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COMPIUTO
2. si configura invece RECESSO ATTIVO tutte le v in cui l’azione criminosa si è compiutam realizzata, ma l’agente
riesce a impedire il verificarsi dell’evento lesivo. Es. Tizio che ferisce Caio, ma ne impedisce la morte richiedendo
l’interv di un medico. NB: NECESSARIO L’EFFETTIVO IMPEDIMENTO. TENTATIVO INCOMPIUTO
CRITICITA’. in molti casi non presenta profili problematici verificare la sussistenza della desistenza volontaria:
l'agente, non avendo realizzato tutto quanto necessario per la consumazione, ha semplicemente abbandonato
l'azione non proseguendola (es. Tizio ha forzato la porta di ingresso dell'abitazione per rubare all'interno della stessa,
ma poi volontariamente decide di abbandonare il progetto delittuoso e si allontana)
altre volte la configurabilità della desistenza volontaria appare problematica: è ad es. il caso dell'abbandono
dell'azione criminosa dopo il compimento di una pluralità di atti compiuti, magari in un ampio arco temporale, senza
che sia stata ancora realizzata la consumazione (es. pluralità di atti di minaccia a fini estorsivi nel corso di più giorni
o di più settimane); inoltre, il criterio tradizionale di dist fra desistenza e recesso attivo desta perplessità con rif ad
alcuni casi limite, al vaglio della giuri, in cui il significato di un dato comportamento rimane per l’ordinamento
identico, per cui sembra arbitraria la stessa alternativa fra riduz della pena e impunità. Es. delitto di aborto – donna
che si estrae la canula inserita dal medico ai fini dell’aborto dopo un certo lasso di tempo, cmq sufficiente a impedire
l’interr della gravidanza. Altro es: donna, spinta dal proposito di uccidere il marito dormiente, apre il rubinetto del
gas ed esce di casa; pentitasi poco dopo, avverte la polizia. Gli agenti si limitano ad aprire le finestre poiché l’uomo
non aveva ancora subito alcun danno. In questo caso l’azione di tentato omicidio è compiuta. Nondimeno, il
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pentimento è sopravv prima che il gas cominciasse a propagare i suoi effetti. Un’hp di questo tipo non denota una
meritevolezza minore di quella riscontrabile, ad es., nell’arresto volontario dell’azione omicida. Dunque, in casi come
questo, discriminere nel tratt sanzionatorio sembra iniquo. Ci sono cioè situazioni in cui l’az si è compiuta che
mostrano una meritevolezza analoga a quelle in cui l’azione non si ancora compiuta.
in proposito autorevole dottrina (M. Romano) ha proposto il CRITERIO DELLA CONTINUITÀ TEMPORALE: si ha
desistenza volontaria nel caso di interruzione di atti che l'agente controlla, nell'ambito di una sostanziale continuità
abbandona l'azione della quale ancora domina in modo diretto
temporale, e dunque nel caso in cui l'agente
ed immediato il divenire (nell'es. precedente non è configurabile la desistenza volontaria se dopo le reiterate
minacce l'agente interrompe la condotta estorsiva). il recesso attivo consiste invece in un intervento successivo
dell'agente, quando ormai è cessato il suo dominio diretto ed immediato del divenire, e quindi quando vi è una
discontinuità, un distacco temporale rispetto all'azione precedente (es. Tizio per far deragliare il treno mette un
masso sui binari: se nello stesso contesto temporale si ravvede e sposta il masso vi è desistenza volontaria, se dopo
qualche ora avverte la polizia, la quale provvede a fermare il treno evitando il deragliamento vi è recesso attivo).
ALTRO RIMEDIO ESCOGITATO DALLA GIURI: è azione esecutiva non solo la condotta attiva necessaria e sufficiente
alla produzione dell’evento, ma anche la condotta negativa con cui si annulla l’efficacia causale della condotta
posta in essere. Sec Fiandaca ricostr artificiosa. Sarebbe opportuno interv legislativo.
Natura giuridica
➢ La desistenza volontaria è qualificata dalla giuri come causa sopravvenuta di non punibilità, la quale presuppone
che l'agente abbia realizzato atti che hanno raggiunto la soglia di punibilità del tentativo (tentativo incompiuto); il
legislatore "premia" con la non punibilità l'interruzione dell'azione delittuosa, sempre che essa sia "volontaria", vale
a dire sia espressione di una scelta libera: non è tale quella necessitata dall'impossibilità di portare a termine
l'impresa criminosa o dal fatto che essa comporterebbe svantaggi o rischi non ragionevolmente sopportabili: in
questi termini va inteso il presupposto della desistenza volontaria costituito dalla possibilità della consumazione;
non si richiede dunque che la desistenza dall'azione sia spontanea, frutto di un ravvedimento interiore, espressione
del definitivo abbandono del proposito criminoso.
Si noti che non rileva l’eventuale putatività della desistenza volontaria (così come del recesso attivo), potendo tutt’al
più incidere sulla commisurazione della pena ex art. 133 c.p.
➢ Viceversa il recesso attivo è una circostanza attenuante applicabile solo al tentativo dei delitti di evento, e
dunque speciale, e ad effetto speciale; SOGGETTIVA. [Si noti che nel contesto dei reati terroristici/eversivi è previsto
un recesso attivo (con condotta collaborativa ulteriore) che funge da vera e propria causa personale sopravvenuta
di non punibilità]. Essa come visto presuppone che l'azione integrante il tentativo sia stata completata (tentativo
compiuto) e "premia" con una riduzione di pena la condotta che interrompe il processo causale innescato dall'agente
e destinato a sfociare nell'evento, il quale viene in tal modo impedito; la volontarietà del recesso attivo implica che
lo stesso NON sia necessitato da circostanze esterne (valgono, con i dovuti adattamenti, i principi elaborati rispetto
alla desistenza volontaria).
