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Ma la parte piu’ profonda,viscerale di Pascoli,il centro della sua poetica e cio’ che la rende
cosi’ particolare e diversa da cio’ che ci e’ stato prima,e’ il cosiddetto “fanciullino”.
Questa poetica presuppone una duplicità: da un lato, il fanciullino è presente potenzialmente
in ogni uomo, è una figura umile e piccola e sembra porsi in alternativa al superuomo
dannunziano, dall'altro solo il poeta conosce il privilegio di farlo rivivere e di farlo parlare
dentro di sé, sapendo scorgere il significato profondo di quelle piccole cose che l'adulto
"normale" invece trascura. Il fanciullino, insomma, ha in sé una vocazione alla su-
periorità, un destino di elezione, che può indurre Pascoli a divenire poeta-vate e a entrare in
concorrenza con d'Annunzio sul suo medesimo terreno, quello della retorica civile.
Pubblicata nel 1897 sulla rivista fiorentina “Il Marzocco”, la prosa intitolata Il fanciullino è il
più importante ed esplicito discorso programmatico di Pascoli sul poeta e sulla poesia, e
contiene dunque la sua personale poetica. Il poeta coincide con il “fanciullino”, ovvero con
quella parte infantile dell'uomo che negli adulti tende a essere normalmente soffocata e che
invece nei poeti trova libera espressione. Il fanciullino vede ciò che in genere passa
inosservato, attraverso vie puramente intuitive e percezioni non razionali: egli individua
accordi segreti tra le cose stabilendo tra di esse legami inediti e inconsueti; rovescia le
proporzioni classiche, adattando “il nome della cosa più grande alla più piccola, e al
contrari”; guarda il mondo con uno stupore infantile alla luce del quale ogni cosa è una
nuovascoperta.Il fanciullo, cioè, si sottrae alla logica ordinaria, a la prospettiva
comune,grazie alla propria nuova attività fantastica e simbolica. La poesia è il luogo in cui
l’ uomo da voce al fanciullino che e’ in lui, lo lascia parlare: essa nasce dalla coscienza
comune della vita infantile,e non razionale e acquista cosi per gli uomini un valore regressivo
e consolatorio che li spinge alla bontà e alla solidarietà.Il simbolismo pascoliano vuole
indicare la strada della rivelazione di una verità segreta la cui chiave d'accesso nascosta
appartiene solo al poeta. Il senso del mistero si esprime attraverso una catena di analogie
simboliche, al termine della quale si intravede l'ombra affascinante.
paurosa di una verità assoluta, di cui l'interprete privilegiato, e anzi l'unico interprete, è il
poeta.Il simbolismo pascoliano, tuttavia, più che sulle relazioni tra le cose, più che sulle
"corrispondenze, punta sulla valorizzazione del particolare, nel quale si racchiude, «come in
una cellula speciale, l'effluvio poetico delle cose». C'è pertanto in Pascoli una poetica del
particolare simbolico che porta allo scavo dentro la realtà e dunque alla valorizzazione delle
onomatopee, dei fonosimbolismi, dei termini tecnici puntuali, puri.Tra ideologia e poetica c'è
in Pascoli un rapporto stretto, benché non dichiarato. A differenza delle avanguardie
dell'inizio del Novecento, Pascoli non mette in dubbio l"utilità" e la funzione sociale e morale
della poesia: essa è al contrario ancora considerata da lui secondo gli schemi del mondo
classico, come consolazione e come possibile pacificazione delle tensioni sociali. È infatti «il
sentimento poetico» a rendere appagati «il pastore della sua capanna, il borghesuccio del
suo appartamento ammobiliato». In tal senso, alla poesia come Pascoli la concepisce spetta
la funzione di garantire la stabilità dell'assetto sociale, inibendo il desiderio del cambiamento
con un «soave e leggero freno». Si esprime in questa concezione il sentimento di precarietà
della piccola borghesia italiana tra la stagione di Crispi e quella di Giolitti; e non a caso la
poesia pascoliana accoglie i semplici miti famigliari e domestici di questo ceto sociale,
nobilitandoli e universalizzandoli anche attraverso la rivendicazione delle origini contadine
dell'autore.L'adesione all'ideologia dell'Italia piccolo-borghese diviene esplicita nel discorso
La grande Proletaria si è mossa, pronunciato nel 1911, pochi mesi prima di morire, a
sostegno dell'impresa coloniale italiana in Libia. Pascoli, che è passato da un generico
socialismo giovanile a un populismo apertamente conservatore, sostiene la propria tesi in
nome delle necessità del popolo italiano di trovare spazi di lavoro, così da vincere la piaga
dell'emigrazione (fortissima in quegli anni); la superiorità della nostra cultura rispetto a quella
dei colonizzati giustificherebbe inoltre l'invasione anche come atto di civiltà.
Per quanto riguarda invece la parte piu’ viva e intensa della produzione della poetica
pascoliana oltre al l concetto del fanciullino,la critica la individua quest’ultima nelle tre
raccolte del Pascoli:Myricae,Poemetti,Canti di Castelvecchio.Anche se la prima edizione
delletere raccolte aloraa parecchi anni di distanza (dal 1891 di Myricae al 1903 dei Canti),
tuttavia molti dei testi che formano i tre libri furono composti nel medesimo periodo. Si è
perciò parlato d un «rapsodismo» di Pascoli, cioè della tendenza a lavorare
contemporaneamente a più generi di scrittura.Nel caso delle tre raccolte qui considerate
esiste però un'unità di fondo dell’inspirazione che risponde alla teorizzazione di poetica del
Fanciullino e che vede una tendenza narrativa e una lirico-simbolica, spesso intrecciate.
