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S

volume elementare di acquifero: in altre parole, facendo il prodotto tra l’immagazzinamento

specifico e lo spessore saturo dell’acquifero (confinato) possiamo ricavare il coefficiente di

immagazzinamento S. Il parametro precedente viene dato da numerosi coefficienti, in quanto in

ogni singola unità di volume elementare è necessaria un adattamento tra la compressibilità sia

dello scheletro solido che dell’acqua: poiché l’estrazione di acqua comporta una diminuzione della

pressione, l’acqua va ad occupare uno spazio maggiore e permette di mantenere l’unità di volume

satura. Viceversa, per la falda libera la situazione si complica: in particolare, diventa predominante

la capacità specifica S (simile alla porosità efficace, ma viene riferito SOLO all’acquifero), la quale

Y

descrive la capacità della struttura di liberare o immagazzinare acqua all’inte rno dei pori. Detto

ciò, possiamo dire che il coefficiente di immagazzinamento in una falda libera (anche se sono le

più sensibili) sarà molto maggiore rispetto a quella di una falda confinata in quanto vi è una

preponderanza della capacità specifica dei pori. Per corpo omogeneo intendiamo quello che Darcy

utilizzò nei suoi esperimenti, quindi con K ed S costanti in tutti i punti: in altre parole, in qualunque

direzione, il coefficiente di conducibilità idraulica ed il coefficiente di immagazzinamento sono

uguali in ogni punto del corpo. D’altro canto, un corpo può essere eterogeneo in vari modi: ad

esempio, le condizioni idrogeologiche possono cambiare in base allo spazio (quindi

un’eterogeneità laterale); in altri casi, invece, ci può essere un’eterogeneità verticale (quindi si

modifica la conducibilità) legata alla posizione dello strato geologico oppure un’eterogeneità

legata allo spessore (quindi si modifica la trasmissività T). In altre parole, possiamo intuire come

una situazione di eterogeneità va ad influenzare sicuramente la velocità in determinate porzioni

della falda, causa anche i diversi valori di conducibilità idraulica e di immagazzinamento. Oltre a

questi concetti, bisogna distinguere anche quando un mezzo viene considerato isotropo o

anisotropo: per il primo si intende un mezzo in cui la permeabilità intrinseca (quindi legata alla

capacità del mezzo di essere attraversata da un qualsiasi altro fluido) è costante in tutte le

direzioni, mentre per il secondo ci può essere una direzione preferenziale in cui il fluido può

11

scorrere (quindi la permeabilità intrinseca non è costante in tutte le direzioni). Dato che gli

acquiferi sono fortemente eterogenei, vediamo che la legge di Darcy riunisce tutte le

caratteristiche di ogni singolo strato, quindi K rappresenta la media delle varie conducibilità

idrauliche rispetto allo spessore totale dell’acquifero. Dato che non vi è una grande omogeneità

nelle classificazioni granulometriche, per stabilire questi limiti si utilizzano generalmente dei

setacci pedologici caratterizzati da vagli diversi per dividere le varie frazioni granulometriche. Una

volta fatta questa operazione, le varie frazioni rimaste in ogni setaccio vengono pesate e,

successivamente, si costruiscono le “curve granulometriche”, le quali mettono in relazione il

diametro del vaglio del setaccio (in particolare, il numero dei cerchi sarà maggiore al crescere del

grado di eterogeneità) con la percentuale di materiale passato nel setaccio. Ricostruendo la curva,

si devono andare a leggere le litologie in funzione del grafico ottenuto, quindi si riesce a

determinare la classe granulometrica prevalente. In particolare, per definire la curva

granulometrica si utilizzano due fattori, il d e il d : il primo rappresenta il diametro

10 60

corrispondente al 10% in peso del sedimento, mentre il secondo rappresenta il diametro

corrispondente al 60% in peso del sedimento. Una volta ottenuti questi fattori è possibile ottenere

il coefficiente di uniformità U, il quale ci identifica il grado di uniformità del nostro sedimento ed è

dato dal rapporto tra i due fattori precedentemente elencati. Dopo questo discorso sugli elementi

essenziali dell’idrogeologia, andiamo a vedere cosa succede quando un contaminante viene

immesso all’interno dell’acquifero: come sappiamo, questo può muoversi insieme all’acqua in

accordo con la legge di Darcy, quindi le molecole che seguono questo principio vengono dette

“contaminanti conservativi” in quanto subiscono generalmente processi di natura fisica e

raramente quelli di natura chimica; d’altro canto, alcune molecole particolarmente reattive che

possono rallentare la loro velocità all’interno dell’acquifero, in quanto le reazioni a cui sono

sottoposte frenano il loro cammino, quindi vengono definite come “contaminanti non

conservativi”. I processi fisici che avvengono simultaneamente sia per i contaminanti conservativi

che per quelli non conservativi sono l’advezione, rappresentata dal trasporto fisico vero e proprio

mediato dall’acqua di falda, la diffusione e la dispersione, le quali rienrano entrambe all’interno

della categoria dei processi di diluizione. Riprendendo il discorso sulle proprietà dei contaminanti,

quelli conservativi (come cloruri o nitrati) vengono definiti “traccianti” poiché vengono utilizzati

per misurare la velocità degli inquinanti all’interno dell’acquifero, in quanto si tratta di specie

chimiche particolarmente stabili. Per quanto riguarda l’advezione, abbiamo detto in precedenza

che un contaminante si muove con la stessa velocità dell’acqua nel caso in cui appartenga alla

