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LEAN MODEL CANVAS
In questo contesto, Ash Maurya, conscio delle condizioni di incertezza e rischio a cui si affacciano in
particolar modo le start-up, rivisita il BMC andando a sostituire 5 dei 9 blocchi originari.
Nello specifico, elimina key partners, customer relationship ed attività e risorse chiave a favore di:
da risolvere
Problemi
Ë a tali problemi
Soluzioni
Ë advantage, inteso come il vantaggio competitivo stabile dato da una unique value
Unfair
Ë proposition
di validazione del modello di business
Metriche
Ë
INNOVAZIONE NEI BUSINESS MODELS
L’innovazione, incrementale o radicale, può partire:
dalla domanda, sfruttando esigenze e bisogni non ancora soddisfatti
Ë dalla tecnologia, che magari nasce in settori diversi per poi essere applicata in altri
Ë da una minaccia, come risposta ad una concorrenza aggressiva
Ë da opportunità in mercati emergenti
Ë LONG TAIL BUSINESS MODEL
Un ulteriore esempio di Business model è quello di tipo Long Tail, che invece di concentrarsi
sugli articoli con maggiori vendite e rotazione, include anche articoli a bassa o bassissima
rotazione, nell’idea che l’insieme di migliaia di articoli a bassa rotazione favorisca una crescita
del fatturato e di profittabilità grazie alla presenza, nella coda lunga, di clienti interessati a
specifici prodotti e disposti a pagare molto pur di averli.
OPEN
INNOVATION
OPEN INNOVATION
Per entrare nel concetto di Open Innovation, andrà prima effettuato un confronto con l’innovazione
tradizionale, caratterizzata da una funzione di R&S designata alla ricerca di nuove opportunità per
l’azienda e dalla chiusura di ogni funzione per proteggere idee ed invenzioni dall’ambiente esterno.
Dunque, il modello tradizionale si delinea come chiuso e protettivo, nonché basato su un mindset per
cui il vantaggio competitivo non si erige collaborando con altre organizzazioni, ma difendendo la
propria posizione.
Al contrario, con l’innovazione aperta ci si inserisce in un contesto molto più collaborativo.
1
Collaborazione che, seppur sempre esistita, con l’era della «digital and technology revolution» ha
trovato ancora più spazio e raggio d’azione, e basata sul concetto per cui la somma delle sinergie
determina un risultato maggiormente utile rispetto a quello che si avrebbe dalle singole individualità.
Non a caso, l’innovazione aperta si esprime alla massima potenza sullo sfruttamento della tecnologia.
Esempio di “collaborazione”
Il primo utilizzo di GUI (interfaccia utente di tipo grafico) si ha all’interno di un
laboratorio di stampanti, che sceglie di utilizzare le caselline come scorciatoie
per le varie procedure.
Steve Jobs, conscio della difficoltà del linguaggio macchina, va alla ricerca di
un modo per rendere più facile l’interazione tra l’uomo e tecnologia.
Visitando i laboratori si innamora di questa idea e la importa all’interno del progetto del vecchio MAC.
Jobs ha importato un’idea da un mondo ad un altro, e questo è Open Innovation!
L’innovazione aperta, in questo senso, può essere una scorciatoia per l’innovazione stessa.
Altro fattore di discordanza tra innovazione aperta e chiusa si ha dal
fatto che quest’ultima ha carattere sequenziale ed eventuale, del tipo
if-then, per cui ogni fase è svolta in un momento distinto da quella
successiva, che arriva solo nel caso del successo della precedente.
Secondo quest’ottica, ogni cosa va fatta dentro l’azienda, con la propria funzione R&S, manifatturiera,
di produzione e marketing.
Il tempo, però, è una risorsa; e se per sviluppare un processo impiego molto, mi
costerà di più dello sviluppare le fasi in parallelo.
Con l’Open Innovation, infatti, si avrà una scorciatoia temporale, andando a
prendere componenti da altri e applicandoli nel proprio processo.
Quindi, se nel primo caso tecnologia e scienza non vanno di pari passo, dovendo prima scoprire
qualcosa per poi cercare di applicarlo a livello industriale, con l’OI si ha che
convergenza,
rappresenta il primo dei suoi due principali elementi caratterizzanti.
Secondo fattore rappresentativo è la complessità tecnologica.
Non a caso, al giorno d’oggi ogni prodotto finito ha delle componenti tecnologiche al suo interno.
È quindi importante interagire e cooperare con più soggetti dotati di capacità scientifico-tecnologiche
2
diverse.
1 Termine da prendere con le pinze
2 Esempio di collaborazione tra enti con abilità diverse è quello tra Volkswagen, Bosch e Microsoft, che in questo modo
rispondono alla sempre più frequente richiesta di un “prodotto servizio”. Ovviamente anche in un contesto collaborativo
ci sarà competizione.
VELOCITÀ DEL CAMBIAMENTO TECNOLOGICO & TECHNOLOGY
PARADOX
Il tempo che intercorre tra un cambiamento tecnologico e l’altro si riduce con una velocità sempre
maggiore col passare degli anni.
Per questo motivo, la capacità di sfruttare l'innovazione non è più la stessa di 10-20 anni fa, e le
organizzazioni non possono più permettersi un indugio nel recepire le novità: il ritardo, seppur
impercettibile, può far avvicinare troppo al momento della sostituzione con una nuova innovazione,
portando l’organizzazione nel fanalino di coda.
