L’obiettivo si può qualificare come esogeno o endogeno e, dunque, indipendente o
correlato rispetto alle alternative decisionali. Nell’un caso, l’obiettivo viene fissato a
prescindere dalle caratteristiche delle alternative decisionali disponibili, nell’altro caso,
l’obiettivo e’ variante rispetto a tali alternative.
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L’efficacia e’, infine, esprimibile come grado deterministico di raggiungimento di un
obiettivo (in questo caso e’ espresso dal rapporto tra risultato conseguibile da una
alternativa e risultato obiettivo) ovvero come probabilità di un raggiungimento
dell’obiettivo stesso da parte di un’alternativa (in questo caso e’ espresso da una
probabilità di raggiungimento di un obiettivo variante tra un minimo di zero e un massimo
di uno).
Il criterio dell’efficacia e’ condizionato dalle modalità di formazione degli obiettivi
dell’impresa. Gli obiettivo scaturiscono, infatti, da un processo negoziale e composito al
quale partecipano, nel contesto organizzativo dell’impresa, coalizioni varianti di individui
portatori di proprie soggettività, specificità e comportamenti tipici.
La ricerca dell’efficacia nelle decisioni d’impresa passa soprattutto attraverso scelte che
siano coerenti con l’ambiente esterno e in grado di tramutare le opportunità ambientali
in risultati di impresa. Per esempio, la capacità di cogliere, in anticipo rispetto ai
concorrenti, un bisogno emergente dal mercato di riferimento determina, a parità di altre
condizioni, una crescita di profittabilità indotta da maggiore efficacia in termini di
soddisfazione dei clienti.
In generale, quindi, i giudizi di efficacia sono fortemente condizionati da come soggetti
esterni all’impresa guardano alle strategie e ai comportamenti adottati dalla stessa.
L’efficienza
L’efficienza coglie la capacità di minimizzare le risorse necessarie al conseguimento di
un risultato. Per esempio. l’aumento delle quantità prodotte a parità di input produttivi si
traduce in un miglioramento dell'efficienza.
Il criterio dell’efficienza può essere generalizzato come rapporto tra risultati ottenuti e
mezzi impiegati. L’assunzione di decisioni coerenti con l'accrescimento del suddetto
rapporto produce benefici in termini di riduzione dei costi di produzione, con la
conseguente possibilità di praticare prezzi di vendita dei prodotti finali maggiormente
competitivi.
L’efficienza può essere intesa come misura e come criterio. Come misura, cattura l’essere
di un processo/attività, come criterio invece e’ un elemento che aiuta a decidere tra
alternative.
L’efficienza come misura a livello di sistema economico
L’efficienza riferita al sistema economico si articola in efficienza allocativa e adattiva.
L’efficienza allocativa si ha quando tutti i beni economici sono allocati ai migliori usi
noti a un certo istante temporale. In questa accezione l’efficienza esprime un concetto
collegato alla produzione di beni e servizi senza sprechi.
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L’efficienza adattiva esprime una quantità del sistema di sopravvivere in presenza di
cambiamenti radicali e/o incrementali, cambiamenti che divengono parte integrante
della dinamica evolutiva di successo del sistema.
L’efficienza come misura analitica e sintetica a livello dell’impresa
La prima riguarda specifici fattori della produzione (cosiddette misure analitiche). Per
esempio, efficienza del lavoro e efficienza delle macchine.
La seconda riguarda combinazioni di più fattori della produzione (cosiddette misure
sintetiche). Per esempio, il rapporto tra il totale delle quantità prodotte e un insieme di
fattori impiegati nella produzione. Un tipico indice sintetico di efficienza è rappresentato
dalla produttività globale dei fattori che viene riferita a un incremento dell’output a parità
di input utilizzati nel processo produttivo.
Efficienza come misura storica e teorica nell’impresa
L’efficienza storica e’ misurata in relazione a output e input espressi attraverso dati
consuntivi.
L’efficienza teorica riguarda i rapporti tra output e input espressi rispetto a condizioni
ipotetiche di migliore utilizzo dei fattori della produzione. Si tratta di un livello
tendenziale di efficienza al quale il decisore dovrebbe far convergere la sua impresa
attraverso le proprie scelte. In generale, quindi, un differenziale negativo tra efficienza
storica e quella teorica indica margini di miglioramento nell’uso delle risorse disponibili.
Il concetto di efficienza teorica si lega al concetto di costo di standard dei fattori
della produzione.
Efficienza come misura marginale (o differenziale) dell’impresa
L’efficienza marginale indica come varia l’efficienza al mutare delle combinazioni dei
fattori della produzione.
L’efficienza marginale può essere collegata a movimenti e variazioni che sono conseguenze
delle scelte dell’impresa e/o del mutare delle condizioni di contesto. Si consideri, per
esempio, una riorganizzazione del layout produttivo oppure una rinegoziazione di un
accordo sindacale, con modifiche nei turni di lavoro delle pause.
