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Remunerazione e riacquisto di azioni
Se si garantisce la remunerazione ad un anno, l'azionista si aspetterà una remunerazione anche l'anno dopo e in seguito. I riacquisti di azioni sono più flessibili e generano meno aspettative. Inoltre, i riacquisti godono spesso di vantaggi fiscali.
Dividendo ordinario: deriva dalla normale procedura. I dividendi in Italia normalmente sono annuali, mentre negli USA solitamente sono semestrali o trimestrali. È il dividendo che gli azionisti si aspettano di ricevere anche nel periodo successivo.
Dividendo straordinario: è un dividendo la cui erogazione non sarà ripetuta. A volte il dividendo viene pagato in azioni, anziché distribuire soldi, ti vengono date nuove azioni (aumento gratuito del capitale).
Invece di pagare un dividendo agli azionisti, l'impresa può utilizzare la liquidità disponibile per riacquistare le proprie azioni. Le azioni riacquisite costituiscono parte delle attività liquide e possono essere rivendute in caso di necessità di denaro.
contante. L'acquisto di azioni proprie deve essere autorizzato dall'assemblea dei soci, la quale deve indicare anche le modalità e la durata dell'autorizzazione, che comunque non può essere superiore ai 18 mesi. A differenza dei dividendi, i riacquisti di azioni proprie sono frequentemente un evento non ripetuto.
I dividendi si distribuiscono per garantire una remunerazione agli azionisti, la loro distribuzione viene decisa dal CdA. In genere, le azioni vengono acquistate o vendute con il dividendo (with dividend o cum dividend) fino ai due giorni lavorativi che precedono la data di registrazione, poi vengono scambiate senza dividendo (ex dividend).
Se acquistate azioni nella data di stacco della cedola, l'acquisto non verrà segnato nei registri dell'impresa prima del giorno fissato come data di registrazione e non avrete diritto al dividendo.
Si cerca di evitare una riduzione dei dividendi e di distribuirne troppi, concentrandosi sulla loro variazione.
perché hanno molto contenuto informativo. Fatti stilizzati da Lintner Un’impresa strutturata che decide di distribuire dividendi dovrebbe avere una visione di lungo termine, anche se non è sempre così. Bisogna concentrarsi spesso sulle variazioni del dividendo e si è riluttanti a modificarli perché i manager hanno un problema a tornare indietro con la strategia presa. Le variazioni dei dividendi seguono le variazioni dei profitti sul lungo periodo, piuttosto che le variazioni dei profitti sul breve periodo (questo significa che un manager tenderà a non modificare il dividendo se ha avuto un utile straordinario, ma se questo utile diventa di lungo periodo allora andrà a influire sul dividendo). I manager sono riluttanti a modificare i dividendi per non essere poi costretti a fare marcia indietro. Quindi, hanno molto contenuto informativo, il che è vero perché sono il vero modo di pagamento per gli azionisti. Tagli deidividendi: cattive notizie
Aumenti dei dividendi: ottime notizie
Il modello di Lintner suggerisce che il dividendo dipende dagli utili correnti e da quelli passati.
I dividendi, inoltre, in qualche modo anticipano gli utili futuri, perché i manager pongono attenzione a loro.
Gli investitori però non amano i dividendi in quanto tali.
Se un incremento dei dividendi e un acquisto di azioni proprie segnala un buono stato e influenza il prezzo dell'azione, è meglio distribuire dividendi o acquistare azioni proprie?
Nascono 3 partiti, di destra (aspetto positivo dei dividendi), di sinistra (attenzione alla distribuzione) e di centro (moderato).
Cosa succede all'azionista quando si va a distribuire un dividendo?
Immaginiamo questa situazione
Liquidità $1,0 Debiti
Attività fisse $ 10,0 $11,0 Equity (1 mln di 11 euro l'una)
Valore attività $ 11,0 $11,0 Valore passività
Distribuiamo la liquidità in dividendi, l'equity scende,
L'azione scende da 11 a 10 dollari. La ricchezza delle azioni, se consideriamo il dividendo, non cambia perché l'aumento della ricchezza dell'investitore è compensato da una riduzione del valore delle azioni.
Se non paga e fa acquisto di azioni proprie, all'azionista non cambia nulla, il prezzo delle azioni rimane uguale, il numero delle azioni diminuisce. Il valore equity rimane 10 milioni in ogni caso.
Il primo partito (centro, moderati) dice che c'è un'assoluta irrilevanza tra le due alternative laddove non ci sono imperfezioni di mercato e dove gli investitori sono razionali, quindi in un mercato perfetto ed efficiente.
I fautori di questo partito sono Modigliani e Miller, che mostrano l'irrilevanza con una teoria.