Si assiste dunque ad un paradosso organizzativo tale per cui il costoso investimento nell'innovazione
è indispensabile, ma la capacità di recuperare tale spesa è minacciata da una nuova innovazione che
incombe.
L’editore Elsevier ha riportato la curva sempre crescente di innovazioni che si susseguono in un arco
temporale sempre più breve, passando da una finestra temporale di 200 anni a quella quinquennale
odierna.
Sarebbe quindi necessario, per le prganizzazioni, quindi, prevdere l’evoluzione degli scenari futuri e
le nuove tendenze. MODELLO TRADIZIONALE
Nel modello di innovazione “tradizionale”, il processo innovativo si compone di tre step:
quindi l'idea
concept,
Ë ossia la messa in produzione (assemblaggio, tecniche e attività di realizzazione)
sviluppo,
Ë collegato alla diffusione, distribuzione e commercializzazione nel mercato dei beni
business,
Ë o dell'innovazione.
A ciascuna di queste tre fasi è associabile una funzione specifica, e sono rispettivamente:
ricerca e sviluppo
Ë manufacturing
Ë marketing
Ë
Queste funzioni, tuttavia, non lavorano in sinergia per via dei e della
confini funzionali
che caratterizzano il modello tradizionale, che quindi viaggia a compartimenti stagni.
sequenzialità
Infatti, ogni fase è svolta in un momento distinto da quella successiva, che arriva solo nel caso del
successo della precedente, e gli esecutori presenti in uno stadio non hanno dialogo con quelli degli
altri.
Per cui, i soggetti di R&S conosceranno solo ed esclusivamente le necessità della loro funzione, senza
sapere nulla in merito all’effettiva applicabilità, che sarà un problema esclusivamente della funzione
di produzione.
Ancora, a quest’ultima non interessa se la spesa di produzione è altissima, mettendo però in difficoltà
il marketing, che dovrà fare i conti con un budget diverso andando, molto probabilmente, ad
intaccare le vendite. MODELLO DI OPEN INNOVATION
L'innovazione aperta, al contrario della chiusa, erode i confini funzionali scegliendo una linea d’azione
aperta all’interno e all’esterno.
Invero, qui il team d'innovazione non è fatto unicamente di ricercatori o producer, ma si costruiscono
gruppi mixando diverse unità e facendole lavorare insieme.
A quest’apertura interna se ne affianca una verso l’esterno, sfruttando l’idea per cui l'ambiente è da
un lato una risorsa in termini di idee e di tempo speso nel percorso di ricerca innovativa, dall’altro
una fonte di guadagno.
Infatti, le strade che percorre l’OI sono principalmente due: ed open innovation.
inbound outbound
L’inbound punta allo sfruttamento delle scoperte tecnologiche di altri attori per
open innovation
guadagnare un vantaggio competitivo, integrandole con quelle sviluppate internamente.
L’outbound fa l’esatto opposto, andando ad accorciare il tempo di
open innovation
monetizzazione effettuando licensing di grappoli di idee potenzialmente utili ma al momento non
remunerative perché poco aderenti con il business in cui opera. In questo caso viene sfruttato il
concetto di per lasciarsi alle spalle il per cui solo l’80% degli effetti
«long tail», principio Paretiano
è prodottto dal 20% delle cause, e andando invece a sfruttare il 100% delle idee spalmandole su un
numero infinito di potenziali acquirenti.
Entrambi i processi si fondano sull’idea di e quindi di idee apparentemente
false negative*,
perdenti in un business, ma potenzialmente vincenti in altri settori, che si sceglie di brevettare e di
dare in licenza ad altre organizzazioni.
L’OI fa proprio questo: porta fuori e dentro al fine di creare scorciatoie nell’innovazione, eliminando
confini funzionali, sequenzialità.
In aggiunta, vengono meno anche false negative e false positive, perché:
i brevetti sono dati fuori con degli accordi e quindi in qualche modo vengono monetizzati
Ë c’è la possibilità di chiedere feedback alla community riguardo un prodotto o servizio,
Ë arrivando con certezza ad una produzione di successo.
Tutti questi aspetti dell’OI fanno da appoggio alla teoria di Chesbrough, secondo il quale, mentre nel
modello tradizionale l’innovazione tende ad essere un costo, in quello aperto ho dei ritorni, e quindi
anche cost savings, grazie alle shortcut derivanti dallo sfruttamento di idee esterne.
Tuttavia, Open innovation non significa depennare l'innovazione tradizionale, ma tenerla in
considerazione consci del fatto che all’esterno della propria organizzazione si possono trovare idee
capaci di migliorare l’asset competitivo e le competenze tecnologiche.
L'abilità del manager sta nel capire il giusto trade-off tra limiti e vantaggi dei due tipi di innovazione.
*Altra strategia sfruttando false negative può essere quella che perseguono, o hanno
perseguito fino a poco tempo fa, Microsoft, Xerox e IBM.
L’'idea è di massimizzare i profitti, ma anche di massimizzare i problemi dei concorrenti,
facendo R&S non tanto per vendere idee, ma per metterle nel cassetto e difendersi nel
momento in cui qualche competitor cerca di imitarmi.