoca, per produrre mediazioni
attuali del dato rivelato, da mantenere in fedeltà, perché la comunicazione non si fermi per difficoltà di lingua.
Queste tematiche ci conducono quindi ad affrontare il primo punto del nostro corso. Si tratta della tematica della
rivelazione. –
4 D. M Y. B , Per leggere i racconti biblici, Borla, Roma 2001, 124.
ARGUERAT OURQUIN
5 J.-P. S , Generare è narrare, Vita e Pensiero, Milano 2014, 31.
ONNET
L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa,
6 PCB, EB 1310.
7 Ibidem.
I dogmi nascono, spesso in ambito polemico, con lo scopo di esprimere in modo chiaro per l’epoca e le categorie culturali in
8 uso,
ciò che nel dato di fede desta discussione, ovvero ciò che ha un’interpretazione discussa a causa della differenza tra le categorie
bibliche-semitiche del pensiero e greche.
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La rivelazione e la Sacra Scrittura Interrogarsi sulla rivelazione […]
è quanto di più normale e di più arduo per la teologia,
così come per la filosofia interrogarsi sulla verità o sull’essere (M. Epis)
Rivelazione è una parola-chiave; l’indeterminatezza che nell’uso corrente ha il vocabolo «rivelazione», però, rischia di
portare all’equivoco.
• la rivelazione in senso lato non è prerogativa dei cristiani
• è termine inadeguato a determinare l’identità specifica della loro fede
• il fraintendimento del razionalismo occidentale: rivelazione = una sorta di s-velamento ottenimento di
⟶
contenuti altrimenti inaccessibili all’intelligenza (una serie di dogmi da «apprendere», anche se non possono
essere «capiti»)
in Teologia il concetto di Rivelazione
• non c’è un vocabolario fisso per esprimerla
non è terminologicamente fissato nella Bibbia;
• è biblicamente complesso; riguarda e abbraccia realtà diverse tra loro
• esprime una certezza: il Dio dei cristiani si è fatto conoscere e ha parlato
1. La rivelazione nel Prologo della Lettera agli Ebrei: Ebrei (1,1-4)
1 2
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e
3
mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e
tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della
maestà nell’alto dei cieli, 4 divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha
ereditato. ⟶
- Dio ha parlato: iniziativa divina, libera e gratuita
- La parola è interpersonale e dialogica
nei tempi antichi …ultimamente: ⟶
- storica e mediata ed è pubblica
⟶
- in diversi modi: tempi, circostanze, strumenti espressivi (visioni, gesti, parole), mediatori (creazione
– – – –,
natura e storia tipico di Israele oracoli dei profeti, indagini dei sapienti).
- Progressiva ma unitaria
L’oggetto:
- la «gloria» e la «sostanza» di Dio, cioè Dio stesso, il suo mistero.
- La rivelazione non è solo una parola da ascoltare, ma una persona da vedere (struttura cristologica; Cristo
è il rivelatore e il rivelato): la Parola si fa carne (Cfr. Gv 1,14)
2. La rivelazione nella costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II Dei Verbum
La fonte più autorevole per addentrarsi nel tema della Rivelazione è la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano
II Dei Verbum (=Parola di Dio), presentata nel 1962 e promulgata, però, solo tre anni dopo, il 18 novembre 1965.
Lessico
Concilio: assemblea straordinaria di Vescovi della Chiesa universale, i quali, con e sotto il papa, insegnano e legiferano
collegialmente e possono anche pronunciarsi infallibilmente su problemi di fede e di costumi, fondati sulla rivelazione.
Il concilio Vaticano II (1962-1965) fu convocato dal papa Giovanni XXIII ed è ritenuto dai Cattolici il 21à Concilio ecumenico.
Vi parteciparono oltre duemila vescovi cattolici e osservatori non cattolici delle principali confessioni cristiane.
Costituzione dogmatica: è un documento che per la chiesa ha valore normativo.
2.1. Un documento dedicato alla Parola di Dio
«Parola di Dio»:
- il Verbo in seno alla trinità (Gv,1,1);
- la luce che brilla nella creazione e illumina ogni essere umano che viene al mondo (Gv 1,5.9);
- Gesù, Parola fatta essere umano (Gv 1,14);
- la Scrittura;
- la predicazione della Chiesa.
La rivelazione passa attraverso tutti questi aspetti e li comprende.
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2.2. Indice di Dei Verbum
Capitolo I La rivelazione di Dio e la fede. nn. 2-6
Capitolo II La trasmissione della divina Rivelazione nn. 7-10
- L’ispirazione divina
Capitolo III - Verità nn. 11-13
- Interpretazione della Sacra Scrittura
Capitolo IV L’Antico Testamento nn. 14-16
Capitolo V Il Nuovo Testamento nn. 17-20
Capitolo VI La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa
⟶
2.3. La Rivelazione e le sue caratteristiche in Dei Verbum cap 1 paragrafo 2 e 4
Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9),
mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono
resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm
1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr.
Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione comprende eventi e parole
intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la
dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto.
La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo,
il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione (Dei Verbum, 2).
1) Dio è soggetto di tutte le frasi che descrivono la rivelazione; suoi sono i gesti e le parole
2) il vocabolario usato per descrivere la rivelazione: rivelare, manifestare, colloquiare, conversare, intrattenere, invitare,
ammettere alla comunione
→ la rivelazione è una parola con la quale si conversa
→ è dialogica: «parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi».
⟶il paradosso: Dio è trascendente («Dio invisibile») ed insospettabilmente vicino all’essere umano («come ad
amici»).
3) due particolari espressioni: «economia della rivelazione» e «storia della salvezza»:
un piano stabilito, pensato e ordinato → la rivelazione è un disegno compiuto, unitari