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La seconda e terza conquista degli spagnoli

Dieci anni dopo la conquista dell'impero azteco, gli spagnoli si diressero verso un altro vasto e ricco Stato indigeno: l'impero degli inca. Nel XVI secolo, l'impero si estendeva dalla Colombia meridionale fino al Cile centrale: controllava, quindi, gran parte della costa dell'America meridionale e il suo centro più importante si trovava nell'attuale Perù, più precisamente era situato a Cuzco, la capitale dell'impero.

Il sovrano risiedeva nella capitale e veniva chiamato "inca", egli era considerato una figura semidivina, ovvero il Figlio del Sole.

La conquista dell'impero inca venne realizzata dal comandante spagnolo Francisco Pizarro, inoltre la vittoria spagnola venne ottenuta in modo molto simile alla vittoria sugli aztechi. Tra i fattori a favore, prima di tutto ci fu il vaiolo, che investì il Perù nel 1524-26 (ovvero prima ancora dell'arrivo degli spagnoli).

stranieri).L'imperatore inca Cápac morì durante l'epidemia, così che i suoi figli Atahualpa e Huáscar si contesero il titolo di inca; in questo modo, al momento dell'arrivo degli europei il Paese era diviso e lacerato dalla guerra civile e gli spagnoli seppero approfittarne. Nel 1532 Pizarro riuscì con l'inganno a catturare Atahualpa. È possibile che l'indigeno (come Moctezuma) considerasse gli spagnoli personaggi semidivini. In ogni caso, Atahualpa si presentò all'incontro con lo spagnolo disarmato e senza scorta, perciò Pizarro lo catturò senza difficoltà.Oltre a ciò, Pizarro volle attribuire una legittimità giuridica e religiosa al suo gesto attraverso la lettura pubblica del "Requerimiento" ("intimazione"): un documento redatto nel 1514 in cui si proclamava che il papa, in nome di Dio, aveva consegnato quelle terre alla sovranità del re diSpagna;se l'inca non avesse obbedito all'intimazione di sottomettersi, sarebbe stato trattato da vassallo ribelle e sarebbe stato punito. Questo testo fungeva da alibi per giustificare la guerra di rapina. Tale ingiunzione, che doveva essere letta agli indigeni (probabilmente in assenza di un interprete), era un riferimento a un passo del Deuteronomio (libro di 34 capitoli, quasi interamente costituito da quattro discorsi di Mosè, nei quali erano esposti i principi generali della vita religiosa e sociale del popolo ebraico, e le leggi che avrebbero dovuto regolare la nuova società dopo l'insediamento in Palestina) che diceva: "Quando ti avvicinerai a una città per attaccarla, le proporrai la pace. Se accetta la pace e ti aprirà le porte, allora tutto il popolo che vi si trova sarà salvo, lavorerà per te e ti sarà tributario; se invece non accetta la pace e ti farà guerra, la stringerai d'assedio e il Signoretuo Dio la metterà nelle tue mani. Dividerai con l'esercito ogni preda e mangerai delle spoglie dei tuoi nemici". Negli stessi anni, gli spagnoli invasero anche il territorio dell'attuale Guatemala e Yucatán. La conquista di questi territori fu molto più complessa delle precedenti. Innanzitutto per un fatto geografico: queste zone erano caratterizzate da una fitta giungla che ostacolava la cavalleria spagnola. D'altra parte, per il fatto che le popolazioni qui residenti, i maya, vivevano in numerose città-Stato indipendenti, e non in un unico Stato centralizzato. In precedenza, una volta conquistata la capitale o imprigionato il sovrano, gli imperi che facevano riferimento a quella capitale o a quel sovrano erano diventati un corpo senza capo, disgregandosi completamente. Stavolta ciò non sarebbe stato possibile, data la suddivisione politica dell'impero maya. Cosicché i maya lottarono per più di 14 anni, dal 1526 al 1540; ciononostante,

vennero sconfitti. Tra l'altro, proprio in un lamento maya troviamo condensato il trauma della conquista spagnola: "Vivevano sani. Non c'erano malattie, allora; non c'erano dolori d'ossa, non c'era febbre per loro, non c'era vaiolo, non c'era bruciore di petto, non c'era dolore di ventre, non c'era consunzione. Allora i loro corpi camminavano dritti ed eretti. I signori bianchi, quando sono arrivati qui, hanno insegnato la paura e sono venuti a far appassire i fiori. Per far vivere il loro fiore, hanno rovinato e aspirato il fiore degli altri".

Nel '500, le rivolte indigene furono animate dalla speranza di poter tornare a quel passato idealizzato e rimpianto: gli dei, si diceva, sarebbero tornati, e con il loro aiuto sarebbe stato possibile cacciare gli stranieri. La stessa speranza aveva animato il Messico (1541-42) e il Perù (1565). Tuttavia, gli spagnoli non se ne andarono mai dal suolo americano.

LA LEGITTIMITÀ

DI POSSESSO DEL NUOVO MONDO

Di fronte alle conquiste degli spagnoli, la Spagna si divise in un dibattito culturale riguardo la legittimità della sottomissione dei popoli del Nuovo Mondo. Lo stesso tema era già stato oggetto di discussione nel 1511 tra i missionari domenicani, i quali avevano denunciato le violenze compiute dagli encomenderos (affidatari, padroni della encomienda, i coloni spagnoli) spagnoli ad Hispaniola.