Mentre la tendenza narrativa è forte soprattutto nei Poemetti, quella lirico-simbolica ha il
momento più alto e coerente in Myricae, e si ritrova però anche nei Canti di Castelvecchio;
queste due raccolte vennero non a caso concepite da Pascoli secondo un criterio di
continuità, segnalato per esempio dalla riproposizione, nei Canti, dell'epigrafe da Virgilio gia
adoperata - a spiegazione del titolo - per Myricae.
MYRICAE
Nella Prefazione scritta da Pascoli per la terza edizione di Myricae e poi rimasta nelle
successive, il poeta affronta due temi centrali nel libro: il tema della morte invendicata del
padre (con le connesse sciagure famigliari) e il tema della natura quale grande consolatrice
benefica. Si annuncia così fin dalla soglia dell'opera il tentativo di costruire un contrasto tra
le vicende dolorose della storia, segnata dalla crudeltà degli uomini, e la dimensione
equilibratrice della natura, dominata invece da un principio di pace e di
rasserenamento.Tuttavia questo sistema, che appartiene alla volontà esplicita dell'autore,
corrisponde solo in minima parte alla realizzazione effettiva di Myricae. Se infatti il tema
della morte e del dolore si conferma centrale da ogni punto di vista, il tema del
rasserenamento naturale che dovrebbe fungere da controforza riequilibratrice si presenta
invece assai più complesso e ambivalente di quanto la Prefazione scritta nel 1894
lascerebbe immaginare. Anche in testi che sembrano puramente descrittivi e impressionistici
è possibile scorgere in controluce il sentimento turbato dell'esclusione, del dolore, del
mistero.Il tema della morte è il grande protagonista dell'opera. Ne da annuncio anche
l’annuncio il giorno dei morti, un lungo componimento composto anch'esso per la terza
edizione e collocato in posioneintroduttiva, ai margini della raccolta vera e propria (il cui
titolo, con il motto vigilano, viene dopo questo testo). Il giorno del morti immanagina tutti
morti della famigla, a partire dal padre, abbiano formato nel cimitero una nuova unita’
famigliare, più autentica e profonda di quella riservata ai pochi superstiti. Quest’ultimi sono
presentati in una condizione indifesa e minacciata che non esclude però un senso di colpa
rispetto ai defunti e un bisa gno di riconciliarsi con loro, di invocarne protezione e,
implicitamente, perdono. In questo difficile rapporto si delinea un mito, taciuto ma ben attivo
nelle pieghe del libro; un mito che prende posto accanto a quello più ovvio (ed esplicito)
della uccisione del padre, gettando un'ombra di inquietudine su tutti gli aspetti della realtà e
dell'esperienza. Se il mito della tragedia famigliare come destino subito produce testi quale X
Agosto, il mito, collegato, della persecuzione funebre quale punizione, quale erompere del
perturbante e infine quale espiazione della colpa di essere vivo rovescia il suo carico
angoscioso su testi come L'assiuolo, Novembre), Patria. Il passato con il suo pesante
fardello di dolore e di morte, ritorna sempre nella poesia di Pascoli, ossessivamente, e
rimanda al trauma irrisolto della condizione di orfano, che viene spesso condensata
nell'immagine-simbolo del nido.
La natura di Myricae è a sua volta attraversata da questo incubo mortuario.Vi è come
un'ossessione funebre che non può far a meno di scommettere sul negativo naturale. La
situazione tipica presentata infatti una serie equilibrata di eventi naturali, in parte solare,
positiva, vitale, in parte notturna, negativa, mortuaria; e da questa ambivalenza deriva una
sospensione provvisoria del senso, che deve decidersi per una strada o per l'altra. Quasi
inevitabilmente si opta per la strada dell'inquietudine, cioè per il significato luttuoso. Anche
quando la sospensione non venga risolta, il sentimento di mistero si connota in modo
minaccioso e negativo.
Myricae resta sospesa in questa ambivalenza; cioè non si dà, nel libro, una vera e propria
conclusione unica. Semmai si deve registrare il valore assegnato dalla posizione conclusiva
a un testo come Ultimo sogno, che è anche l'ultimo dei testi isolati presenti in Myricae, in cui
il raggiungimento della serenità coincide con un'immagine funebre, in virtù del la quale può
compiersi il ricongiungimento del poeta alla madre morta, e in cui la pace s'den-
tifica dunque con la rinuncia a vivere.Lescelte formali riscontrabili nel libro ne confermano a
tutti livella natura comples.em certi versi contraddittoria.
Per quanto riguarda la metrica, si riscontra una fedeltà alle forme chiuse e ai metri regolaria
la tradizione e d'altra parte una tendenza a forzarli, a rinnovarli e a personalizzarli, fino a sua
tare forme nuove e inedite. Si può dunque parlare di uno sperimentalismo all'interno dellata.
dizione. Quanto alla scelta, anch'essa assai variata, dei metri, si nota la predilezione peril no
venario, eccezionale nella nostra letteratura dopo la condanna dantesca e criticata anche da
contemporanei di Pascoli. La metrica ha nel libro anche una funzione di catalizzazione te.
matica e struttu