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STORIA DELLA GENETICA - Il concetto di gene

Il primo modello di gene proposto corrisponde alla ridefinizione delle affermazioni di Mendel e risale ai primi anni del 1900, fino allo sviluppo della biologia molecolare.

Da quel momento, anni '50-'60 circa, si identificò la natura fisica del gene come segmento di acido nucleico in grado di codificare. Fu così possibile comprendere il dogma centrale della biologia molecolare, che descrive i processi a cui va incontro il DNA: trascrizione, traduzione e ottenimento della proteina.

Tra gli anni '70 e 2000 si scoprì la funzione degli introni e quindi l'esistenza del gene spezzato. Inoltre si osservò che il fenomeno di rimozione degli introni non è univocamente determinato, poiché un gene può essere soggetto a diversi meccanismi di splicing alternativo.

Vengono scoperti anche altri fenomeni, che evidenziano che da un tratto di DNA è possibile ottenere più proteine differenti. Ad esempio è possibile osservare il fenomeno dell'editing dell'RNA, per cui si ottengono proteine che hanno alcuni residui amminoacidici i cui codoni non sono presenti nel gene. In generale si verifica delezione o inserzione di singole basi. Un gene che va incontro all'editing del DNA è quello che codifica per il recettore del glutammato che, oltre ad essere un amminoacido, è anche un neurotrasmettitore.

In seguito si scoprì che il prodotto funzionale di un gene non è soltanto una proteina. Era infatti già nota l'esistenza di geni, come quelli per il tRNA (RNA transfer) e il rRNA (RNA ribosomiale), che non codificano per proteine, ma allora rappresentavano delle eccezioni. Tuttavia dal 2001 in poi si osservò che in realtà sono molte le zone del DNA trascritte in assenza rispetto ai geni, determinando la formazione del RNAi (RNA interference), del sRNA (small RNA), del miRNA (microRNA). In questo modo cambia nuovamente la percezione del concetto di gene.

Infine nel 2012 si è vista la chiusura di un progetto di ricerca molto ambizioso, che aveva lo scopo di mappare tutte le regioni funzionali del genoma umano. Si è quindi potuto osservare che il genoma umano, e in maniera simile tutti i genomi degli organismi eucarioti multicellulari, è attivamente trascritto in moltissime parti.

Mendel per primo definisce la trasmissione dei caratteri. Non fornìsce una definizione di gene vera e propria, ma introduce il concetto dei fattori determinanti i caratteri, oggi noti come geni. Watson e Crick si occuparono dell'aspetto molecolare. La loro scoperta della struttura del DNA rese possibile localizzare i geni.

Barbara McClintock scoprì che i geni non sono immobili nel genoma, confutando un dogma introdotto qualche decina di anni prima. Scoprì infatti che alcuni geni, i trasposoni, sono in grado di spostarsi da un punto all'altro del genoma.

Infine si scoprono i fenomeni della trascrizione e della traduzione e si definisce il codice genetico.

L'evoluzione del concetto di gene indica che le informazioni note precedentemente erano parziali, non errate. La variazione della definizione non implica una correzione delle conoscenze passate.

Le leggi di Mendel sono tuttora ancora valide ed applicate. Ad esempio sono utilizzate per la consulenza genetica, per coppie che vogliono avere figli e vogliono conoscere la probabilità che un certo fenotipo possa essere trasmesso alla progenie.

Mendel non era un biologo. Decise di intraprendere la carriera ecclesiastica per avere la possibilità di seguire gli studi. Il suo scopo era occuparsi delle scienze, ovvero di fisica. Al corso venne però bocciato.

Tuttavia l’abate del monastero in cui vive riconosce in lui del potenziale e lo sprona a continuare gli studi. In

questo modo acquisisce una base solida di matematica e in particolare di statistica, una scienza che

cominciava a svilupparsi proprio in quegli anni.