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categoria di quelli conservativi, quindi

possiamo supporre che possa

raggiungere una determinata distanza

in un determinato periodo di tempo:

generalmente, questo processo può

essere schematizzato attraverso

l’utilizzo delle curve di restituzione

(Figura 7), le quali mettono in

relazione la concentrazione della Figura 7

specie chimica in esame e la distanza

percorsa da essa (quest’ultime

possono essere ottenute attraverso delle osservazioni sperimentali in laboratorio mediante

l’utilizzo di una colonna cromatografica nella quale viene immesso il contaminante ). Ovviamente,

se continuo ad immettere il contaminante all’interno della colonna cromatografica passeremo da

una situzione di sorgente istantanea (Figura 7) ad una sorgente continua, dove la concentrazione

finale sarà uguale a quella iniziale, quindi avremo di conseguenza che la concentrazione relativa

sarà pari all’unità. In particolare, per rimuovere il contaminante dalla colonna dobbiamo inserire il

volume effettivo contenuto in essa poiché sappiamo che l’inquinante si muove con l’acqua, quindi

il tempo necessario all’acqua per fluire viene detto “tempo di ritenzione”. Detto ciò, in riferimento

alla velocità effettiva e alla concentrazione del contaminante possiamo calcolare il flusso di massa

F che si muove all’interno dell’acquifero, mentre per stimare la massa di contaminante M

x x

effettiva dobbiamo mettere in relazione il flusso con la sezione dell’acquifero stesso. Dopo aver

parlato del flusso advettivo di un contaminante che si muove solidale con l’acqua, iniziamo ad

introdurre il concetto di dispersione: in particolare, secondo il modello teorico, sapevamo che il

contaminante si muoveva all’interno del tubo di flusso di immissione, ma la situazione reale si

complica ulteriormente poiché l’eterogeneità del suolo può indurre una distribuzione del

contaminante non omogenea. Riprendendo il discorso sul trasporto advettivo, vediamo che

questo rappresenta una comoda semplificazione della realtà, in quanto le concentrazione vengono

considerate costanti, ma viene sottostimata la distribuzione del pennacchio di contaminazione con

evidenti conseguenze sulla sicurezza dell’area in esame. A causa di ciò, la contaminazione si

allarga, andando ad occupare i tubi di flusso adiacenti a que llo della sorgente inquinante, ma al

tempo stesso vediamo che la concentrazione del contaminante diminuisce: di conseguenza,

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questo fenomeno lo definiamo “trasporto advettivo-dispersivo” in quanto la concentrazione

dell’inquinante riportata nelle curve di restituzione rappresenta un valore medio, inoltre l’area

sottesa dalla curva gaussiana identifica l’estensione del pennacchio di contaminazione. Sia nel

caso di una sorgente ad impulso che di una continua, vediamo che la densità delle particelle

diminuisce all’aumentare del plume di contaminazione, inoltre per calcolare la concentrazione

effettiva del contaminante ad una determinata distanza dalla sorgente si deve identificare il

baricentro (ovvero il punto con la concentrazione più alta) del pennacchio. Come è facile intuire,

avremo una dispersione maggiore rispetto alla direzione delle linee di flusso, ma avremo anche

una componente trasversale ad esse da non trascurare: a causa di ciò, possiamo definire due

parametri quali la “dispersione longitudinale” σ e la “dispersione trasversale” σ . Per analizzare il

L T

fenomeno della dispersione di una sorgente continua possiamo ricavare il baricentro del

pennacchio di contaminazione eseguendo il rapporto tra la concentrazione rilevata al tempo

necessario a svuotare la colonna e la concentrazione iniziale. Oltre alla dispersione, esiste un altro

fenomeno fisico che induce un movimento delle particelle di contaminante indipendentemente

dal movimento dell’acqua: stiamo parlando della “diffusione”, la quale è dipendente dalla

presenza di un gradiente di concentrazione, ovvero permette il trasporto del contaminante dalle

zone a maggiore concentrazione a quelle con minore concentrazione. Traducendo questo in

termini matematici vediamo che la diffusione può essere descritta dalla legge di Fick, la quale

enuncia che la massa di soluto transitante è data dalla variazione del gradiente di concentrazione

-10 2

(espresso dal “coefficiente di diffusione” D , che nel suolo vale 10 m /s) in funzione della

d

distanza. Riprendendo il discorso sulla dispersione vediamo che quella longitudinale è determinata

dalla grandezza dei pori, dal percorso seguito dalle particelle e dalla velocità di esse quando

passano in prossimità di elementi solidi, mentre quella trasversale viene determinata dalla

movimentazione laterale dell’acqua. Per spiegare questo fenomeno di dispersione meccanica

possiamo modificare la legge di Fick inserendo all’interno di essa sia la concentrazione del soluto

che la porosità efficace (assunta come costante nel caso

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
29 pagine
SSD Scienze della terra GEO/05 Geologia applicata

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher paolocara11 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Inquinamento e bonifica delle acque sotterranee e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Fumagalli Letizia.