Il partito di destra dice che i dividendi forniscono segnali molto importanti, perché l'aumento di dividendi costituisce una buona notizia circa gli utili futuri. Un'azienda andrà a
distribuire alti dividendi quando ha disponibilità finanziarie; quindi, l'aumento di dividendi è un segnale di fiducia dei manager sui futuri flussi di cassa. Forse l'argomento più convincente della tesi del partito di destra è che gli azionisti non si fidano del fatto che i manager spendono con saggezza gli utili non distribuiti e temono che il denaro possa essere reinvestito nella costruzione di un impero più grande piuttosto che in uno più redditizio. In questi casi, gli investitori possono richiedere dividendi generosi non perché i dividendi creino valore per se stessi, ma perché segnalerebbero una politica di investimento più attenta e orientata alla creazione di valore. Terzo partito (di sinistra) dice attenzione a distribuire i dividendi, che possono o meno avere contenuto significativo ma si devono considerare la politica fiscale. L'opinione della sinistrasui dividendi è molto semplice: tutte le volte che i dividendi sono tassati più dei capital gain, cioè il profitto derivante dalla vendita delle azioni a un prezzo superiore a quello di acquisto, le imprese dovrebbero erogare i dividendi più bassi possibili. La liquidità disponibile dovrebbe essere trattenuta e reinvestita o comunque usata per riacquistare azioni. La politica fiscale in Italia prevede la stessa tassazione ma la minusvalenza da capital gain può essere bilanciata, la minusvalenza da dividendi no. Ci sono alcuni contesti fiscali dove ci sono differenze e ci sono sistemi di tassazioni che favoriscono o meno una realtà. La politica dei dividendi dovrebbe quindi adeguarsi alle variazioni delle normative fiscali. Negli Stati Uniti gli azionisti sono tassati due volte. La prima a livello di impresa (imposta sulle società di capitali) e la seconda a livello personale (imposta sui dividendi o sui capital gain). Questi due livellidi tassazione sono illustrati nella Tabella 16.1, che mostra l'utile al netto delle imposte per gli azionisti, nel caso in cui l'impresa distribuisca tutto il reddito sotto forma di dividendi. Ipotizziamo che l'impresa guadagni $100 per ogni azione prima delle imposte e quindi paghi l'imposta sulle società di capitali di 0.35 x 100 = $35. Il dividendo che rimane è di $65 per azione, che è poi a sua volta assoggettato a un secondo livello di tassazione. Per esempio, un azionista che è tassato con l'aliquota del 15% paga le imposte sul dividendo di 0.15 x 65 = $9.75. Solo un fondo pensione esente o un'istituzione benefica conserverebbe i $65 interi. Naturalmente, i dividendi sono regolarmente pagati anche da imprese che operano sotto sistemi nazionali di imposizione molto diversi. Per esempio, la Germania adotta un sistema di compensazione parziale del livello di tassazione sulle società attraverso...l'inclusione di soltanto il 50% dei dividendi ricevuti da un soggetto fisico nella propria base imponibile ai fini delle imposte personali sul reddito. In altri Paesi, come Australia e Nuova Zelanda, gli azionisti non sono tassati due volte. In Australia, per esempio, i dividendi sono tassati, ma gli azionisti possono detrarre dal debito d'imposta personale l'imposta pagata dalla società. Questo sistema di imposizione è chiamato imputazione: il suo funzionamento viene illustrato nella Tabella 16.2.33 Ipotizzate che un'impresa australiana ottenga un profitto di $A 100 per azione. Al netto dell'imposta societaria del 30%, l'utile per azione è $A 70. L'impresa ora annuncia un dividendo di $A 70 per azione e invia agli azionisti l'assegno corrispondente. Questo dividendo è accompagnato da un credito d'imposta pari a quanto già pagato dalla società per conto dell'azionista. Costui, di conseguenza,è trattato come se avesse ricevuto un dividendo totale di 70 + 30 = $A 100 per azione e avesse già pagato un’imposta di $A 30. Se l’aliquota d’imposta personale dell’azionista fosse il 47%, sarebbe costretto a pagare ulteriori $A 17 per azione, se fosse il 15% riceverebbe un rimborso di 30 – 15 = $A 15.34
Secondo un sistema di imposizione basato sull’imputazione, i milionari sono costretti a pagare ulteriori imposte personali e preferiscono in genere che le imprese non paghino dividendi.
35 Gli investitori con basse aliquote di tassazione si trovano nella posizione opposta: se l’impresa paga un dividendo, ricevono un rimborso per la maggiore imposta pagata dalla società e preferiscono di conseguenza alti rapporti di distribuzione degli utili.
Oltre che dalla politica fiscale dipende anche dal settore: in settori con bassa crescita, conviene distribuire gli utili, altrimenti meglio di no.
Dipende anche dai sistemi, se sono più efficienti.
orientati ai mercati avremo politiche di distribuzione più aggressive, se abbiamo sistemi più orientati agli intermediari avremo una variabilità più bassa.fiscali e non esistono costi di transazione. In questo mondo ideale, secondo la teoria di Miller, il valore di un'impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria. La teoria di Miller si basa sull'ipotesi dell'arbitraggio, secondo cui gli investitori possono creare valore semplicemente sfruttando le opportunità di arbitraggio tra i diversi titoli finanziari. In altre parole, se un'impresa ha una struttura finanziaria diversa da quella ideale, gli investitori possono comprare o vendere i titoli dell'impresa per creare valore. Secondo Miller, in un mondo senza frizioni e costi di transazione, l'impresa può creare valore solo attraverso le sue decisioni di investimento e non attraverso la sua struttura finanziaria. Pertanto, il valore di un'impresa è determinato unicamente dai suoi flussi di cassa futuri attesi. Tuttavia, è importante sottolineare che la teoria di Miller è stata oggetto di critiche e dibattiti nel corso degli anni. Molti studiosi sostengono che, nella realtà, esistono frizioni e costi di transazione che influenzano la struttura finanziaria delle imprese e il loro valore.Capitolo 17
Struttura finanziaria
La struttura finanziaria di un'impresa è importante o meno?
La risorsa più importante di un'impresa sono i flussi di cassa prodotti dalle attività, se l'impresa non è indebitata, i flussi di cassa appartengono interamente agli azionisti. Se l'impresa è indebitata, i flussi di cassa si dividono tra obbligazionisti e azionisti.
Nasce il problema di scelta della struttura finanziaria:
Fino ad ora abbiamo dato per assodato che tutta la struttura finanziaria fosse rappresentata da equity, oggi ci iniziamo a porre un problema di struttura finanziaria.
Stabilire il mix tra risorse proprie e risorse di terzi che diventi attraente per l'investitore, diventa sostanzialmente un problema di marketing.
Tutto ha inizio quando Modigliani e