Nel corso dei suoi studi ha la possibilità di frequentare i più famosi botanici dell’epoca, tedeschi, in

contrapposizione con i biologi vegetali francesi sulla questione degli ibridi. Mendel credeva fosse .

importante riuscire a prevedere il prodotto dell’incrocio di una pianta con un’altra. Infatti le teorie

dell’epoca sull’argomento, risalenti alla prima metà dell’800, non sono solide. Inoltre non sono basate su

alcun esperimento.

Mendel, avendo una formazione da fisico, è il primo in ambito biologico a scegliere un modello

sperimentale di studio. Nello specifico decide di studiare la pianta di pisello, di cui esistono numerose

varietà con morfologie differenti. In più la pianta è in grado di aut. Sfruttò to per il

mentenimento delle linee pure. Allo stesso tempo è possibile, in seguito alla rimozione dell’organo

maschile, impollinare manualmente il fiore con il polline proveniente da un’altra pianta e quindi produrre .

degli incroci controllati. Ogni pianta poi produce una progenie numerosa in tempi relativamente brevi. La

pianta di pisello pertanto rappresenta un ottimo modello sperimentale.

Nel corso degli anni Mendel analizza decine di migliaia di semi. Nello specifico incrocia piante con diverse

caratteristiche ed osserva i prodotti da un punto di vista statistico. Con questi studi, rileva dei rapporti tra i

fenotipi delle progenie non casuali. Deduce quindi che nelle cellule risiede un messaggio che viene

trasmesso alla prole ed è presente in due copie. Queste due copie, nei gameti, si separano casualmente,

per poi raggiungere la cellula uovo. Dunque, con le conoscenze statistiche, fu in grado di anticipare il

concetto di meiosi, un processo definito diversi anni dopo.

Le sue scoperte non furono immediatamente riconosciute. Probabilmente perché chi si occupava delle

scienze della vita non aveva le basi per comprendere i calcoli matematici di Mendel.

Per Mendel il gene rappresenta una biglia all’interno di un’urna, che viene pescata casualmente.

Continuando gli esperimenti, indaga ulteriori caratteri morfologici delle piante. Purtroppo però non rileva i

rapporti 3:1 che aveva riscontrato inizialmente. Perciò distingue i caratteri che seguono i rapporti statistici

evidenziati, da quelli che invece si discostano completamente. Ora si sa che la differenza è dovuta al fatto

che i primi sono caratteri dicotomici, mentre i secondi possono essere quantitativi o possono non seguire

l’assortimento indipendente.

Le scoperte di Mendel non vengono riconosciute fino al 1900, anno in cui tre ricercatori ricavano

indipendentemente le leggi dell’ereditarietà.

Darwin a suo tempo aveva proposto come teoria ereditaria la pang. Secondo la quale i caratteri, nel

corso della vita di un individuo, possono cambiare. Con la riproduzione, i caratteri vengono condivisi con il

partner e trasmessi sotto nuova forma alla progenie. È però una teoria che non si basa su alcun

esperimento. Definisce i corpuscoli che contengono l’essenza di un individuo, ovvero il fenotipo, come

pangeni.

Per Darwin i pangeni possono cambiare durante il corpo della vita. Inoltre afferma che la selezione naturale

non preveda eredità dei caratteri acquisiti durante l’evoluzione, bensì si occupa di varianti con fitness

differenziale che vengono trasmesse alla progenie. La variante possiede una componente genetica, quindi

stabile. Solo occasionalmente può generarsi una nuova variante. Darwin pertanto si contraddice

affermando che i caratteri cambiano nel corso della vita.

Il botanico Johannsen, nel 1909, sottolinea questa incongruenza ponendo fine alla pangesi e dando luogo

alla genesi, da cui nacquero i concetti di gene, genotipo e fenotipo, ancora molto

Tuttavia, in questo periodo, la definizione di gene non si è ancora evoluta. Per gli scienziati del tempo era

ancora valido il concetto di gene introdotto da Mendel.

Dettagli
A.A. 2022-2023
118 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/18 Genetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher beatrice.tom00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Genetica avanzata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Mengoni Alessio.