Persone giuridiche. Il recesso attivo opera come vera e propria causa di esclusione della responsabilità per l’ente,
ovviamente non per la persona fisica autrice. Non viene dettata alcuna norma per la desistenza attiva, ma si dà per
scontata la sua non punibilità in forza dei principi.
Concorso di persone. Il recesso è possibile solo se si impedisce agli altri di completare il reato. Nella desistenza si
richiede anzitutto di interrompere la propria partecipazione e, in secondo luogo, secondo i più, anche di annullare
gli effetti della medesima. Quasi sempre, comunque, ci sarà responsabilità a titolo di concorso morale.
Tentativo e attentato
I delitti di attentato si caratt per il f che il legislatore ha considerato reato perfetto il compimento di ‘atti diretti a’
offendere un bene meritevole di protezione anticipata, perché di rango particolarm elevato.
Tecnica di costr utilizzata nei delitti c la personalità dello Stato; categoria dogmatica ottenuta per astrazione dalle
caratt comuni della singole fattisp disciplinate.
PROBLEMA: punisce già l’attività prep, oppure la rilev penale è condizionata dalla presenza degli elem strutt del
tentativo? Durante la vig del Cod Zan nessuno dubitava della omogeneità concettuale e funzionale. Il codice Rocco
ha abolito dist atti prep/esec. Il che ha consentito, almeno in un primo tempo, l’affermarsi di un orientamento per
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cui l’attentato avrebbe avuto una autonomia strutt rispetto al tentativo, al fine di colpire anche gli atti più remoti,
purché espressivi di una volontà diretta a lede il bene protetto.
A partire dagli anni ’60, con il recupero del pr di offensività, dottri e giuri hanno reagito a qst modo di intendere
l’attentato, interpretando la formula ‘fatto diretto a’ come ‘fatto idoneo diretto a’, e la formula ‘chiunque attenta a’
come ‘chiunque compie atti idonei diretti a’, valorizzando il req dell’idoneità ex 56 c.p., ritenuto criterio
concernente l’intera materia penale.
Quindi OMOGENEITA’ STRUTT FRA LE DUE FIGURE. NO PUNIB DELL’ATT QUANDO NON IDONEO A LEDERE IL BENE
PROTETTO (ATTIVITA’ MERAM PREPARATORIE).
Rapporto fra tentativo e art. 49 c.p. – il reato impossibile
1) Secondo l’impostazione tradizionale ‘norma doppione’, sostanzialmente superflua perché si limiterebbe a
riesprimere in negativo i req del 56 c.p. Reato impossibile = tentativo impossibile. Per cui la menzione della
inidoneità dell’oggetto sarebbe superflua, in quanto anche la mancanza di quest’ultimo elem inciderebbe cmq sulla
idoneità dell’azione, che va accertata in concreto in base alle modalità del fatto.
Questa lettura è stata molto criticata: distanza sistematica fra 49 e 56 c.p.; anomalia della previsione dapprima della
non punibilità del tentativo inidoneo e, dopo, dei requisiti del tentativo stesso; dato letterale; conseguenza che non
si punirebbe il tentativo idoneo di contravvenzione (art. 56 c.p.), mentre si potrebbero applicare misure di sicurezza
per un tentativo inidoneo di contravvenzione ex art. 49, c. 4 c.p. [EX ANTE, IN CONCRETO, BASE PARZIALE,
TENTATIVO]
2) Concezione realistica del reato. A fronte di queste criticità, è stata elaborata da Gallo la c.d. “concezione realistica
del reato”: nell’art. 49, c. 2 c.p. il termine “azione” indica l’intero fatto tipico e con “evento dannoso o pericoloso” si
non punibilità del fatto tipico
intende l’evento giuridico (cioè l’offesa all’interesse tutelato), il che prospetta la
in concreto non offensivo del bene giuridico . Così l’art. 49, c. 2 diventa il fondamento codicistico del
principio di necessaria offensività del reato. Mentre il 56 c.p. assolve ad una funzione di estensione della
incriminazione a reati atipici sul piano delle norme di parte speciali, ma tipici ex 56 c.p. Rilevanza pratica: casi di
mancata corrispondenza fra tipicità e offesa. Quindi condotte formalmente conformi alla n incriminatrice, ma di fatto
innocue perché assolutamente incapaci di ledere l’int protetto. Preoccupazione: ancorare la punibilità alla tutela
effettiva di b giuridici. [EX POST, BASE TOTALE, ANCHE FATTISPECIE CONSUMATE] OFFENSIVITA’ COME ELEMENTO
AUTONOMO
Alla concezione realistica del reato – pur talora accolta in giurisprudenza – è stata tuttavia mossa una forte critica,
specie per quanto attiene alla scissione tra il piano della tipicità e quello della offensività: secondo la dottrina
prevalente, infatti, il problema della offensività non va risolto dalla concezione realistica del reato, che introduce un
elemento del reato ulteriore rispetto alla tipicità, ma, per evitare eccessi di discrezionalità, mediante l'applicazione
diretta della norma incriminatrice, che andrebbe interpretata nel senso di prevedere implicitamente, n