L’efficienza come criterio e’ riferita a scelte tra più alternative ordinate dal decisore in
funzione del rapporto tra risultati ottenibili e mezzi impiegabili. Questo criterio, dunque,
spinge il decisore a preferire quelle alternative che a parità di risorse impiegate accrescono
gli output prodotti ovvero a parità di output prodotti riducono le risorse impiegate.
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L’efficienza come criterio può, a sua volta, essere declinata nella produttività e
nell'economicità.
La produttività (o efficienza tecnica)
La produttività esprime un rapporto tra output e input definiti entrambi in termini di
quantità fisiche. La produttività può essere riferita a qualsiasi alternativa riferibile ai
processi interni all’impresa per il quale siano note le quantità di output e dei fattori
necessari alla loro produzione. La produttività può essere riferita anche ad alternative che
riguardano singoli fattori produttivi (ed. una macchina di un tipo piuttosto che di un altro).
Sono coerenti con il criterio della produttività tutte quelle scelte che tendono a selezionare
alternative atte ad accrescere le quantità prodotte, dati gli input impiegati, a ridurre gli
input impiegati, dati gli output prodotti, ovvero a diminuire gli input impiegati aumentando
al contempo gli output prodotti.
L'economicità (o efficienza economica)
L'economicità e’ intesa come l’attitudine a ricavare dalle risorse disponibili (considerate sia
singolarmente che come sistema di fattori tra loro interrelati) il massimo beneficio
economico. In altre parole, il passaggio dalla produttività alla economicità e’ dettato dal
considerare i costi associati ai fattori della produzione impiegati nelle combinazioni
produttive.
L'economicità si esprime attraverso un rapporto tra output prodotto e costo
sostenuto.
Il criterio decisionale dell'economicità spinge il decisore verso un forte razionamento delle
risorse, il cui obiettivo e’ il contenimento dei costi all’interno dell’impresa rispetto a un
output da produrre.
La redditività
In vista di considerare, nel quadro delle scelte tra alternative, anche l’impiego del capitale
e il suo rapporto con il reddito producibile introduciamo il terzo criterio decisionale
rappresentato dalla redditività.
La redditività esprime la capacità dell’impresa a generare reddito in proporzione agli
stock di capitale da investire in un’alternativa.
La redditività e’ misurata da un rapporto tra un flusso economico e un capitale
remunerato da tale flusso.
La redditività emerge, dunque, come misura relativa della forza economica
dell’impresa, ovvero come indice che esprime la convenienza a impiegare risorse
nell’ambito dell’impresa.
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Il riferimento al flusso di reddito, a parità di altre condizioni, concorre, dato il livello del
capitale investito, alla scelta tra alternative in almeno tre modalità diverse ma
complementari tra loro ovvero un decisore tenderà a preferire un’alternativa se questa
concorre a:
-determinare un valore netto complessivo delle attività patrimoniali dell’impresa
superiore rispetto a quello ottenibile da altre alternative concorrenti;
-generare una variazione del valore netto complessivo delle attività patrimoniali
dell’impresa superiore rispetto alla variazione generabile da altre alternative;
-produrre una differenza tra ricavi e costi espressi in termini economici che e’
superiore alla medesima differenza registrabile in altre alternative.
L’importanza che la redditività riveste nelle scelte di imprese non deve comunque trarre in
inganno facendo credere che il decisore possa orientarsi verso la compatibilità con criteri
volti verso la ricerca della massima redditività possibile; la redditività assume anche la
veste di obiettivo generale (e in questo senso la redditività viene definita come traguardo
da raggiungere) e di risultato d’impresa (in questo senso la redditività esprime un esito
dell'attività d’impresa). Le prospettive della redditività come criterio, come obiettivo e come
risultato sono tra loro collegate.
La redditività, quale criterio di scelta in ambito manageriale, non può essere analizzata
separatamente dal concetto di rischio.
Il rischio d’impresa
Il rischio d’impresa e’ una manifestazione di eventi atti a indurre scostamenti rispetto
a un obiettivo fissato in un dato periodo (normalmente rilevano gli scostamenti
negativi). Il rischio e’ diverso dall’incertezza e dall'ambiguità.
Dalle analisi previsionali derivano quindi diverse forme del rischio d’impresa.
Distinguiamo il rischio finanziario dal rischio business, individuando nel primo un evento
atteso la cui evoluzione può essere espressa mediante l’esplicitazione di una distribuzione
di probabilità in termini soggettivi, in ragione di percezioni dell’analista fondate sulla sua
esperienza personale, nel secondo, un evento atteso di cui l’analista ha una conoscenza
limitata riguardo ai possibili tempi e modi di manifestazione.
Un’altra utile classificazione riguarda la distinzione tra rischio asimmetrico e rischio
simmetrico. Il rischio asimmetrico si riferisce alla possibilità che l'attività oggetto di
valutazione generi una redditività inferiore alle attese. In questa ottica, il r
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