Di seguito le parole di uno dei frati, Anton de Montesinos:

«Ditemi con che diritto e con che giustizia tenete in sì crudele e orribile servitù questi indios. Non sono uomini questi? Non hanno anime razionali? Non siete obbligati ad amarli come voi stessi?

Sappiate per certo che nello stato in cui siete non vi potete salvare più dei mori o dei turchi che sono privi e non vogliono saperne della fede in Gesù Cristo».

Cosicché, la Corona spagnola (re Carlo V) decise di consultare i docenti delle più

Prestigiose università del regno: voleva sapere il loro parere sulla legittimità del possesso del Nuovo Mondo da parte del re di Castiglia. La prima risposta fu il Requerimiento, di cui abbiamo già trattato prima. Eppure, dopo poco, questo documento divenne debole: il testo presupponeva l'accettazione della concezione ierocratica medievale, secondo cui il papa deteneva una sorta di potere universale su tutta la Terra, e di conseguenza era superiore a tutti i sovrani. Allora venne chiesto ai docenti consultati di elaborare una nuova teoria che potesse giustificare la legittimità della conquista. Perciò, gli intellettuali decisero di basarsi sulle teorie politiche del filosofo greco Aristotele. Il suo ideale di umanità si rifletteva esattamente nel modello greco: lui pensava che "veri uomini" fossero solo coloro che comunicavano tra loro utilizzando il linguaggio, che potessero dominare con la ragione le proprie passioni e che vivevano in

città; coloro che non possedevano questi requisiti erano barbari, esseri sub-umani destinati per natura a essere schiavi dei veri uomini. Gli intellettuali spagnoli presero così le parole di Aristotele e le adattarono al loro scenario attuale: gli indios delle isole caraibiche venivano in questo modo identificati con gli "schiavi per natura" del filosofo greco. In ogni caso, questa identificazione non era accettabile poiché gli spagnoli avevano conquistato e sottomesso interi imperi complessi e strutturati: gli inca e gli aztechi erano organizzati in civiltà urbane e ben organizzate politicamente, per cui non si poteva parlare di "esseri barbari e selvaggi". Successivamente, la ricerca di una risoluzione passò nelle mani dell'Università di Salamanca, più specificamente, al domenicano Francisco de Vitoria, il quale, nel 1539, rifiutò la teoria aristotelica degli schiavi per natura. Egli considerava gli indios delNuovo Mondo come veri uomini, nonostante alcuni loro comportamenti che potevano apparire contrari alla legge di natura (ovvero, tutti quei comandamenti morali che tutti gli esseri umani rispettano, in modo da distinguersi dagli animali): per esempio, gli aztechi ricorrentemente eseguivano sacrifici umani. Per questo Vitoria affermò che, al di là del loro essere pienamente uomini, gli indiani erano paragonabili ai bambini, bisognosi quindi di guida e di educazione. Attraverso questa visione, la dominazione spagnola veniva presentata come un'eccezionale opportunità positiva per le popolazioni indigene, poiché gli europei li avrebbero elevati a un livello superiore di civiltà e moralità per mezzo della conversione alla fede cristiana. Il punto di vista di Vitoria, quindi, considerava i valori morali cristiani ed europei come fondamentali e universali. In ogni caso, la dichiarazione dell'intellettuale venne accettata e questa spinse la Corona a.prendere una serie di provvedimenti con lo scopo di migliorare la condizione degli indigeni del Nuovo Mondo. In Perù, i coloni spagnoli arrivarono addirittura a ribellarsi al re a causa dei limiti imposti al feroce sfruttamento degli indios. UN PASSO IN AVANTI Il frate domenicano Bartolomé de Las Casas (1484-1566) è conosciuto per essere stato il più coerente e radicale difensore dei diritti degli indios. Fino al 1514, fu un encomendero a Cuba, assistendo a una numerosa serie di violenze commessa dai conquistadores. Proprio per il disgusto provato durante quei massacri, decise di rinunciare alla sua encomienda e di denunciare la brutalità degli europei nel Nuovo Mondo. Inizialmente, Las Casas sembrò condividere la visione di Vitoria: il frate infatti voleva che fosse riconosciuta la piena umanità degli indigeni così come voleva che il re obbligasse gli spagnoli a trattarli con umanità e rispetto. Successivamente però, il suo

Il punto di vista si avvicinò sempre di più a quello degli indiani. Lui scelse di immedesimarsi negli indigeni, e in seguito a una completa identificazione, ne concluse che in America si stava in realtà compiendo un atto di pura e semplice rapina, un'as misurata ingiustizia. Allora Las Casas volle capire i valori che stavano dietro al comportamento degli indios, in particolare, proprio il valore dell'atto del sacrificio umano nella civiltà azteca: il motivo per cui gli aztechi sacrificavano la vita umana rimandava al desiderio di offrire alla divinità ciò che è più prezioso e perfetto; secondo il frate, il sacrificio era prova della straordinaria intensità del sentimento religioso degli indiani. Bisogna riconoscere il passo in avanti compiuto da Las Casas nel campo dove tutti avevano sinora fallito: la comprensione. Egli inoltre accettò che ciascun essere umano avesse una concezione soggettiva di Dio, giungendo dunque a

estendere il criterio di universalità non alla cristianità, bensì alla religione. Las Casas così riconobbe piena legittimità ai sovrani in
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Publisher
A.A. 2022-2023
11 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher schiavons di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Martelli Fabio.